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La terra degli altri azzurri: com’è andata la stagione sul rosso dietro Sinner e Musetti

La stagione sul rosso si è appena conclusa: luci e ombre del movimento azzurro, oltre i due suoi portabandiera, con vista sull'estate erbivora

Last updated: 12/06/2025 16:40
By Carlo Galati Published 11/06/2025
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11 Min Read
Flavio Cobolli - Amburgo 2025 (x @atptour)

Doveva essere la superficie più complicata, quella meno adatta al suo tennis geometrico e verticale. E invece, Jannik Sinner ha riscritto anche questa narrativa. Dopo le note vicende, il numero uno del mondo è tornato ed ha infiammato il Foro Italico come forse in pochi si aspettavano accolto da un pubblico che lo ha spinto oltre quelli che potevano sembrare limiti umani di un atleta fermo da così tanti mesi. Solo Carlos Alcaraz, in una delle sue giornate da uragano, ha potuto fermarlo.

Sezioni
Cobolli re del rosso: primo titolo a Bucarest, primo 500 ad AmburgoBerrettini, il talento e la croce degli infortuniArnaldi e il confine tra sogno e continuitàSonego e il rosso spento di un periodo difficileDarderi, il gaucho che impara in frettaBellucci, quando la fiducia è la chiave perdutaNardi, tra Challenger e top 100 da difendere

Ma non è finita lì. Perché a Parigi, al Roland Garros, Sinner ha trovato conferma della sua nuova statura anche sulla terra. Ancora Alcaraz di là della rete, ancora una sfida generazionale tra titani. È finita in cinque set, disegnando una delle finali più emozionanti della storia di questo sport, 5h29 di scambi mozzafiato, variazioni tecniche da manuale e un livello di tensione che sembrava trattenere il respiro di tutto il Philippe Chatrier. Ha vinto lo spagnolo, è vero, ma Jannik ha confermato di non essere più solo il campione del cemento veloce: ora il rosso è diventato terreno fertile anche per lui.

Alle spalle di Sinner, Lorenzo Musetti ha finalmente compiuto il salto che in tanti aspettavano. Il talento c’era, la costanza meno. Ora però i numeri parlano chiaro: finale a Monte Carlo, semifinali a Madrid, Roma e Parigi. Tre volte su quattro il suo cammino si è fermato davanti allo stesso muro: Alcaraz. Solo a Madrid, battuto da Draper, Musetti non ha incrociato la strada del rivale iberico. Il carrarino ha ritrovato fiducia, verticalità nel gioco, un rovescio che torna a fare la differenza e, soprattutto, quella pazienza sportiva che gli ha permesso di giocare da campione i momenti che contano, quelli decisivi in un match.
Il tricolore, però, non sventola solo sulle spalle dei due alfieri più noti. Alle loro spalle, la campagna sul rosso ha restituito un gruppo ampio, che tra lati e bassi è sempre stato pronto a dare battaglia. La domanda però è lecita: oltre i primi due al mondo, come stanno gli altri? Com’è andata la primavera sul rosso? Come sta iniziando l’estate su erba? Vediamolo insieme.

Cobolli re del rosso: primo titolo a Bucarest, primo 500 ad Amburgo

La terra rossa ha consacrato definitivamente Flavio Cobolli. Il romano classe 2002 ha scritto due pagine storiche per la sua carriera, entrambe sul rosso: primo titolo ATP a Bucarest, primo titolo 500 ad Amburgo. Due trionfi pesanti in poche settimane, che raccontano la traiettoria ascendente di un giocatore che ha trovato fiducia, colpi e continuità.

A Bucarest, Cobolli ha dominato la settimana: quattro partite vinte perdendo solo un set all’esordio con Gasquet, spazzando via in finale Baez, specialista argentino della terra. Una dimostrazione di maturità sorprendente, che lo ha spinto fino al numero 50 del mondo. A Monte Carlo, ha superato Lajovic prima di cedere a Fils; a Monaco, ha sprecato un set di vantaggio con Shevchenko. A Madrid ha colto la prima vittoria contro un top 10, approfittando del ritiro di Rune. Ma è stato ad Amburgo che ha messo in mostra tutto il suo repertorio: ha sconfitto Sachko, Davidovich Fokina, poi Bautista Agut, Etcheverry e infine Rublev, coronando la stagione sul rosso con il best ranking di numero 25.

Non tutto, però, è stato in discesa. A Roma, nella cornice più attesa, ha ceduto subito a Nardi, e in conferenza stampa è apparso profondamente scosso: “Mi sento sempre fuori posto qui”. Lacrime e fragilità che raccontano quanto il tennis sia prima di tutto un gioco di equilibri emotivi. Flavio, però, ha saputo rialzarsi con tenacia, chiudendo la primavera con il terzo turno a Parigi, dove ha lottato con onore contro Zverev. La sensazione è che il meglio debba ancora venire.

Berrettini, il talento e la croce degli infortuni

Parlare della stagione di Matteo Berrettini sulla terra rossa significa, purtroppo, tornare a fare i conti con un avversario che da anni si prende più di quanto concede: il suo fisico. A Monte Carlo con Zverev si rivede il Berrettini del 2021: match lottato, qualità altissima, segnali più che incoraggianti. La ripartenza dura poco. Sconfitto da Musetti turno successivo, in un derby mai realmente giocato dal romano, Matteo si arrende ancora una volta agli infortuni. A Madrid lotta con Draper, ma al termine del primo set deve gettare la spugna: dolore agli addominali, ancora una volta. A Roma tenta un’apparizione in doppio con il fratello Jacopo, poi si ritira definitivamente nel match di singolare con Ruud, sempre dolore, sempre problemi. Il sogno di tornare competitivo si scontra con la realtà di un corpo che tradisce. L’erba, suo terreno prediletto, inizia con un forfait a Stoccarda e la prospettiva di un Wimbledon in salita. Il talento non è mai stato in discussione. La fortuna, quella sì, sembra mancare da troppo tempo.

Arnaldi e il confine tra sogno e continuità

La stagione su terra rossa di Matteo Arnaldi si può leggere in due modi. Se lo immaginiamo stabilmente tra i primi 20 al mondo, allora manca ancora qualcosa, ma se consideriamo che è in piena crescita e che ha già messo insieme risultati importanti, allora il bicchiere è decisamente mezzo pieno. Tre sconfitte al primo turno (Monte Carlo, Barcellona, Roma), poi quarti di finale a Madrid che lo proiettano sotto i riflettori internazionali: batte Tiafoe, travolge Djokovic e cede solo a Draper, poi finalista del torneo. A Ginevra esce con Djokovic, al Roland Garros vince in rimonta epica su Auger-Aliassime al termine di una battaglia di 4h22, riuscendo a ribaltare una situazione che sembrava compromessa, per poi arrendersi a Cobolli. La costanza è ancora un obiettivo, ma il talento c’è. Ora serve portare quei picchi prestazionali in giro per il circuito, settimana dopo settimana. La sconfitta a Stoccarda contro Struff, in apertura della stagione su erba, è un piccolo passo falso, non una battuta d’arresto.

Sonego e il rosso spento di un periodo difficile

La terra battuta, per Lorenzo Sonego, è stata più nemica che alleata in questo 2025. Quattro sconfitte al primo turno tra Marrakesh, Monte Carlo, Roma e Parigi, ma più dei numeri, parlano le sensazioni: male in Marocco con Kopriva, disastro a Roma contro Burruchaga in uno dei match più opachi della sua carriera. Più accettabili le uscite con Martinez e Shelton, quest’ultima al quinto set dopo un match altalenante, in cui si è avuta la sensazione, dopo aver vinto il secondo e il terzo set, che il mezzo miracolo si potesse compiere. Madrid regala almeno una vittoria (su Kecmanovic), ma poi arriva la lezione di De Minaur. La stagione sull’erba comincia con un’altra delusione: fuori subito a ‘s-Hertogenbosch per mano di Halys. Momento no, ma il torinese ha già dimostrato di sapersi risollevare.

Darderi, il gaucho che impara in fretta

Luciano Darderi si candida a essere una delle sorprese del nostro movimento, se e ribadiamo, se, riuscirà ad ottenere maggiore continuità, nel tempo. La primavera sul mattone rosso gli sorride: primo titolo ATP a Marrakesh, quarti ad Amburgo, quarti a Monaco. Prestazioni convincenti, colpi di alta scuola, attitudine da battagliero. Nei Masters 1000 arriva al secondo turno sia a Madrid che a Roma, e a Parigi esce contro Korda con l’onore delle armi. L’erba è ancora un mondo da esplorare, e la sconfitta con Jarry a ‘s-Hertogenbosch ne è la conferma. Ma Darderi ha tutto per crescere: tennis, mentalità e una fame che si percepisce in ogni match. Una delle note più liete di questa primavera azzurra.

Bellucci, quando la fiducia è la chiave perduta

Mattia Bellucci è il nome che più di tutti ha bisogno di una vittoria, di un segnale, di un sussurro che gli dica che la strada intrapresa non è quella sbagliata. Dopo Rotterdam, dove aveva mostrato ottime cose, raggiungendo la semifinale, sono arrivate nove sconfitte nelle ultime dieci partite. L’ultima, a ‘s-Hertogenbosch contro McDonald, è arrivata dopo una lunga sospensione per pioggia e tanto nervosismo. Anche a Birmingham è uscito subito con Landaluce. Su terra, solo una vittoria — quella con Norrie a Monte Carlo — poi il buio. Serve ritrovare leggerezza mentale, serenità. Il tennis c’è, il fisico regge, manca solo quella scintilla che riaccenda la fiducia. Non è cosa da poco, ma alle volte basterebbe poco per svoltare una stagione che era iniziata alla grande.

Nardi, tra Challenger e top 100 da difendere

Luca Nardi è in un momento di riflessione. La vittoria a Roma contro Cobolli è stato il punto più alto di una stagione sulla terra che non ha portato molti frutti. Fuori subito a Bucarest, escluso dalle qualificazioni a Monte Carlo e Madrid, eliminato tra secondo e terzo turno nei Challenger a Estoril, Torino e Heilbronn. A Parigi si arrende nettamente a Marozsan. La programmazione, forse, merita una revisione: tanti tornei, troppi Challenger? In questi giorni è in campo a Perugia, chiamato a un cambio di passo se vuole rimanere nel club dei cento e magari iniziare a guardare un po’ più in alto.


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