Ragionando per assurdo, ipotizzando la necessità di un’ulteriore conferma a supporto di tesi che ormai hanno lo status di certezze, ecco la prova definitiva, questa volta certificata, numeri alla mano. L’odio online non è più una semplice increspatura nella quotidianità delle giocatrici professioniste, ma un’onda lunga e maleodorante che la WTA e l’ITF non sono più disposte a ignorare. Con una nota congiunta diffusa da St. Petersburg e Londra, le due istituzioni tennistiche hanno presentato il primo report stagionale di Threat Matrix, un servizio di monitoraggio e intervento nato per proteggere atleti e staff dal veleno social a cui hanno aderito tutti i tornei professionistici, Slam compresi. I numeri, letti uno a uno, fanno impressione.
Tra gennaio e dicembre 2024 sono stati analizzati 1,6 milioni di post e commenti sui principali social network, in più di 40 lingue. Il filtro umano e algoritmico ha identificato circa 8.000 contenuti abusivi, minacciosi o violenti, provenienti da 4.200 account diversi. Di questi, i 15 casi più gravi sono stati trasmessi alle forze dell’ordine: si tratta di messaggi così allarmanti da giustificare l’intervento di FBI e polizie nazionali. Minacce che hanno colpito anche giocatori e giocatrici durante i tornei dello Slam e le Olimpiadi.
Quando la scommessa diventa ossessione
L’aspetto più inquietante del report è il legame diretto con il mondo delle scommesse. Secondo quanto rilevato, il 40% degli abusi online è stato generato da scommettitori furiosi, evidentemente frustrati da esiti che hanno bruciato le loro giocate. E la percentuale sale al 77% nei casi di messaggi diretti – DM, email, perfino lettere – in cui si tenta un contatto personale con l’atleta per riversare minacce e insulti, magari a caldo, dopo una sconfitta non prevista.
Nel dettaglio, sono 10 gli account più prolifici (quasi tutti riconducibili a scommettitori compulsivi), responsabili da soli del 12% del totale degli abusi. Il peggiore ha collezionato 263 messaggi violenti in un anno, ma almeno – per ora – ha smesso di postare nel 2025. Le informazioni su 39 account “altamente offensivi” sono già state condivise con autorità tennistiche e industria del betting.
WTA e ITF hanno già condiviso i dettagli dei colpevoli con i team di sicurezza dei tornei, affinché vengano revocati biglietti e accessi agli eventi. Una misura che punta a colpire anche offline chi si comporta da predatore digitale. Quindici i casi più eclatanti già all’attenzione delle autorità: quattro riguardano messaggi legati agli Slam, uno alle Olimpiadi di Parigi, dieci provengono dai circuiti WTA e ITF.
Tra le vittime dell’odio social, 458 giocatrici hanno ricevuto abusi diretti nel corso del 2024. Il dato più inquietante? Cinque di loro si sono sobbarcate da sole il 26% dell’intera mole di insulti e minacce. Un ulteriore segno della personalizzazione estrema e ossessiva che caratterizza molti di questi attacchi.
Una mail per difendersi
Il servizio Threat Matrix non si limita a leggere i post pubblici. Offre anche uno strumento di supporto diretto alle atlete: una mail riservata in cui segnalare abusi ricevuti in privato. Da lì parte un’analisi dei rischi, un consiglio personalizzato e – se serve – il coinvolgimento di forze dell’ordine o sicurezza dei tornei. Nell’ultimo trimestre del 2024, a seguito di una maggiore consapevolezza del servizio, si è registrato un aumento delle segnalazioni: 56 casi da parte di 28 giocatrici, con un picco proprio in coincidenza dei tornei di fine stagione.
Per prevenire e limitare la visibilità degli insulti, la WTA e l’ITF annunciano anche l’avvio di un servizio di moderazione attiva sui propri canali social. In altre parole, i contenuti tossici verranno oscurati o rimossi in tempo reale, grazie all’integrazione del Threat Matrix con le piattaforme stesse. Il sistema, che entrerà in funzione nelle prossime settimane, sarà automaticamente attivo sui profili ufficiali dei due Tour, ma potrà essere richiesto anche dai singoli giocatori.
Un messaggio chiaro all’industria del betting
“Proteggere le giocatrici e l’intera famiglia del tennis dalle minacce online è una priorità assoluta”, recita il comunicato congiunto WTA-ITF. “Il report annuale di Threat Matrix mostra chiaramente quanto sia esteso il problema, ma anche quali azioni concrete stiamo intraprendendo per contrastarlo: dalle segnalazioni alle autorità, all’intervento diretto sulle piattaforme, fino al ban dai tornei per i colpevoli. Ora chiediamo che anche l’industria delle scommesse risponda con serietà: è il momento di collaborare per fermare chi trasforma la frustrazione di una scommessa persa in violenza verso gli atleti”.
Un invito netto, che trova eco anche nelle parole di Jessica Pegula, membro del WTA Players’ Council: “Gli abusi online sono inaccettabili. Apprezziamo il lavoro svolto con Threat Matrix, ma da soli non bastano a risolvere il problema. Serve che l’industria del betting e i social network intervengano all’origine, per fermare questi comportamenti tossici alla radice”.
Per Jonathan Hirshler, CEO di Signify Group (la società che gestisce Threat Matrix), i dati offrono anche uno spiraglio di ottimismo. “La cosa più rilevante che emerge dal nostro lavoro – dice – è che una minoranza molto limitata di account causa la maggior parte dei danni. Questo ci consente di intervenire in modo chirurgico e mirato, lavorando con le piattaforme per rimuovere i contenuti, con le autorità per punire i peggiori e con i tornei per impedire l’accesso agli eventi agli utenti violenti. È questo l’approccio operativo alla base del nostro servizio”.
È dunque il tennis femminile a fare un passo avanti concreto. Lo fa con un sistema che unisce tecnologia e intervento umano, ma soprattutto con la volontà politica di non lasciare sole le proprie atlete, in pasto a scommettitori malati. Non sarà un lavoro facile, né rapido. Ma almeno, dopo anni di silenzi e banalizzazioni, qualcuno ha finalmente deciso che un insulto non è una fatalità, e che chi minaccia dovrà rispondere delle proprie azioni. Non è un gioco, non può essere una scommessa.