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ATP

PTPA rilancia la sfida legale contro ATP e WTA: tra i firmatari non ci sono Alcaraz e Gauff

Si aggiorna la denuncia antitrust della PTPA nei confronti di ATP e WTA, lasciando fuori dai giochi i tornei dello Slam, ITF e ITWA. Intanto i giocatori più influenti iniziano a smarcarsi

Last updated: 25/06/2025 11:07
By Carlo Galati Published 25/06/2025
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8 Min Read
Carlos Alcaraz - Queen's 2025 (foto X @QueensTennis)

Da New York a Londra, passando per Bruxelles. Ma soprattutto, da Djokovic a Pospisil, da Opelka a Vickery. Il lungo braccio di ferro tra la PTPA (Professional Tennis Players Association) e i poteri forti del tennis — ATP, WTA e, solo fino a poco fa, anche ITF e ITIA — prosegue su un terreno sempre più scivoloso: quello dei tribunali. La notizia di oggi (riportata da The Athletic) è che la PTPA ha aggiornato la sua denuncia antitrust, e tra i firmatari continuano a non esserci nomi altisonanti. Come ad esempio Carlos Alcaraz e Coco Gauff, inizialmente citati in conferenza stampa ma mai ufficialmente coinvolti. Una mossa tanto tattica quanto simbolica.
Il messaggio, però, resta lo stesso: secondo la PTPA, i tour maschile e femminile schiacciano i diritti dei tennisti limitandone possibilità, guadagni e autonomia.

Sezioni
Una denuncia alleggerita e la visione alternativa della PTPAGrandi Slam in attesa, ma intanto si trattaTrovare un accordo in attesa del giudice

Una denuncia alleggerita e la visione alternativa della PTPA

Rispetto alla prima versione presentata a marzo, l’attuale documento depura la retorica più incendiaria — quella che aveva definito il sistema un “cartello” che “abusa dei giocatori e li sottopone a indagini invasive” — e si concentra su due punti chiave: la presunta violazione delle leggi antitrust da parte di ATP e WTA e il mancato riconoscimento della PTPA come entità rappresentativa. L’ITF (International Tennis Federation) e l’ITIA (Tennis Integrity Agency) sono stati rimossi dalla lista dei convenuti, segno di una strategia che ora punta al cuore operativo dei tour.
Il numero dei tennisti firmatari è salito da 12 a 14, con l’ingresso di Sachia Vickery e Nicolas Zanellato, ma restano assenti i grandi nomi del circuito. Djokovic, co-fondatore del sindacato, non figura tra i querelanti. E proprio il serbo, nel marzo scorso a Miami, aveva ammesso candidamente: “Ci sono cose nella causa che condivido, altre un po’ meno. Alcune espressioni mi sembrano eccessive”. Il cuore della contestazione è duplice: da un lato i ritmi forsennati imposti dai tour (ATP e WTA), con circa 20 tornei all’anno e un’off-season ridotta a quattro settimane; dall’altro, la spartizione diseguale delle entrate. I giocatori, denuncia la PTPA, si vedono riconosciuto circa il 20-30% dei ricavi degli eventi (nei Grandi Slam anche meno: tra il 13 e il 18%), mentre in sport come NBA o NFL quella quota sale al 50%. È qui che la PTPA affonda la lama: se i tennisti sono il prodotto, è giusto che abbiano voce e ritorno economico. I tour si difendono sostenendo che i loro statuti impongono l’arbitrato privato come via di risoluzione delle controversie, e hanno già depositato una mozione per rigettare la causa o trasferirla in sede arbitrale. Contestano inoltre la legittimità della PTPA, che — a detta loro — non avrebbe una membership formalmente riconosciuta.

Grandi Slam in attesa, ma intanto si tratta

In tutta questa storia, altrettanto curioso è che i quattro major — Australian Open, Roland Garros, Wimbledon e US Open — non compaiono ancora tra gli accusati formali della nuova denuncia. Secondo i documenti depositati, le due parti starebbero conducendo trattative private, con una finestra di 90 giorni prima di ogni ulteriore evoluzione. Secondo alcune indiscrezioni, proprio con gli Slam, diversi top 10 avrebbero discusso della possibilità di rivedere la distribuzione dei premi e di razionalizzare il calendario, cercando di evitare la bulimia di eventi attuali. Il che ci porta ad una riflessione: ok alla redistribuzione dei premi, di cui si parla in seno agli eventi stessi, essendo le entrate di gestione diretta dei quattro tornei più importanti al mondo; quello che ci sfugge è come possano intervenire gli Slam sul tema dei calendari se non modificando la durata dei loro stessi eventi (cosa perlomeno bizzarra). Bisognerà tornare sul tema; da quello che si sa il dialogo tra Slam e PTPA prosegue con l’ambizione di dare forma a un circuito “premium” che raccolga gli eventi di massimo livello — Slam e Masters 1000 — in una struttura più compatta, con meno tornei ma maggiore valore mediatico. Un’idea che però, almeno finora, è rimasta lettera morta, rifiutata tanto dagli organizzatori quanto dai tour e che probabilmente danneggerebbe proprio gli stessi giocatori che la PTPA vuole difendere, escludendoli dal tour principale e tracciando un solco ancora più profondo tra i grandi tornei e i grandi giocatori e tutto il resto.
Di sicuro ci si muove all’interno di un sistema che continua a far viaggiare milioni di dollari, nel quale legittimamente i giocatori chiedono non solo più soldi, ma più voce. E in questo senso la PTPA sta cercando di tenere accesa la miccia della riforma, anche se come tutte le grandi riforme della storia (e non parliamo solo di tennis, tantomeno di solo sport), le battaglie le devono combattere anche i più influenti, i più importanti, quelle personalità che davvero sono in grado di spostare equilibri, senza romperli. L’impressione generale, tra chi segue da vicino la vicenda, è che però, i campioni non vogliano esporsi in prima persona in tribunale, ma allo stesso tempo usino il contenzioso come leva per spuntare condizioni migliori nelle trattative parallele.
L’equilibrio è sottile: se il sindacato spinge troppo, rischia di restare isolato; se resta troppo timido, rischia di essere ignorato.

Trovare un accordo in attesa del giudice

I prossimi passi saranno cruciali: il giudice distrettuale di New York dovrà pronunciarsi sulle mozioni di archiviazione presentate da ATP e WTA. Solo allora si capirà se il tennis globale dovrà affrontare una delle cause più scottanti della sua storia recente, oppure se la partita si chiuderà in sordina, tra rinvii e compromessi.
Una cosa però è certa: se il tennis è uno sport individuale, la battaglia della PTPA potrebbe essere legittima se giocata bene, ovvero non soltanto compendo lo status quo in quanto tale, ma proponendo delle soluzioni reali e concrete che possano aiutare il tour a migliorare, ad essere più efficace ed efficiente, ma soprattutto sostenibile. Che si giochi troppo è un campanello d’allarme che sta risuonando nella bocca di tanti giocatori, che ci sia bisogno di un momento di riflessione generale è altrettanto pacifico. Bisogna capire se c’è da tutte le parti la volontà di ascoltarsi, senza che ad imporlo sia un giudice: non sarebbe un bel punto di partenza. 


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