La quotidianità del circuito del tennis mondiale non è necessariamente quella dei grandi sponsor, degli assegni più preziosi, delle interviste tv e dei privilegi dei nomi prestigiosi: la quotidianità del circuito del tennis mondiale può essere anche quella polverosa del purgatorio dei challenger, delle trasferte scomode e della lotta selvaggia per un posto in top 100, che ti garantisce il montepremi dei tornei del Grande Slam. La maggior parte dei giocatori – e ci riferiamo in particolare ai veterani, ormai completamente indipendenti dal sostegno delle federazioni più ricche – deve viaggiare per la sopravvivenza, all’interno di un contesto, quello del circuito, in cui lo spread tra i benefit dei top 10 e il grunting rumoroso dei tornei minori sta diventando sempre più pesante: Molly McElwee, per il Financial Times, ha cercato di dare forma ai cliché appena elencati, raccontando la storia di Taro Daniel, attualmente numero 157 del ranking ATP.
Il 32enne giapponese – che nel corso della carriera ha guadagnato più di 4 milioni di dollari in soli montepremi, 180mila dei quali nei primi sei mesi del 2025 – ha approfondito la sua situazione economica, entrando nel dettaglio del bilancio annuale di un tennista normale: “Si tratta di cifre assolutamente irrealistiche, perchè intanto i soldi vengono guadagnati all’estero, quindi il premio è tassato alla fonte. Il tennista è una piccola azienda, ma con tutti i dipendenti che viaggiano continuamente. Un coach può costare 50.000 dollari all’anno, più il 10% dei montepremi. Per questo la spesa si aggira intorno ai 100.000 dollari annui, e non certo per un coach esperto”. Già, perché se è vero che i tornei garantiscono la cosiddetta “ospitalità” al giocatore, dobbiamo anche ricordare che, invece, l’alloggio del coach non è compreso. E va pagato: “Solamente di spese operative un giocatore normale spende circa 20mila dollari al mese, tra cibo, hotel e spostamenti. Quando ero giovane rinunciavo all’avocado, perché costava qualche dollaro di troppo”. Gli spostamenti, e quindi i voli, e nella maggior parte dei casi si tratta di aerei prenotati all’ultimo momento, perchè le sconfitte e le vittorie non sono una vacanza, e non si possono prenotare con mesi di anticipo, sfidando l’algoritmo a caccia dell’orario e della serata più economica: “Un volo last minute da Indian Wells a Miami costa almeno 500 dollari, e la maggior parte dei giocatori porta con sé due persone più un bagaglio extra per racchette e attrezzatura. Insomma, un viaggio di sola andata e completamente “interno” agli Stati Uniti può arrivare a costare fino a 2.000 dollari“, ha raccontato Taro, che ha detto di essere impressionato e spaventato dalle cifre che deve investire per viaggiare, dalle cifre che deve spendere per lavorare.
Che poi, a dire il vero, non siamo parlando dell’ultimo dei mestieranti da Challenger: Daniel ha raggiunto un best ranking di numero 57, ha vinto un torneo ATP e nel corso della sua carriera ha sconfitto, tra gli altri, anche Novak Djokovic e Andy Murray. “Con queste vittorie gli sponsor capiscono che sono un vero professionista, perché se dici che hai vinto 20 Challenger è possibile che ti chiedano che cosa sia esattamente un Challenger”. Secondo lui la spesa annua di un tennista si aggira mediamente intorno ai 440mila dollari: 50mila, come dicevamo in precedenza, per l’allenatore, 70mila per il bonus dello stesso coach, 50mila per il preparatore atletico, tra i 10 e i 30 mila dollari per staff extra e, infine, circa 240mila dollari per viaggi, spese varie e costi operativi.
“I giocatori più forti ricevono un supporto extra che permette loro di riprendersi da una partita e prepararsi meglio a quella successiva. Se sei di livello inferiore, improvvisi”, e Daniel qui entra a gamba tesa su uno dei temi principali di queste stagioni tennistiche, ovvero quello di un circuito recintato, che protegge i soliti nomi, ripulendosi la coscienza con qualche mancia a tutti gli altri, troppo spesso abbandonati a loro stessi. Taro ha aggiunto: “I quattro tornei dello Slam attirano un giro di denaro mostruoso, incassando una cifra compresa tra i 350 e i 500 milioni di dollari all’anno. Penso che la soluzione più giusta sia quella di dividere una parte di quella torta, dando 100mila dollari a testa a tutti i primi 300 o 400 tennisti del ranking mondiale. Questo compenso verrebbe fornito dalle varie associazioni, dagli Slam, da WTA e da ATP, si tratterebbe di circa 8 milioni da ognuna delle organizzazioni, mi sembra un’operazione di buon senso e assolutamente praticabile”.