Dal nostro inviato ad Umago
“Time to retire unc @stanwawrinka“.
Così, senza troppi giri di parole, un utente su X ha pensato bene di suggerire a Stan Wawrinka che il suo tempo nel circuito è finito, dopo la sconfitta contro Damir Dzumhur al secondo turno del Croatia Open di Umago. Una frase già vista e sentita tante e tante volte sui social, rivolta ad atleti i cui tempi d’oro sono lontani e che ora “osano” ancora continuare. A quel punto, invece del classico silenzio, è arrivata la replica: un dito medio. E un cuore.
Stan Wawrinka è fatto così: diretto, ironico, passionale.
Diretto, come i suoi colpi micidiali da fondo campo. Quelli che nelle giornate migliori – e ce ne sono state diverse, in particolare quelle che gli sono valse 3 Slam e un Masters 1000 – hanno messo in ambasce anche i Big Three. Perchè quando Stan picchiava, picchiava eccome: non ti conquisti il soprannome “Stanimal” nel circuito così per caso.
Ironico, come quando dopo il trionfo al Roland Garros 2015 (eh sì, son passati dieci anni) portò in conferenza stampa i suoi pantaloncini da tennis, che rimangono ancora oggi tra i più improbabili nella storia dell’outfit tennistico. Tanto da venir esposti nel museo del torneo.
Passionale, come quando ancora adesso mostra il pugnetto dopo aver sparato (il verbo non è messo a caso) un rovescio lungolinea vincente che è una bellezza. Come quando – a 40 anni suonati – prova con tutte le sue forze a recuperare una palla corta per rimanere nel match di un secondo turno di un ATP 250, lui che ne ha vinti 9 di questi tornei e altre 8 volte è arrivato in finale.

Quella risposta vale e racconta ben più di mille spiegazioni. È una dichiarazione di intenti, ma anche una dichiarazione d’amore. Perché dietro a quel cuore c’è tanto. C’è tutta la complessità del voler scegliere di continuare a giocare nonostante l’età, gli acciacchi, le sconfitte, i dubbi. C’è la fatica del “restare”, che non sempre è più facile dell’“andarsene”.
E allora vuol dire che per restare serve un “perché” forte. Non può essere solo una sfida contro il tempo. Wawrinka lo dice chiaramente nell’intervista concessa al giornale croato “Novi List” durante il torneo di Umago, dopo la vittoria al primo turno contro l’ecuadoriano Guillen Mez:
“Gioco ancora proprio per quelle emozioni e per quella sensazione che si può percepire solo sul campo. Mi sorprende sempre la quantità di sostegno e di energia che arriva dal pubblico. Anche stavolta è stato stupefacente.”
Eh, sì. Le emozioni. Sempre loro. Quelle di cui spesso ci dimentichiamo quando ci soffermiamo a guardare e ragionare solo in base ai numeri, alle classifiche, ai soldi, agli acciacchi. Stan continua per passione, non per dovere. E questo dovrebbe essere sempre rispettato, anche (e soprattutto) quando i risultati non sono più quelli di un tempo.
Anche perché poi, parliamoci chiaro, siamo proprio noi — gli stessi che magari chiedono ai grandi sportivi di “fare un passo indietro” o “di non lasciare un brutto ricordo” — a continuare a iscriverci ai tornei di quarta categoria di tennis, ai tornei aziendali di calcetto, alle 10 km della domenica. Spesso lontani – se non lontanissimi – dalla nostra forma migliore, magari tra un taping del fisioterapista e un antinfiammatorio. Ma ci proviamo. Perché ci piace esserci, perché sentiamo che lì, in campo, c’è ancora qualche emozione che vogliamo vivere. Quella della partita vinta annullando un match point, quella del gol all’ultimo minuto contro i rivali di una vita, quella del miglior tempo negli ultimi due anni.

Wawrinka fa lo stesso. Solo che lo fa sotto i riflettori. E perché noi possiamo farlo e lui no?
Anche perché – checché ne dicano gli utenti dei social – lo fa ancora bene. Certo, non è più quello di dieci anni fa, quest’anno le sconfitte sono state tante (2-8 lo score a livello ATP) ma certi suoi rovesci – visti dal vivo – valgono ancora oggi il prezzo del biglietto. E comunque, chi scrive ha assistito al secondo set del suo match con Dzumhur a Umago: e ha visto un giocatore che lotta, combatte, che mette in campo tutto quello che ha. Questo, il pubblico sugli spalti lo percepisce. Ed è per questo che, dovunque giochi, Wawrinka ormai è un beniamino del pubblico ed esce tra gli applausi. Non sono applausi di riconoscenza a un ex campione sul viale del tramonto, ma applausi di stima e ammirazione per un grande giocatore che ancora oggi – a 22 anni dalla sua prima partita nel circuito ATP – in campo ci mette il cuore e la passione.
E tutto questo Stan lo sa bene. A quarant’anni, dopo tutti gli infortuni e le operazioni, Wawrinka è perfettamente consapevole di come sono cambiate le cose. Eppure, nonostante tutto, è ancora lì. Con lucidità, ma – appunto – con passione:
“Il mio corpo cambia, ma mi godo ancora tutto questo. Voglio spingere ancora un po’, poi vedremo quando sarà il momento di dire basta.”
Nell’intervista rilasciata a “Sportske novosti”, Wawrinka mostra anche il suo lato più riflessivo. Quando gli viene chiesto cosa direbbe al sé stesso di vent’anni fa, risponde senza esitazioni:
“Gli direi solo di mettere passione in quello che fa e di godersi il viaggio, che sarà lungo. Perché ognuno di noi ha un percorso diverso. Io ho impiegato oltre dieci anni per mettere insieme i pezzi del mio puzzle.”
Sì, oltre dieci anni. Questo il tempo che ci ha messo quel promettente 18enne svizzero, vincitore del Roland Garros junior 2003, ad esprimere tutto il suo potenziale.

Perché poi quel primo titolo ATP conquistato proprio qui a Umago 19 anni fa, nel 2006, fu solo l’inizio di un percorso che ha raggiunto l’apice appunto anni dopo, tra il 2014 e il 2016:tre Slam, un Masters 1000, una Coppa Davis e il best ranking di n. 3 al mondo. E soprattutto, un’identità tennistica unica. Per il suo gioco, certo, ma anche per una qualità riconosciuta da tutti in quegli anni: la capacità, probabilmente unica, di essere davvero competitivo contro quei tre — Federer, Nadal e Djokovic — anche nelle partite più importanti, anche quando nessuno lo riteneva possibile. Perché le sue possibilità di batterli dipendevano soprattutto dal suo stato di forma, non solo da quello dei tre fenomeni. Diciamo pure quattro, considerato che quelli erano anche gli anni migliori di un certo Andy Murray. Eh sì, se “Stan the Man” era in giornata, era dura anche per i Fab Four.
E alla domanda se è consapevole del valore particolare di quei tre Slam, considerando il calibro degli avversari, e su chi -tra Roger (“Ci sentiamo ogni tanto. Abbiamo degli splendidi ricordi insieme: l’oro in doppio alle Olimpiadi, la Coppa Davis”), Rafa e Novak – sia stato il più forte, anche qui Stan è schietto: “Sì, sono felice e orgoglioso di averli vinti contro di loro. È sempre stata una grande sfida affrontarli, ma allo stesso tempo anche una grande opportunità. Sono tre giocatori straordinari, ho sempre amato guardarli. È stata una sensazione speciale giocare nella loro stessa epoca. Se dovessi scegliere il più forte per risultati e successi, direi Novak Djokovic.”

In mezzo a quei giganti, dunque, Stan Wawrinka ha lasciato un segno. Quando gli chiedono qual è stato il ricordo più bello, la risposta è immediata: “La vittoria al Roland Garros. Quella è stata la più speciale.”
Ma se c’è la passione, c’è spesso anche un rimpianto, per qualcosa che avresti voluto andasse diversamente. È così anche per il campione svizzero: “Se potessi cambiare una partita, sceglierei i quarti di finale di Wimbledon 2015 contro Gasquet. È la sconfitta che fa più male (perse 11-9 al quinto, ndr).”
Del resto, Wimbledon è l’unico Slam che gli è sfuggito. Ma alla domanda se pensa che avrebbe potuto farcela, la risposta è sincera, alla Stan: “Sì, Wimbledon è l’unico Slam che mi manca. Credo di aver dato sempre il massimo anche lì, ma semplicemente non ero abbastanza forte per ottenere di più.”
Parlando del tennis di oggi e dei paragoni con i tre fenomeni della sua epoca, l’ex n. 3 del mondo esprime il suo parere sulla nuova grande rivalità del tennis maschile, quella tra Jannik Sinner e Carlos Alcaraz: “Sono già ad un livello altissimo. La finale del Roland Garros è stata pazzesca. È fantastico per il tennis avere due giocatori così giovani che si esprimono a un livello del genere. Possono davvero aspirare a replicare i risultati dei Big Three, ma dovranno mantenersi a quei livelli per i prossimi 10-15 anni. Sicuramente in questo momento, sono superiori a tutti gli altri.”

Abbiamo avuto modo di ascoltare Wawrinka anche direttamente, nella conferenza stampa dopo la sconfitta con Dzumhur. E quello che si nota è che, nelle sue parole, non c’è nostalgia. C’è gratitudine. La gratitudine di un grande atleta che sa di aver vissuto un’epoca irripetibile e che ora si gode ogni partita, ogni punto, ogni applauso, ogni richiesta di autografo come se fossero un regalo in più. Lo si era visto dopo la vittoria al primo turno, quando ha trovato ad aspettarlo a bordo campo circa un centinaio di bambini con grandi palline da tennis, in attesa di un autografo. “Torno tra cinque minuti”, aveva detto ai piccoli, e si è diretto negli spogliatoi per togliersi l’abbigliamento bagnato e poi tornare da loro. “È stato bellissimo vedere quei bambini. È importante restituire qualcosa, soprattutto ai più piccoli, quando vedi quei sorrisi. Vengono agli allenamenti e alle partite. Si godono tutto questo” il suo commento al riguardo con il giornalista del Novi List.
Per questo Stan Wawrinka, classe 1985 da Losanna, continua a giocare. Anche se non ha più vent’anni. E nemmeno trenta. Anche se il ranking non dice più top 5. E nemmeno top 100. Anche se qualcuno, online, gli dice che è ora di ritirarsi. Stan risponde alla sua maniera: con la tastiera e con la racchetta. Perchè gli piace essere ancora lì. E non ha bisogno di convincere nessuno. E se è tornato a Umago, è per chiudere un cerchio. O magari no, visto che ha lasciato aperta la porta a un ritorno anche il prossimo anno:: “Se mi invitano…” ha detto sorridendo in conferenza stampa dopo la sconfitta con Dzumhur. Del resto lo aveva detto anche nei giorni precedenti, a chi gli chiedeva se giocherà anche nel 2026: “Vedremo. Sono ancora felice di ciò che faccio nella mia vita da tennista, ma forse mi servono risultati migliori.”

E soprattutto – qui ci rivolgiamo cortesemente agli utenti dei social – fintanto che sulle tribune ci saranno tanti “oooh” di stupore e, subito dopo, appassionati di tutte le età che commenteranno “Voglio un rovescio come Stan Wawrinka” per favore, lasciatecelo tranquillo. Perché crediamo che su un campo da tennis – e non solo – deve sempre esserci spazio per chi gioca con amore e passione.