Con la vittoria su Hamad Medjedovic a Cincinnati – un doppio 6-4 – costruito con pazienza e solidità – Carlos Alcaraz ha raggiunto un nuovo traguardo di peso nella sua giovane carriera: è il primo giocatore dai tempi di Novak Djokovic (2013–2016) ad aver collezionato almeno 50 vittorie in stagione per quattro anni consecutivi. Un risultato che dice molto, anzi moltissimo, sulla consistenza e sulla maturità di un ragazzo che ha da poco compiuto 22 anni, ma che da tempo si comporta – in campo e fuori – come un veterano. In un circuito che raramente perdona flessioni, Alcaraz si sta distinguendo per quella qualità rara che distingue i campioni dagli ottimi giocatori: la continuità.
Guardando ai numeri, il percorso dello spagnolo è già impressionante. Dal 2022 in poi, ha chiuso ogni stagione con più di 50 vittorie. Ora, con ancora diversi tornei importanti da disputare, le 50 di quest’anno – raggiunte già a metà agosto – sono destinate ad aumentare. Ma più che la quantità, colpisce la qualità con cui Alcaraz ha saputo costruire il proprio dominio: dosando le energie, scegliendo i tornei giusti, affrontando i big senza timori reverenziali, e aggiungendo stagione dopo stagione nuovi elementi al suo gioco. Il suo tennis è ormai un mix micidiale di potenza, creatività, visione e resistenza, unito a una gestione mentale sorprendentemente lucida per un giocatore della sua età.
Il 2025 lo ha visto protagonista su ogni superficie. Ha conquistato per il secondo anno consecutivo il Roland Garros, ha dominato i Masters 1000 di Monte Carlo e Roma, e ha portato a casa titoli anche sul cemento, sia outdoor che indoor. È l’unico ad aver vinto ATP 500 su tutte le superfici, e ha già messo insieme 12 “Big Titles” tra Slam, Masters e Finals. Al momento guida anche la corsa per chiudere l’anno al numero 1 del mondo, avendo raccolto finora 8.590 punti. Insomma, un percorso importante, costruito – mattone dopo mattone – grazie a una stagione di altissimo rendimento, nella quale Alcaraz ha saputo approfittare delle occasioni a disposizione, senza mai concedere pause.
A questo punto, raggiungere il traguardo delle 50 vittorie stagionali per quattro anni di fila, non è solo una curiosità statistica: è una sorta di marchio di fabbrica. Vuol dire essere sempre lì, sempre in forma, sempre protagonista, al netto di superfici, condizioni o avversari. Djokovic ci riuscì in piena era dei Fab Four, dimostrando una longevità agonistica fuori dal comune. Alcaraz lo sta facendo oggi, in un’epoca dove tutto è più rapido, più fisico, più imprevedibile. La sua capacità di adattarsi, di rinnovarsi, di affrontare ogni sfida con energia e convinzione, sta diventando il tratto distintivo del suo percorso. Non c’è segnale più chiaro: siamo di fronte a un giocatore che non si accontenta, e che – come Sinner – ha appena iniziato a esplorare il proprio potenziale.
Da qui alla fine della stagione, Carlos avrà diverse occasioni per aggiungere altri tasselli dorati alla sua annata: lo US Open, che ha già vinto nel 2022, lo vede tra i favoriti assoluti. Poi arriveranno Shanghai, Parigi, e soprattutto le ATP Finals, dove proverà a consacrarsi come il vero dominatore del circuito. La vittoria su Medjedovic, che ha un peso simbolico per via del record eguagliato, è in realtà solo l’ennesima conferma di uno status ormai consolidato. Alcaraz non è più la promessa che stregava per il suo talento precoce: è un leader tecnico, fisico e mentale, che gioca con la fame del giovane e l’autorità del veterano. In soldoni, il tennis mondiale può prepararsi a un’era a forti tinte murciane.