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Reading: US Open, Shelton: “Se oggi vuoi vincere un grande titolo, devi passare da Sinner e Alcaraz”
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Interviste

US Open, Shelton: “Se oggi vuoi vincere un grande titolo, devi passare da Sinner e Alcaraz”

"Non sarò mai un robot, per me è importante trovare quello stato in cui riesco a competere al meglio e allo stesso tempo divertirmi" spiega Ben Shelton

Last updated: 23/08/2025 13:32
By Redazione Published 22/08/2025
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12 Min Read
Ben Shelton - Toronto 2025 (foto X @atptour)


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Dopo il titolo a Toronto e i quarti a Cincinnati, Ben Shelton si presenta allo US Open come uno dei possibili outsider. Si parla della non troppo esplicita previsione di Patrick McEnroe, di Sinner e Alcaraz di traverso sulla strada verso il titolo, dei giorni di pausa tra i match, dello zio scomparso da cui ha preso il secondo nome, l’ex pro Todd Witsken e altro ancora…

D. Hai parlato un po’ del sentirti a tuo agio qui. Il pubblico è molto emotivo, tu sei un giocatore emotivo. Come riesci a tenere tutto sotto controllo? Ne sei consapevole? Immagino che questa sia la tipica situazione in cui qualcuno potrebbe lasciarsi un po’ troppo trasportare dall’emozione e dal rumore. Ti controlli in qualche modo durante un match?
Sì, direi che era qualcosa che mi riguardava di più quando ero più giovane. Penso di essere un intrattenitore nel profondo. Ma col tempo ho capito quale stato mentale devo avere per essere concentrato e allo stesso tempo divertirmi.
Non sarò mai il tipo di giocatore che riesce a fare le cose in maniera robotica senza cambiare espressione o mostrare emozioni. Credo di giocare meglio quando esprimo un po’ di emozione.
Ognuno è diverso, ma per me è importante trovare quello stato in cui riesco a competere al meglio e allo stesso tempo divertirmi. Quest’estate sento di aver trovato proprio quello stato d’animo in cui voglio essere.

D. Giocherai abbastanza presto, praticamente il prima possibile. Voglio chiederti cosa pensi dell’avere ora un inizio di domenica qui. Pensi che sia una buona idea? Ti dà fastidio? Potrebbe esserci un intervallo troppo lungo tra le prime due partite o non ti interessa molto? E poi volevo chiederti dell’Arthur Ashe Stadium: essendo un posto così grande, diverso da qualsiasi altro, questo influisce in qualche modo sul gioco, quando sei laggiù come una formichina in fondo al campo?
Non so, mi sento bene lì dentro quando colpisco la palla, quindi… Non ho problemi con le dimensioni. Lo adoro. Mi piace guardare il grande stadio, soprattutto quando gli spalti sono pieni. È qualcosa che non vedo l’ora di vivere. No, non mi dà nessun tipo di sensazione negativa.
Per quanto riguarda l’inizio di domenica, capisco perché i tornei vogliano farlo. Hai un giorno in più di vendita biglietti nel weekend, ed è enorme per un torneo come questo.
Avere due giorni di pausa non è necessario, credo. Dopo un primo turno, per me un giorno è sufficiente per recuperare, ma non direi che il secondo giorno di riposo sia un problema. Se vinco – cos’è – lunedì, martedì, allora il secondo turno sarebbe mercoledì. Non penso sia una gran questione. Per me va bene cominciare presto. A Parigi ho giocato di domenica: quella volta era un po’ diverso, perché poi il mio avversario del secondo turno si è ritirato. Così ci sono stati cinque giorni tra le prime due partite. Quello è stato molto più complicato. Ma in generale, mi piace iniziare presto. Penso che sia un vantaggio essere nella parte che comincia prima in uno Slam: tra quarti e semifinali, hai due giorni di pausa. Quindi, non mi lamento.

D. Patrick McEnroe ha predetto questa settimana che un uomo americano vincerà il torneo. Un po’ un trucco perché non ci ha detto chi. Ovviamente tu, Taylor, Frances, Tommy siete un po’ in quel gruppo. Cosa pensi di questa previsione? Cosa ci vorrà perché un americano vinca? Ovviamente gli altri due ragazzi hanno vinto gli ultimi sette Slam.
Mi piacerebbe vederlo. Penso che ci siano stati molti ragazzi vicini a riuscirci qui. Foe è sempre su un altro livello quando gioca qui. Fritz è arrivato in finale. Penso che anche Tommy giochi sempre molto bene qui.
Questo è il mio torneo preferito. Credo che abbiamo molti ragazzi, anche quelli che non hai menzionato, che possono andare lontano qui e giocare contro i migliori del mondo. Penso che sia solo questione di tempo.
Credo che i media continueranno a fare domande e a discutere finché non accadrà. Non vedo l’ora che accada (sorride), così potremo passare a un’altra domanda. Ma sì, ci sono tanti ragazzi che vedrei capaci di farlo.

D. Come descriveresti la sfida di dover conoscere e poi eventualmente affrontare Alcaraz e Sinner per arrivare al titolo?
Sì, sembra che, se vuoi vincere un grande titolo oggi, devi passare da loro. Io prendo questi tornei un passo alla volta. Non sono uno che guarda troppo avanti. Sono concentrato su… credo di affrontare un qualificato al primo turno. Penso solo a chiunque sia e a superare il primo match. Alcuni giocatori si trovano bene a guardare avanti nel tabellone, vedere con chi potrebbero giocare, se hanno un buon sorteggio o meno. Io penso solo al prossimo avversario.
Per me, se guardo troppo avanti, finisco per inciampare sui miei stessi piedi e non mi do nemmeno la possibilità di iniziare. Quindi sono concentrato sul primo turno. Sappiamo tutti cosa è successo quest’anno e negli ultimi due, ma sì, non sto guardando così lontano.

D. Grande team di supporto e ovviamente il tuo rapporto con tuo padre. Una domanda un po’ personale: il tuo secondo nome è Todd, e il tuo defunto zio è stato un giocatore straordinario, tra i primi cinque in doppio. Viene da una famiglia molto grande. Puoi parlarci di lui? Ha avuto un significato nella tua vita?
Sì, il mio secondo nome viene da lui, Todd Witsken. È morto qualche anno prima che io nascessi, per un tumore al cervello. Grande giocatore. Forse top 30 in singolare, 2 o 3 in doppio. Proviene da una grande famiglia di tennisti.
Ho radici tennistiche da entrambe le parti della famiglia. Credo che abbia vinto Toronto due volte in doppio. È stato davvero bello. Ora ho vinto un titolo che ha vinto mio padre e anche uno che ha vinto mio zio, anche se era in doppio. Quindi sì, è bello. Molte persone mi dicono che ci sono delle somiglianze atletiche tra me e lui. Era fatto un po’ più come me. Non alto come me, ma grande atleta. Molti parlano di quanto fosse piacevole stare con lui ai tempi.
Sì, è ovviamente una situazione difficile. Ma penso che sia bello per me poter un po’ seguire le orme e seguire un paio di figure della mia vita che hanno fatto cose interessanti nel mondo del tennis.

D. Nei giorni prima dello US Open, dove le emozioni possono giocare un ruolo così importante, hai lavorato molto sul tuo gioco, sui movimenti, sul rovescio. Ti concentri di più sul rendere migliori i colpi già forti o su rinforzare quelli più deboli?
Penso sia una combinazione. Non vuoi fissarti troppo su una sola cosa. Quando ti avvicini al torneo, sai quali sono i tuoi punti di forza, sai su cosa puoi contare, e quelle sono le cose su cui vuoi fare affidamento. Ma per me è sempre un processo di miglioramento. Penso sia un mix. Ci sono cose che vuoi consolidare per non avere punti deboli, ma nei momenti decisivi ci sono certe giocate, certi colpi su cui so che farò affidamento. E quelli sono quelli con cui sono disposto a vincere o perdere.

D. Hai detto recentemente di aver eliminato X dal tuo telefono per prepararti allo US Open, e che ti piace guardare le partite come highlights. Cos’altro fai per prepararti allo US Open quest’anno?
Ho eliminato X circa due anni e mezzo fa. Non sono più tornato indietro. Per me la mia evoluzione come professionista e come atleta è stata anche diventare più intelligente nella preparazione, in ciò che faccio nei giorni prima o il giorno stesso. Guardare video è stato molto importante per me. Penso sia davvero fondamentale. Visualizzare quello che stai facendo in campo è importante, vedere le cose che vuoi fare e le giocate che vuoi tentare prima di farle. Questo per me è stato un punto importante.
Quando arrivo a quel momento in cui ho visto quelle cose e ho la mente chiara su cosa voglio fare, sono molto più tranquillo prima del match. Non sto ancora pensando o esitante su come voglio giocare o cosa fare in campo.
Credo che la sera prima o la mattina stessa sia importante capire esattamente quale voglio che sia il mio piano di gioco, come voglio giocare, e poi lasciar andare. E quando arriva l’ora del match, sono tranquillo nel fidarmi di me stesso e non pensarci troppo.

D. È stato bello vederti giocare il doppio misto con Taylor. Come pensi sia andato il torneo? Ti piacerebbe rifarlo qui o in altri tornei?
Sì, penso sia andata benissimo. Non so se il doppio misto abbia mai riempito grandi stadi come quest’anno. Ho giocato con Taylor nel 2023 e avevamo già avuto un bel pubblico, ma quest’anno è stato chiaramente a un altro livello. Quindi penso che, se chiedessi al torneo, direbbero che è stato un successo. C’erano tanti nomi importanti. È stato difficile, ovviamente: si giocava martedì e mercoledì, e la maggior parte dei giocatori era appena uscita da Cincinnati, dove avevano giocato lunedì o fino a tardi, ed erano venuti qui con un solo allenamento, o se sei Iga, probabilmente senza nemmeno allenarti, e sei andata in finale. È stato davvero impressionante.
Mi è piaciuto molto. Amo giocare in doppio. Avevo detto che la mia carriera di doppista negli Slam era finita per via del calendario e delle partite al meglio dei cinque set, ma se qualche altro Slam facesse qualcosa del genere, tipo nella settimana precedente, ci penserei sicuramente, al 100%.

M.S.

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