Ti faccio una domanda sul doppio. Sei uno dei pochi giocatori tra i primi del ranking singolare che gioca spesso il doppio nei Masters. Hai raggiunto la finale a Cincinnati poco prima degli US Open. Volevo sapere quali benefici ti porta giocare il doppio durante l’anno e per quanto tempo pensi di continuare a dividerti tra singolo e doppio?
LORENZO MUSETTI: Chiaramente, soprattutto negli Slam, non gioco mai il doppio. La priorità è il singolo e il giorno di riposo tra una partita e l’altra è necessario per rendere al meglio e recuperare. Nei Masters Mille come Indian Wells, o quando ci sono due Masters Mille consecutivi, è bello avere l’opportunità di giocare. Arrivare in finale a Cincinnati con uno dei miei migliori amici sul circuito e condividere bei momenti insieme mi ha aiutato anche nel mio tennis e mi ha dato più fiducia nel mio gioco.
In una situazione ideale, preferiresti avere la possibilità di giocare una partita invece che allenarti in campo? È questo uno dei motivi per cui giochi il doppio?
LORENZO MUSETTI: Dipende. Mi piace restare nel tabellone singolare e avere più partite di singolo piuttosto che doppio. Quando esco dal singolare, posso concentrarmi sul doppio. Il doppio mi aiuta molto, specialmente nel mio stile di gioco, che si basa su servizio, risposta, volée e nel provare ad essere più aggressivo. Questo mi aiuta su queste superfici.
Una tradizione del tennis è andare a rete dopo la partita per la stretta di mano, a volte anche un abbraccio. Pensi che sia qualcosa di positivo che rende il tennis diverso dagli altri sport? Può anche essere fonte di conflitto o imbarazzo tra i giocatori. Ti è mai capitato di vivere momenti difficili a rete dopo una partita combattuta?
LORENZO MUSETTI: È un segno di rispetto. Si lotta contro l’avversario e a volte si vince, a volte si perde. Bisogna accettare entrambe le situazioni con sportività. Può capitare qualche problema, fa parte del gioco, ma non ho mai vissuto personalmente esperienze spiacevoli a riguardo. Ovviamente ci sono giocatori con cui si ha più confidenza, ma resta sempre un segno di rispetto.
Una domanda sulla risposta a una mano. Sei l’unico uomo in top 10 che la usa. La difendi con orgoglio? Hai mai pensato che qualcuno potesse cercare di convincerti a cambiarla nel corso della carriera?
LORENZO MUSETTI: Non ho mai pensato di passare a una risposta a due mani. Ormai sarebbe anche tardi. La mia risposta a una mano, giocata nel modo giusto, è molto utile e può mettere in difficoltà gli avversari. Nel tennis moderno non è facile trovare chi la usa, soprattutto su queste superfici e su quelle più veloci. Sono molto orgoglioso di essere l’ultimo tra i primi dieci ad avere la risposta a una mano e voglio difendere questo “titolo”.
Per te il fattore estetico incide in questa scelta?
LORENZO MUSETTI: Prima cercavo di più l’estetica, ancora oggi credo sia il colpo più elegante nel nostro sport. Ma ho capito che, anche se si fa un vincente spettacolare lungo linea, conta sempre solo un punto. Questo l’ho capito negli ultimi anni.
Bella partita solida contro un avversario che può essere pericoloso. L’hai tenuto quando ha provato a reagire. Da fuori sembra che tu ti senta bene, è così?
LORENZO MUSETTI: Sì, mi sento bene e sono contento della prestazione di oggi. Il primo set è stato di rodaggio, poi ho avuto una buona reazione alla fine del primo set quando ho strappato il servizio sul 5-4. Da lì in avanti ho cambiato l’inerzia del gioco, sono stato più aggressivo soprattutto con il diritto, più padrone dello scambio e lo si è visto anche dal punteggio.
In questo torneo si è visto che sono stati attenti a non cambiare troppo la programmazione degli orari. A Cincinnati qualcuno si è lamentato per aver giocato alle 11 del mattino. Tu che atteggiamento hai riguardo agli orari? Preferisci giocare la mattina, la sera, o non ti importa?
LORENZO MUSETTI: Ha senso che chi gioca tardi poi il giorno dopo abbia una programmazione diversa. Non si può essere sempre contenti dell’orario, ma ora sono stato trattato molto bene. Non mi aspettavo di giocare due volte su questo campo importante e sono onorato. Spero di poterlo fare anche la prossima partita.
In generale sei uno a cui piace giocare presto la mattina oppure preferisci altri momenti della giornata?
LORENZO MUSETTI: Bisogna adattarsi in questo sport, non si possono avere troppe preferenze. Non mi dispiace giocare il primo match, perché così si sa a che ora si entra in campo e si riesce a stabilire una routine. Se si gioca terzo, secondo o quarto bisogna essere bravi a gestire i tempi e le dinamiche che comporta.
Non si sa se giocherai contro Cobolli. Cosa ti ricordi di quando eravate piccoli e che rapporto c’è tra voi? E quanto è difficile giocare contro un amico?
LORENZO MUSETTI: La prima volta che ci siamo incontrati è stato al Lemon Bowl Under 10 nei quarti di finale a Roma, casa sua, con tutto il pubblico per lui. Ho vinto io e poi ho vinto il torneo. Da lì abbiamo iniziato a viaggiare spesso insieme, abbiamo condiviso tanti tornei junior, Coppa Davis, Winter Cups, Summer Cups e tanti raduni in giro per il mondo. Ritrovarsi ora a questi livelli è bello. Giocare contro un amico non è facile, soprattutto a livello mentale. In queste partite conta tanto chi entra in campo più convinto. Il campo da tennis è come un ring, bisogna affrontarsi; l’amicizia resta, ma in campo tutti vogliono vincere.
Rispondi sinceramente: avete mai dormito in camera insieme?
LORENZO MUSETTI: Sì, più di una volta.
L’anno scorso hai detto che chi ha molto talento spesso sceglie la soluzione che piace di più, ma non sempre è quella funzionale. Ora che percentuale c’è tra fare la cosa giusta e quella che ti piace?
LORENZO MUSETTI: Va a periodi. Nelle ultime due partite credo di aver giocato in modo giusto. In una partita al meglio dei cinque è difficile fare ogni punto in modo perfetto, ma si cerca di ambire a farlo. Oggi, per esempio, non mi è andato giù aver perso il servizio all’inizio del terzo set, ma sono stato bravo a risollevare subito la partita. Ultimamente, soprattutto in queste due partite, sul piano tattico e delle scelte ho gestito bene e ne sono contento.