E’ una Swiatek famelica quella presente a Flushing Meadows quest’anno. Reduce dal titolo di Cincinnati, giunto sulla scia di quello a Wimbledon, la polacca ha regolato in fretta la russa Ekaterina Aleksandrova per 6-3 6-1 negli ottavi dii finale dello US Open. Diversi gli argomenti trattati nella conferenza stampa post match; tra metodi di lavoro, rapporto con il suo coach, e una riflessione sullo slam più rumoroso dell’anno.
Dopo la partita sei andata sui campi di allenamento? Se sì, per quanto tempo?
IGA SWIATEK: “Penso sia stato circa 15, 20 minuti. Nulla di intenso“
Una domanda un po’ fuori tema sugli allenatori. Sempre più giocatrici girano in tour con due o tre allenatori diversi. Secondo te è ancora possibile avere un solo allenatore in tour, come fai tu?
IGA SWIATEK: “Dipende dall’allenatore. Penso sia più comodo, ma ovviamente richiede molto lavoro da parte dell’allenatore. La stagione è sempre più lunga, quindi credo ci saranno sempre meno possibilità per noi di avere un solo allenatore, perché non tutti possono viaggiare continuamente. Per me è sempre stato importante avere una sola persona che guidi tutto il processo. Trovo sia più semplice per me e anche per la comunicazione che una persona sola gestisca tutto. Ma suppongo dipenda dall’allenatore e da cosa può fare”
Solo per chiarire, è più comodo dal punto di vista della giocatrice avere un solo allenatore?
IGA SWIATEK: “Be’, dal mio punto di vista. Non saprei per le altre“
I tuoi esercizi di reazione prima delle partite e in generale tutta la tua preparazione sono sempre molto interessanti. Sono curiosa: come si sono evoluti negli anni? E sei mai stata meno brava in questi esercizi rispetto ad ora?
IGA SWIATEK: “Ricordo che da juniores non ero brava come ora, poi c’è stato un anno in cui ho fatto un salto e ho sentito che le mie reazioni erano molto migliori, e tutti gli esercizi non mi costavano più così tanta energia. La mia routine di riscaldamento prima della partita è più o meno la stessa da molto tempo. La cambiamo solo se diventa noiosa, ma non mi dispiace avere abitudini fisse. Sì, ci sono molti esercizi di reazione, perché sono proprio ciò di cui si ha bisogno in campo“
Ho notato che dopo la partita, quando stavi dando qualcosa – non so se era un asciugamano – indicavi chiaramente la persona a cui volevi darlo. Senti che devi farlo, invece di lanciare semplicemente l’oggetto al pubblico e lasciare che se lo prendano?
IGA SWIATEK: “Sì. Di solito molte persone allungano la mano per prendere una cosa. Se, ad esempio, è una ragazza e i ragazzi hanno le braccia più lunghe, lei non la prenderà. Di solito lancio l’oggetto proprio alla persona che dovrebbe riceverlo.
Cerco di essere equa, ma scelgo la persona abbastanza casualmente o chi urla più forte. So che non è equo, e ovviamente non tutti saranno contenti“
Ti capita mai di pensare che sia strano che le persone vogliano così tanto il tuo asciugamano sudato o altro? Ti sembra strano?
IGA SWIATEK: “No, perché quando ero bambina avrei voluto avere un asciugamano sudato di Rafa. A volte è strano quando cerco di dare qualcosa a un bambino e un adulto lo prende. In quei momenti cerco di far capire che non è quello lo scopo“
Giocherei di nuovo contro Amanda Anisimova, per la prima volta dalla finale di Wimbledon. Puoi riflettere su quella partita, su quanto sia stata una bella prestazione da parte tua? Inoltre, dopo Wimbledon avevi detto che non c’è bisogno di avere pietà in questo sport, perché non vuoi regalare punti facili. È qualcosa che hai sempre avuto, questa capacità di continuare a spingere in campo da quando eri giovane?
IGA SWIATEK: “Sì, credo che la maggior parte di noi sia cresciuta così. Se vuoi diventare un’atleta, devi voler vincere ogni punto.
Onestamente penso che ogni atleta abbia più o meno la stessa visione e mentalità, ma evidentemente dopo il punteggio a Wimbledon tutti hanno iniziato a farmi questa domanda. Chi non pratica sport può non capirlo, ma se lo fai, sai che non regalerai nulla. Vediamo come andrà la partita. Le ragazze giocano tardi, quindi ora non ha senso pensare troppo a chi incontrerò. Aspetterò di vedere chi vincerà e mi preparerò“
Parlando di Wimbledon, e della velocità con cui si passa dal Centrale di Wimbledon all’Arthur Ashe Stadium dello US Open. Il suono è molto diverso, vero? A Wimbledon c’è silenzio, mentre qui c’è una conversazione costante. Ti colpisce quando lo vivi per la prima volta? Serve tempo per abituarsi?
IGA SWIATEK: “Sì, sicuramente è più difficile concentrarsi. La sensazione è diversa ed è più complicato isolarsi. D’altra parte, se riesco davvero a isolarmi, penso che non sentirò niente. Dipende dalla giornata, da come lavoro mentalmente per ignorare tutti questi suoni, ma sì, è un’esperienza completamente diversa. Anche nell’introduzione prima della partita, a Wimbledon non c’è, mentre qui ti ricordano subito quanto hai già vinto. Poi ci sono gli schermi nello stadio, a volte vedi le luci durante lo scambio. È diverso, sicuramente. Qui è più difficile, senza dubbio”