Si è concluso a Shanghai, con il trionfo di Valentin Vacherot, uno dei tornei più incredibili della storia del nostro sport: Arthur Rinderknech, dopo la sconfitta più dolce e al tempo stesso crudele della carriera, ha raccontato la sua versione del match e delle due settimane più incredibili della vita, concentrandosi sul rapporto con il cugino (nuovo campione del Masters 1000 cinese) e sulle emozioni di un Masters 1000 assolutamente indimenticabile.
“Fisicamente sono distrutto, non posso negarlo” ha dichiarato Rinderknech, nuovo numero 28 del ranking mondiale: “La preparazione alla finale non è stata delle migliori, credo di essermi addormentato verso le 3:30, quindi la notte è stata breve. Il match con Medvedev in semifinale mi ha prosciugato, è un avversario che ti fa faticare tantissimo per ogni singolo punto. Ma non è per questo che ho perso: Valentin è stato straordinario, sono molto fiero di lui, di ciò che ha fatto, di tutto quello che ha dimostrato questa settimana. La piccola stella che brillava sopra di noi ha brillato un po’ più dalla sua parte questa sera. Sono felice per lui, per Benjamin (Balleret, il coach di Vacherot, ndr), per i suoi genitori, mia zia e tutta la famiglia. È soprattutto questo che rimane”.
Un’avventura clamorosa, il classico torneo che vale una carriera: “Sì, sono state due settimane eccezionali, ho battuto tanti giocatori fortissimi, uno dietro l’altro. Oggi, probabilmente mi è mancata un po’ di freschezza. Valentin ha giocato giovedì, sabato e domenica, io invece venerdì, dove ho speso tanto, sabato, finendo molto tardi, e poi domenica. Ho giocato tante partite in un lasso di tempo molto breve, senza contare che le condizioni umide e calde hanno richiesto uno sforzo pesantissimo al nostro corpo. Sono estremamente fiero delle mie due settimane e del trofeo da finalista, dei miei cari che mi sostengono, della mia squadra, con Lucas Pouille, il mio allenatore, in testa. Crede in me, mi ha spronato. Spero sia l’inizio di una bella avventura e che faremo tanta strada insieme: ho iniziato a lavorare con lui solamente cinque mesi fa, in un momento difficile, in cui avevo addirittura pensato al ritiro, in un certo senso mi ha salvato, la sua fiducia ha rappresentato la svolta”.
La premiazione, infine, ha rappresentato il momento più emozionante della serata, anche se ad un certo punto Arthur è stato travolto dai crampi ed è stato costretto a sdraiarsi per terra: “Una cosa del genere non succederà mai più, mai più nella storia. Non solo in questo secolo, ma proprio nella storia. Quello che è successo non potrà mai ripetersi. È magnifico, eccezionale. Di questo momento potremo parlarne seduti su una panchina quando saremo due vecchietti di 80 anni. L’ho sempre trascinato, fin da quando eravamo piccoli. Sulla neve, lo trascinavo. In bici, lo trascinavo. Nel tennis, lo trascinavo. L’ho sempre spinto, l’ho fatto venire in Texas. L’ho spronato durante i due anni che abbiamo passato insieme lì, quando è arrivato, come avevo fatto io prima di lui, nel bel mezzo del nulla. Quando sono arrivato io, ero solo. Quando è arrivato lui, c’ero io. Mi sono preso cura di lui.
Ho sempre voluto il meglio per lui. È un ragazzo che lo merita. Lo amo dal profondo del mio cuore, da sempre. Sono estremamente fiero di lui, gliel’ho detto a rete, è favoloso. Ho un enorme rispetto per lui, e ne avrò ancora di più ora. Non mi ha sorpreso, sapevo di cosa fosse capace…Però non avrà il diritto di prendermi in giro per questa vittoria!”