“Ero il numero 22 nella lista degli alternates, sono riuscito a entrare appena un giorno prima dell’inizio” ha spiegato Valentin Vacherot. La rinuncia di Luca Nardi è stata quella che gli ha permesso l’ultimo passo, quello per poter partecipare alle qualificazioni. Perché vincere un Masters 1000 da n. 204 della classifica con un totale di appena 21 match ATP disputati in carriera partendo dal tabellone cadetto non pareva abbastanza agli sceneggiatori: hanno dovuto metterci la parte in cui ne era pure escluso. Ma dài, non ci crede nessuno, neanche Val e il suo coach Balleret, che infatti complessivamente usano la parola “incredibile” otto volte nell’intervista dopo la premiazione.
A questo punto GOAT indiscusso del Principato di Monaco, Valentin ha centrato un buon numero di seri record “nella pazza finale”; tuttavia, ci sono sono anche altri risultati che magari l’ATP non considera, benché degni di nota al pari, se non di più (o forse di meno), rispetto a quelli ufficiali.
Il ruolo delle condizioni (non solo ambientali)
Si sa che è più facile compiere un exploit in un torneo la settimana prima di uno Slam, fosse anche quell’esibizione dei Six Kings di cui vi daremo molto volentieri puntuale e approfondito resoconto. “Non è tanto il caldo, è l’umidità, signora mia” è stato uno degli altri motivi che hanno portato a questi inaspettati risultati; d’altronde, nel tennis la testa conterà pure quanto e più del braccio, ma c’è poco da fare se il resto del corpo stramazza. “Acclimatarsi è importante”, lo dice pure Panichi, l’ex preparatore di Sinner. Jannik si è ritirato nel corso del suo match con Griekspoor per via dei crampi, con le gambe dure come i bastoncini del gioco mikado. Che si chiama anche shanghai, ma l’avvertimento non è stato colto.
Radici e bovini (non scelte alimentari opposte)
Quasi tutti abbiamo scoperto solo in questi giorni della parentela di Valentin non solo con il proprio coach Benjamin Balleret (fratellastro), bensì con il finalista Rinderknech, suo cugino. Certo, la comune radice bovina dei due cognomi (vache è la mucca francese, in tedesco Rind significa bue) costituirebbe un buon indizio, ma l’ostacolo più che altro era che nessuno conosceva Vacherot.
Yo no soy Carretero
Valentin entra in top 40 (sarà appunto n. 40 ATP nella nuova classifica) e anche in un ristrettissimo club: quello dei vincitori Masters 1000 mai in top 20 insieme a Roberto Carretero (Amburgo 1996, best ranking n. 58) e Chris Woodroof (Canada 1997, picco al n. 29). Per Val, naturalmente, si tratta di un’ammissione temporanea e solo il tempo ci dirà se diventerà definitiva. Probabilmente no, se ne è scampato anche Alexei Popyrin seppure per un soffio o, meglio, per un calendario fuori sync.
Djokovic chi?
Come molti non hanno potuto fare a meno di notare (e altrettanti non l’hanno presa bene, pare), nel 2025 Vacherot ha più titoli “Mille” di Sinner e Djokovic messi insieme. Con un solo torneone di categoria (Parigi-non-più-Bercy) ancora da disputare, mal che vada il due contro uno finirà in pareggio. Giusto, ci sono anche altri titoli: quest’anno Nole ha vinto… Ginevra, ATP 250 nella settimana prima di uno Slam. Forse non un caso allora che Valentin lo abbia battuto nella sfida di semifinale. A discolpa del fenomeno nativo di Belgrado, la delusione per essere andato a Shanghai con l’obiettivo di provare l’ipotesi di potersela giocare sulla breve distanza con Alcaraz e Sinner che invece non si sono presentati all’appuntamento.
Inoltre, per Val, un titolo Masters 1000 in carriera come Stan Wawrinka, Juan Martin del Potro, Dominic Thiem, Marin Cilic, David Ferrer… E, già che ci siamo, mettiamoci pure l’ennesimo successo Next Gen ai danni della Lost Gen. Rinderknech è infatti del 1995, mentre Val è un classe 1998 e poco importa se quando Medvedev, Zverev e gli altri disputavano le prime Finals under 21 lui era parecchio fuori dai radar.
I primi saranno ultimi
Di solito no, in genere i primi rimangono primi. Nel caso specifico, tuttavia, si è verificato qualcosa di davvero bizzarro, al netto del fatto che è improbabile che nessuna circostanza improbabile si verifichi. Andiamo a vedere chi a Shanghai ha vinto il cucchiaio di legno, vale a dire il giocatore che ha perso all’esordio da uno sconfitto al turno dopo da chi è stato poi battuto al round successivo e così via. Il vincitore è Karen Khachanov e fin qui nulla di strano, anche Rafa Nadal ne ha uno in bacheca, l’Australian Open 2016 – non che questi premi vengano davvero assegnati. È chiaro che il “vero ultimo” sarebbe il bye che ha avuto Karen all’esordio ma, per quanto abbia la sua scheda personale sul sito ATP, Bye non esiste davvero e non a caso chi ne usufruisce perdendo però subito dopo si prende i punti del primo turno, non del secondo.

Con un’ottima intuizione, c’è chi ha fatto il percorso al contrario anche nella metà bassa del tabellone (quella di Vacherot) per trovare il penultimo arrivato, formando così l’anti-finale: Khachanov vs Shelton, ovvero la finale del Masters di Toronto vinta da Ben lo scorso agosto.
Questi Masters allungati che non piacciono ma…
Diversi giocatori, nonché addetti ai lavori e appassionati, si sono detti poco entusiasti della formula 12 giorni per 96 giocatori, peraltro giustamente bacchettati da Djokovic, intervenuto sulla questione in modo semplice: “Invece di parlare e basta, dovreste muovere le chiappe” (non le esatte parole, ma il senso era quello). Non saremmo però qui e neanche altrove a parlare del monegasco originale se non fosse per formato allargato, dato che in un Masters 1000 di una settimana, come Monte Carlo, non sarebbe mai entrato. Cioè, a Monte Carlo sì, gli danno sempre una wild card, esempio sbagliato ma il concetto rimane. Insomma, almeno Valentin Vacherot ha un buon motivo per non denigrare il formato da 12 giorni. E gli avversari sconfitti a Shanghai uno in più.