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Morariu, donna e tennista vincente

È uscita la biografia dell’ex tennista americana Corina Morariu, che ripercorre le tappe che l’hanno condotta a sfidare e battere la leucemia con la sua arma migliore: il sorriso. Luca Labadini

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Corina Morariu è stata protagonista del circuito Wta per undici anni. All'apice della carriera, a 23 anni, felicemente sposata e mentre era fra le primi trenta in singolare e numero uno in  doppio, le viene diagnosticata una forma avanzata di leucemia. Come dichiara nei passaggi del suo libro, "Battere il cancro è stato relativamente semplice, la cosa difficile è stata recuperare dall'impatto emotivo". Oggi 32 enne e single, Corina si divide fra la Florida e Los Angeles. A tennis.com ha rilasciato un'intervista, in cui illustra alcuni aspetti della sua storia.
 
Le biografie dei tennisti stanno diventando ormai una moda. Che cosa ti ha spinto a volerla fare  anche tu?
Può sembrare un clichè, ma ho scritto questo libro con la  speranza  che avrebbe aiutato alcune persone. Quando stavo male, mi ricordo bene quali erano le cose che mi facevano stare meglio. Se soltanto un paio di pazienti leggessero il mio libro e lo ritenessero d’aiuto per affrontare la malattia, sarei sicura che ne è valsa la pena.

Che messaggio lanci nel tuo libro?
Il libro parla di come affrontare le avversità della vita. Durante la mia malattia, mi aiutava molto leggere storie di persone che avevano combattuto la malattia e ne erano uscite vincitrici, perché se ci riesci, diventi una persona più forte, e migliore di prima. Sono state fonte di grande ispirazione per me, ed è questo il messaggio che volevo trasmettere: quello della speranza, e del coraggio.

E’ stato un progetto emotivamente impegnativo?

Sapevo che non sarebbe stato facile, e mentre lo scrivevo, mi sono emozionata diverse volte. Mi sembrava quasi di essere sotto ipnosi, stavo rivivendo ogni minuto della mia storia. Sono stati i sei anni più duri della mia vita, e tornare indietro  nel tempo e riportarli alla memoria è stato piuttosto traumatico. Avevo chiaro in mente qual era il messaggio finale del libro, ma per arrivarci, era necessario ripercorrere tutta la mia vicenda dall’inizio. Quando ho finito il mio racconto, mi sono sentita sollevata, e con la sensazione di essermi messa alle spalle questa brutta storia molto più di quanto non potessi dire all’inizio del libro.


Sveli molti dettagli della tua vita privata nel libro. Il tuo rapporto conflittuale con il tennis, il tuo legame tormentato col tuo ex marito e coach Andrew Turcinovich, col tuo ex fidanzato e giocatore Justin Gimelstob, senza escludere i risvolti degli effetti collaterali della chemioterapia. Dev’essere stato molto duro per te.
La mia idea era di scrivere questo libro perché la mia storia potesse essere di conforto  e di insegnamento per qualcuno. Era necessario raccontarla nel modo più diretto possibile, descrivendo esattamente quello che mi è capitato e dove sono adesso, sana e in grado di poterne parlare. Per coloro che sono sopravvissuti al cancro, la malattia è brutale, e doverci convivere è dannatamente difficile. La chemio è devastante,  e il cancro è terribile, questo lo sanno tutti. Quello che molti ignorano, è la difficoltà del dopo malattia. La tua vita è completamente ribaltata, e tu una persona diversa da quella che eri prima. La malattia cambia te e la tua vita. Per sempre.

La mia carriera è stata sempre strettamente correlata all’efficienza del mio fisico, quindi vedermela portare via di colpo mi ha causato una grossa crisi di identità. A un certo punto avevo sconfitto il cancro, ma mi trovavo in un matrimonio infelice. Ho provato a tornare a giocare e mi sono rituffata in un’altra relazione. Correvo da una situazione all’altra. Molte persone non hanno dovuto fare i conti col cancro, ma hanno affrontato un divorzio. E’ stata un’esperienza che ho vissuto, e ho cercato di essere il più sensibile possibile nei confronti delle persone che hanno fatto parte della mia vita. Scrivere dei miei sentimenti più intimi, raccontare le fasi  della terapia…è stato difficilissimo.Non nascondo che  sapere che molti sconosciuti leggeranno i miei pensieri più profondi e le sofferenze cui sono andata incontro mi mette un po’ d’angoscia.

Sei stata anche piuttosto severa nei confronti della tua famiglia, raccontando di come hanno reagito alla tua volontà di divorzio da Andrew, che frequentavi sin da ragazzina. Come hanno reagito al libro?
Sono stati di  grande  supporto.  Il libro parla anche di questo, di relazioni difficili , di momenti complicati vissuti durante la convalescenza. Comprensione e perdono. Sono due condizioni che ho dovuto affrontare in questi sei anni, e sono felice di averlo fatto.

E’ stato necessario che tu perdonassi per poter scrivere questo libro?
Assolutamente. Ho fatto errori nella mia vita e azioni di cui mi sono pentita. Ci passiamo tutti prima o poi.  Nel momento in cui ero riuscita a debellare la malattia, molte persone mi consigliavano di scrivere un libro, ma in quel momento non mi sentivo nella condizione di essere totalmente sincera riguardo la mia storia, e nemmeno certa del messaggio che avrei voluto o fossi riuscita a trasmettere. Oggi ho ristabilito buoni rapporti con tutte le persone coinvolte nella mia vita, e soprattutto ho fatto pace con me stessa e i miei errori. Per questo motivo, mi sono sentita pronta a raccontare tutto.

E’ stato più difficile sconfiggere il cancro o imparare a conoscerti?

Conoscere me stessa, la mia vita e accettare ciò  che mi era successo è stata la cosa più complicata. Il cancro è stato come una sveglia, un campanello d’allarme su tutto il resto. Oggi , ho la sensazione che prima di ammalarmi, io vivessi con le bende sugli occhi. Mio padre voleva che io giocassi a tennis, e l’ho fatto. Mi sono trovata coinvolta in una storia d’amore iniziata quando ero ancora una teen -ager e mi sono sposata. La mia vita proseguiva sempre uguale e io continuavo a fare cio che ritenevo giusto. Era una vita facile e privilegiata, quindi per me era stato semplice continuare a seguire quel sentiero. Poi , all’improvviso, mi sono ammalata, e tutto è scomparso. Le bende non sono più sugli occhi , ma io mi sento come se fossi diventata cieca. Tutti i miei riferimenti sono scomparsi, insieme alla mie certezze. Quando affronti una cosa del genere, è come se ti togliessero un po’ della tua innocenza. Accettare la nuova realtà, immaginare come avresti voluto la tua vita prima della malattia, e come l’avresti voluta dopo…Combattere la malattia è stato duro , ma è stato l’aspetto emotivo il vero ostacolo da superare.

Oltre che commentare in tv e aver scritto questo libro, hai altri progetti in mente?
No. La stesura del libro ha impegnato quasi tutto il mio tempo libero l’anno scorso, quindi ora mi auguro di avere il tempo di andare in giro a promuoverlo e a parlarne. Il mio progetto attuale è questo e…godermi di nuovo la vita, che era il mio obiettivo principale quando ho smesso di giocare.

Il libro di Corina Morariu “Living Through the Racket: How I Survived Leukemia . . . and Rediscovered My Self” (Hay House, Inc) è in vendita negli Stati Uniti dal 15 Febbraio. E’ acquistabile qui.


Corina Morariu è nata il 26 Gennaio 1978 a Boca Raton, Florida, da genitori di origine romena, Albin e Rodica. Professionista dal 1994, raggiunge i suoi migliori risultati in doppio, specialità in cui raggiunge la prima posizione mondiale nel 2000 e si aggiudica il torneo di Wimbledon nel 1999 in coppia con la sua grande amica Lindsay Davenport. Nel 2001,insieme ad Ellis Ferrerira, si toglie la soddisfazione di alzare il trofeo degli Australian Open nel doppio misto. Una carriera vincente, un'esistenza serena,suggellata anche dal matrimonio celebrato nel 1999 col fidanzato storico Andrew. Quando, il 10 Maggio 2001, Corina fu costretta al ritiro dal torneo di Berlino a causa di un problema al piede, nulla lasciava presagire il nuovo, tragico scenario che andava prefigurandosi. Nei giorni seguenti, frequenti perdite di sangue dal naso, improvvisa spossatezza ed ematomi lungo il corpo erano chiaro sintomo di qualcosa di grave.

E’ toccato al padre (e medico…) Albin scoprire prima, e comunicare poi, la peggior notizia possibile. Corina ha la leucemia. Per l’esattezza, leucemia acuta promielocitica, un tipo di malattia a rapida progressione, caratterizzata dall'accumulo nel sangue di cellule bianche  in stato immaturo. La sua giovane età e il suo status di sportiva professionista, tuttavia, le consentono di avere un 70% di possibilità di successo. Seguono giorni di ricovero al Jackson Memorial Hospital, momenti di sconforto, di paura, per una ragazza abituata a lottare in un campo da tennis, e non in un letto di ospedale. Ciò che non viene mai a mancare è la speranza, che col passare dei giorni si tramuta in ostinazione, grinta e coraggio. Commozione, quando l'amica Jennifer Capriati le dedica pubblicamente la vittoria del Roland Garros nel 2001. Conforto, quando milioni di tifosi le fanno recapitare lettere di solidarietà e di affetto.

Dopo una serie di effetti collaterali dovuti alla chemioterapia, dopo ripetuti ricoveri, dopo sempre più mutevoli  stati d'animo, un giorno di novembre Corina vince il suo match più importante. I test segnalano che la malattia è in regressione. Una volta riacquisita  la salute, Corina vuole provare a tornare a essere quello che era prima della malattia.Una tennista. Tenuto conto di ciò che ha passato, una missione che alla nuova Corina sembra tutto fuorchè impossibile. Cronache dell'epoca testimoniano di allenamenti della durata di cinque minuti, tale era il lasso di tempo che il suo debilitato fisico le consentiva prima che stremasse a terra per la fatica.

"Perdersi d'animo" è un'espressione che non appartiene più al suo vocabolario, tanto che fra lo stupore e l'ammirazione generale, nell'agosto del 2002, la Morariu torna alle competizioni  al torneo Wta di Los Angeles. Gioca gli Us Open, trova Serena Williams al primo turno. Perde la partita, ma, con il sorriso, vince la scommessa con se stessa. E' ancora, di nuovo, una tennista. Soltanto un anno dopo la malattia. Uno strepitoso ritorno, tanto che nel 2003 la Wta le assegna uno scontato quanto sacrosanto "Comeback player of the year award". Prima di ritirarsi, riesce ancora a togliersi un'ultima soddisfazione: la finale degli Australian Open in doppio in coppia con Lindsay Davenport. Le americane perdono, ma la cerimonia di premiazione  e il pubblico le tributano il giusto riconoscimento. Si ritira a 29 anni, quando ritiene di non avere più nulla da dimostrare nemmeno a se stessa.

Oggi, apprezzata commentatrice su Tennis Channel, è completamente guarita, ma la sua battaglia contro la leucemia continua, in qualità di ambasciatrice dell'associazione The Leukemia & Lymphoma Society's first International Sports. "Quando ho saputo della mia malattia mi sono trovata davanti a un bivio: commiserarmi, disperare, chiedermi 'perchè proprio a me'?, oppure rimanere positiva e affrontare la situazione. Ho realizzato ben presto che piangere non avrebbe allontanato la malattia", ha dichiarato Corina. Sempre nel 2003, la Wta ha istituito il premio "Corina Morariu Courage Award" in suo onore. Mai decisione fu più legittima e unanimamente condivisa. Talvolta, nel giornalismo sportivo, si corre il rischio di abusare di termini quali "leggendario", "combattente", "eroico". Nei confronti di Corina, sembrano addirittura farle poche giustizia.

Sono tante  le biografie di tennisti a essere già state pubblicate, molte ancora ne usciranno. Difficile stilare una graduatoria. Molto più semplice affermare che chiunque acquisterà quella di Corina Morariu non se ne pentirà, perchè a chi ha annullato un match point alla morte, e molti di più alla sfortuna, e chi ci ha insegnato che la maniera migliore per batterli è sfidarli con il sorriso e la forza d'animo, non si può che dire grazie.

Luca Labadini

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