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05/06/2011 13:56 CEST - Rassegna nazionale

Il primo grande trionfo di Na Li. Schiavone, grazie lo stesso (Martucci, Viggiani, Azzolini, Semeraro)

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Regina Na Li (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport del 5-6-2011)

Ma quella palla era fuori. Era lì, ma non era Li (Na). Come aveva giustamente segnalato il giudice di linea allargando il braccio. Come ripete più e più volte la moviola della tv francese. Come gesticola invano in campo la regina, Francesca Schiavone, attirandosi le acide proteste della folla giacobina: «Se la palla è fuori è fuori, e io la chiamo così, ma se è dentro è dentro. Così mi hanno insegnato fin da quando sono bambina, e questo è quello che voglio insegnare in futuro ai bambini. Io non rubo le palle. Perciò, se la chiamo fuori, il margine di errore è davvero basso, e se mi mostrano un segno e il segno è fuori, e mi dici che la palla è dentro... E' un bell'errore, starà al torneo rivedere quella chiamata, ma io che posso farci. Non ho pensato di chiamare il giudice di linea, se l'arbitro decide che è dentro, non cambia nulla: decide lui». Frana Quella palla, fuori, un rovescio di Li Na nella finale del Roland Garros, sul 6-4 5-6 Cina, vantaggio pari, invece di portare la Schiavone al set point, dopo 100 minuti di calvario, e offrirle quindi la ciambella di salvataggio per un più che probabile terzo set (in discesa?), diventa vantaggio Li. E, quindi, in rapidissima, inarrestabile, successione: riga, errore di «Franci», 6-6, tie-break, e dramma.

Perché la terra, la magica terra rossa del Philippe Chatrier frana sotto i piedi dell'italiana che sogna un pazzesco bis, dopo lo storico trionfo di 12 mesi fa. «Una palla non può fare così tanto la differenza, ma in quel momento, bisognerebbe controllarla davvero bene. Gli 8 punti dopo... li ho persi tutti!». Precedenti Francesca, come Serena (Williams) è una che ha sofferto molto per emergere. Francesca, come Serena, incappa nella stessa giudice di sedia, l'atletica svedese Louise Engzell, che, agli Us Open di due anni fa, espulse la star americana per ingiurie a un arbitro di linea. La medesima che, sempre due anni fa, graziò Flavia Pennetta in Fed Cup in Francia (!), colpevole di averle alzato il dito medio, con un gestaccio che, nel mondo, è molto peggio di un «vaffa». Allora Flavia superò la Mauresmo, stavolta l'Italia ha perso. Stavolta, nell'afa di Parigi, la Schiavone non riesce a riequilibrare la partita a metà corsa come contro Pavlyuchenkova (da 6-14-1 sotto), e *** deve arrendersi alla schematica regolarità dell'avversaria. Che domani la sorpasserà anche nella classifica mondiale (al numero 4), spingendola più indietro (al 7), perché è capace di mettere il bavaglio alla fantasia dell'italiana, al suo gioco champagne, ubriacante invece nella finale dell'anno scorso (…)


Francesca stavolta non rimonta (Mario Viggiani, Il Corriere dello Sport del 5-6-2011)

Stavolta non ha baciato la terra del Roland Garros, ma forse così doveva andare. Una palla, un punto, non cambiano l'andamento di una partita, e Francesca Schiavone è la prima a dirlo. «Non è quello che ha fatto la differenza. Però io non rubo i punti: se dico che una palla è fuori, è fuori». Certo però, che se invece di darti il primo sospiratissimo set point per l'eventuale 7-5 del secondo, toglie invece dall'acqua la testa di Na Li e la fa respirare il giusto, allora è un'altra storia. «Chi avrebbe vinto al terzo set? Io». La Leonessa era ormai vicina all'avversaria e da un po' stava quasi per azzannarla. E invece dal set-point scippato al vantaggio della cinese, al game del 6 pari e soprattutto alla conclusione del tie-break, è stato un attimo. A quel punto sono stati nove punti di fila e partita chiusa. «Mi hanno insegnato che se il giudice di sedia decide in un modo, quello è. Certo, ho protestato, e credo che starò ai responsabili del torneo (l'Itf) valutare questa chiamata e giudicare. Ma a quel punto io dovevo restare tranquilla e andare avanti, pensando al mio gioco e a quello che serviva per restare attaccata alla partita. Se ti arrabbi, fai due fatiche e non cambi le cose. Purtroppo non sono più riuscita a fare un solo punto, è andata così».

Una partita dura, complicata. «La cinese è cresciuta molto quest'anno, si goda questo momento fantastico perché io lo so cosa si prova. Specie all'inizio giocava molto profondo, a tanto così dalle righe, ed era davvero difficile entrare in campo e metterla in difficoltà, mi teneva lontana dalla rete. Non aveva dubbi su quello che doveva fare. Peraltro lei è una che corre tanto e colpisce sempre forte. Io, soprattutto all'inizio, dovevo essere invece più aggressiva nella risposta, piuttosto che contenerne il servizio. Nel secondo set ho deciso di prendere più rischi, lei è calata un po' e a quel punto eravamo alla pari. Peccato non essere andate al terzo, ripeto». Prime sensazioni, al rientro negli spogliatoi? «Un po' di stanchezza, per essere rimasta in campo per le interviste e la premiazione. E soddisfazione comunque per questa seconda finale consecutiva». Cosa porti via stavolta da Parigi? «Vado via sconfitta ma non certo delusa, anzi. Certo, una cosa è vincere una finale di Slam e un'altra è perderla. Tuttavia questo per me resta u lì torneo è speciale, che a distanza di un anno mi ha dato la conferma dei risultati che posso ottenere. Significa che potrò avere altre chance come questa, in futuro. Tutti i giorni ho baciato la terra, sono serena e contenta per non aver deluso chi era in tribuna per me (a partita finita, si è battuta il pugno sul cuore guardando team, clan e tifosi)».

La sconfitta significa perdita di punti in classifica rispetto al 2011: Francesca domani scenderà al numero 7 del mondo. Per il gioco di scarti e acquisizioni, sarebbe retrocessa comunque da 5 a 6 in caso di vittoria. Un risultato eccellente, anche se il successo della Li è di proporzioni decisamente più eclatanti. «Immagino che per il loro movimento sia qualcosa di particolarmente importante: il primo Slam, su una superficie che noi in Europa conosciamo bene e invece loro quasi per niente». Pensi che la Li possa diventare numero 1? «Non lo so, per farcela non basta vincere un solo Slam. Certo, però, che se ha ancora tanta fame di vittorie...». 13 43 «Mi hanno insegnato a non contestare mai l'arbitro. Purtroppo da quel momento non ho più fatto un punto»

Il giudice di linea Io aveva giudicato fuori, la Engzell ha rovesciato la chiamata. Ma, come dimostra l'occhio di falco" televisivo, che sulla terra non ha valore regolamentare (bisogna basarsi sui segni lasciati al suolo dalle palline), aveva ragione Francesca Le vittorie consecutive della Schiavone al Roland Garros: 7 nel 2010 (Kulikova, Ferguson, Li, Kirilenko, Wozniacki, Dementieva. Stosur) e 6 in questa edizione (Oudin, Dolonts, Peng, Jankovic, Pavlyuchenkova, Bartoli). Sarà da domani la nuova posizione in classifica mondiale di Francesca Schiavone. A causa del gioco degli scarti di risultati sarebbe scesa da 5 a 6 anche in caso di vittoria contro la Li (che per contro sale al numero 4). Compreso il Roland Garros 2011, è il numero di Slam disputato dalla Schiavone, che tra le giocatrici in attività condivide con la statunitense Jill Craybas il record di partecipazioni consecutive ai quattro tornei più importanti. «Sono sconfitta, non distrutta: ho capito che avrò altre chance Alla mia rivale dico: goditi il momento»


Francesca, resa al nuovo che avanza (Piero Guerrini, Tuttosport del 3-6-2011)

Il nuovo avanza così veloce e potente che non lo puoi fermare. Nemmeno se ti concede un'occasione. Non lo ferma neppure il giudice di linea che vede in corridoio una palla cruciale, perché l'arbitro svedese Louise Engzell sostiene che invece è dentro. Sarebbe palla break e set per Francesca Schiavone, sul 65 a favore del secondo set riacciuffato dal 2-4. E Francesca discute, non si capacita, quando la svedese si allontana segna ancora la palla con la racchetta. Niente. In quel momento si spezza l'ultima speranza di rimonta e sorpasso, s'inceppa qualcosa nei meccanismi mentali dell'azzurra che subisce un 9-0. I due punti del gioco e quelli di un tie break senza storia, con la leonessa dapprima scavalcata da un lob, poi capace di appiattire due risposte in rete e incapace di chiudere una comoda volée. II tie break riscrive la storia del tennis, porta la Cina lassù dove mai era stata, in cima al mondo del tennis singolare. Il mondo nuovo che avanza, appunto, e può comprare milioni di racchette e magliette. Il nuovo sorriso sereno di Na Li, cinese fuori dal coro e gioviale, che ha licenziato l'allenatore per conservarselo come marito e trovare i consigli 'giusti da Michael Mortensen, capitano di Danimarca. In un'ora e 48' Francesca abdica. E però sarebbe un peccato lasciarsi travolgere dall'amarezza e non applaudire comunque l'impresa della trentenne lombarda. Che dopo il clamoroso trionfo 2010 s'è fermata a un solo passo dal bis. E' tornata nella finale mondiale su terra. Rossa come le bandiere, però, che sventolano sugli spalti del Chatrier.

CINA VICINA Che Na Li fosse in forma travolgente era dimostrato dall'autorevole cammino: cancellata due possibili regine di domani come Kvitova e Azarenka, spazzata via Sharapova, senza mai mostrare dubbi o pause. Ma la prestazione finale è da applausi sinceri: 31 punti vincenti, una clamorosa percentuale di prime palle, magari giocate all'85% della potenza (di rado oltre i 155 orari), ma piazzate negli angoli per mettere subito pressione su Schiavo e aprire il campo. Na Li gioca un primo set ai limiti della perfezione, disarmando Francesca attraverso la profondità di palla, limitandone i cambi di rotazione, per poi chiudere con il drittaccio costruito, lo stesso colpo che smarrirà per la rimonta della nostra eroina. Li concede 5 soli punti sul suo servizio e Frani offre invece 3 palle break, cedendo sull'ultima per il 3-2 che diventerà 6-4 in 39'

ARBITRO Schiavone si aggrappa alla partita, sbuffa, sbaglia qualcosa di troppo, urla di frustrazione quando sparacchia fuori un dritto sul servizio avversario poco dopo aver già ceduto di nuovo il proprio. Poi, decide di rischiare per davvero, si spinge più avanti, entra in campo, trova un paio di righe. E Na Li approfondisce la conoscenza di Nikefobia, per paura di vincere i. colpi della cinese si accorciano e all'ottavo gioco il dritto salta per aria. Quattro errori, anche forzati. E break, equilibrio. La sensazione è che la partita possa girare. Ma Francesca sbaglia un paio di colpi importanti sul 5-4 e si arriva al gioco del caso arbitrale. Louise Engzell che prima aveva fatto over rule, imponendo di rigiocare il punto, cambia la chiamata del giudice di linea e stavolta però non fa ripetere, dà punto. Due pesi e due misure, un metro inspiegabile se non con la confusione. Di Louise Engzell, la stessa del caso-Pennetta, in Fed Cup con la Francia. La stessa che ha concesso i tre minuti per infortunio a Fognini, nei giorni scorsi tra un punto e l'altro anziché a fine game. Francesca non si riprende da quella discussione. Na Li ritrova la fiducia per scrivere la storia. Meritando davvero, ci mancherebbe. Attraverso il lavoro svolto sul suo tennis, sul suo fisico, su di sé, attraverso questa finale da campionessa vera. Na Li è diventata grande, sarà numero 4 del mondo. E, davvero, considerata la crescita e la finale di Melbourne, può ancora salire. Mentre Francesca, ora svuotata, siate certi, ci ri- proverà sull'amata terra. Appuntamento al 2012.


Roland Garros da favola, ma per Na Li (Stefano Semeraro, La Stampa del 5-6-2011)

Se un miliardo e 400 milioni di speranze, sogni, desideri, mutui sul futuro e potenziali acquirenti di palle, racchette e magliette possono cambiare la traiettoria di una pallina e il destino di una partita di tennis - be', ieri lo hanno fatto. Li Na, la signorina dei record del tennis cinese era in vantaggio di un set ma sotto 6-5, 40-40 nel secondo, uno dei suoi rovescetti mitraglia era appena atterrato un filo fuori dalla linea laterale. Il linesman aveva alzato il bracci-no: «out!». Un set-point per Francesca Schiavone, la possibilità di allungare il match al terzo set. Forse (probabilmente?), di vincerlo. «Lazy» Na ha alzato lo sguardo indispettita verso Luisa Engzel, la discussa giudice di sedia svedese già nota per aver cacciato dal campo Serena Williams ed essersi beccata un medio alzato da Flavia Pennetta due anni fa in un Francia-Italia di Fed Cup ad Orléans, per una decisione altrettanto dubbia.

La svedese è scesa dal seggiolone, ha cambiato il giudizio: «la palla è buona». Francesca ha protestato, si è indignata, ha indicato che il segno non era quello. Niente, vantaggio Li. Risultato: la Schiavo non ha più vinto uno scambio, la cinese si è presa gli 8 punti che le servivano per raggiungere il tie-break e vincerlo a 0. La favola del secondo successo di Francesca Schiavo-ne al Roland Garros è finita Lì. Quella del tennis cinese, forse, ha incominciato a decollare. Da Fratelli d'Italia a Sorelle di Cina. Francesca, va detto, può recriminare su qualcosa di più di una palla dubbia - indicata fuori anche dal replay della tv francese. Un inizio con il freno a mano, il primo concesso ad una Na peraltro davvero tosta, che mitragliava con il rovescio e chiudeva con il dritto. Dopo essere stata la prima cinese nella storia a vincere un titolo Wta (2004), a entrare nelle top-ten (2010), a raggiungere una finale Slam - quella persa a febbraio con la Clijsters in Australia - la Li ieri è diventata anche la prima asiatica a prendersi uno Slam. Quello sulla terra, il più difficile per lei, cresciuta a pane e cemento. Non ha rubato niente, anche se auel terzo set forse

PROGRAMMATA Lo Stato l'ha costruita per Pechino 2008.1)a allora non si è più fermata l'avrebbe sudato più degli altri. «Però ho vinto in due set, quindi non lo sapremo mai, no?», ha sorriso solare come sempre, la quasi giornalista Na, strappata bambina al badminton dai coach statali del celeste impero per farne una tennista da corsa in vista dei Giochi di Pechino 2008. Una che dal tennis era uscita nel 2002, per studiare comunicazione, e che ci è rientrata più forte di prima due anni dopo. Lottando insieme a Jie Zheng e a Shuai Peng prima per trattenersi il 45 per cento dei montepremi, poi tutto il malloppo. Per avere la libertà di giocare i tornei che voleva, facendosi allenare dal marito Jian Shang, poi sostituito come coach dal danese Michael Mortensen ma che ieri sfoggiava in tribuna con il suo clan una maglietta gialla con scritto, in ideogrammi, «Sii te stesso».

Quelli della Nike ne hanno stampate solo trenta, da oggi ne serviranno (e se ne venderanno) molte di più. In Cina sono stati 65 milioni a seguire le imprese di Li Na, i 14 milioni di tennisti praticanti e spalmati su 30 mila campi e 4000 accademie seminate in quel Paese sconfinato ora hanno un idolo all'altezza delle aspettative: dello stato, degli sponsor, degli investitori locali. Li Na forte lo è da sempre, ma era anche pigra, fragile mentalmente, eccellente nel farsi rimontare partite già vinte. Mortensen le ha spiegato che in campo doveva scacciare la paura, accettare la possibilità di sbagliare. Il sarcasmo della storia le ha fatto vincere uno Slam (anche) su un errore altrui: «Sul 6-0 nel tie-break mi sono detta: non fare stupidaggini, basta solo un altro punto! Adesso sono convinta che il tennis cinese crescerà davvero. E se fossi diventata giornalista titolerei: "un sogno che diventa realtà", perché in tante abbiamo lottato per ottenere questo risultato». Dal tennis tavolo al tennis tout-court, il giallo della Cina incomincia a fare paura anche sul rosso.

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