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03/07/2011 14:46 CEST - WIMBLEDON

La Kvitova ha vinto di risposte

TENNIS - Molti errori nella finale femminile, ma la ceca è campionessa a 21 anni come Martina Navratilova. Delude la Sharapova incapace di un piano B. Doveva essere la più esperta e non ha saputo cambiare nulla. E dice: "Mica sono la Schiavone!". Oggi la battaglia fra i due numeri uno del mondo. Nell'audio i pronostici di Ubaldo e Flink. Da Londra, Ubaldo Scanagatta

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Il personaggio era, more solito, la bella Maria Sharapova, la venere siberiana venuta da Chernobyl. Fiumi di inchiostro e di foto avevano occupato pagine e pagine su tutti i giornali del mondo, come le era quasi sempre successo dacchè diciassettenne aveva vinto qui il primo dei suo tre Slam. Sul Corsera la notizia della sua “resurrezione” coronata dalla prima finale raggiunta dopo 3 anni e mezzo dal successo all’Australian Open, era finita addirittura in prima pagina insieme all’imprescindibile gossip della sua love-story con l’asso del basket NBA, la “guardia” slovena Sasha Vujacic dei New Jersey Jets. All’anatroccolo ceco _ non brutta ma nemmeno bella _ Petra Kvitova quasi nessun giornale aveva dedicato spazio. Nell’azzardare un pronostico per la finale femminile tutti gli addetti ai lavori e le stesse ex tenniste _ con la solita logorroica Martina Navratilova e la più discreta Jana Novotna, ultime campionesse ceche a Wimbledon _ non avevano fatto che sottolineare ed enfatizzare, nell’immediata vigilia della finale femminile, sia l’efficacia del gran servizio mancino di Petra Kvitova sia la superiore esperienza di Maria Sharapova.

Quelle due sembravano le chiavi della vittoria per l’una e per l’altra tennista.

La finale, vinta dalla ragazza ceca forse ancor più nettamente di quanto dica il risultato (6-3,6-4 in un’ora a 25 minuti), ha detto invece che si erano sbagliati un po’ tutti, chi scrive compreso. E si era sbagliato anche chi aveva ribattezzato la Kvitova “Miss four shots” con ciò intendendo dire che al quinto scambio la ragazzona di Fulnek, cittadina di 6.000 anime non lontana da Ostrava e dal confine polacco, avrebbe regalato l’errore non forzato. La Kvitova ha mostrato una potenza impressionante, ha tirato dritti lungolinea degni di un altro grande ceco che era nato dalle sue parti, Ivan Lendl (Ostrava) e, come ha detto lei stessa, “Ho servito meno bene di come speravo”, ma ha risposto alla grande. Infatti ha strappato cinque volte in otto turni di servizio la battuta a Maria, e lo ha fatto 3 volte a 30, 1 a 15, una ai vantaggi, ma aveva avuto una pallabreak anche nell’ottavo game del primo set quando la Sharapova ha messo a segno il primo ace.

Petra ha messo a segno l’unico ace proprio sul matchpoint e, contagiata da Maria (6 doppi falli, meno del solito) ne ha fatto tre anche lei, due dei quali nello stesso game (il secondo del set) che è riuscita ugualmente a salvare. Ma anche lei si è fatta strappare la battuta due volte subito dopo aver fatto il break a Maria, rischiando quindi fortemene di rimettere in corsa la tennista russa. Quest’ultima, va detto, mi ha molto deluso. Anziché cercare di variare un minimo il gioco, di tirare qualche dritto un pochino più liftato (quando ne ha fatti due o tre ha fatto il punto) ha preteso di fare a pallate e ha dimostrato di non avere un piano B. Tirava solo forte contro una ragazza che tirava più forte di lei. Ed era spaventosamente lenta nel riprendersi dall’esecuzione del proprio servizio, tant’è che si è spesso ritrovata la risposta anticipata e possente dell’avversaria nei piedi. A che serve l’esperienza se non se ne utilizzano gli insegnamenti? Se ne è parlato anche in conferenza stampa, quando le ho chiesto: Non puoi cambiare ritmo o fare qualcosa invece di tirare solo forte? "Beh questo è tennis sull'erba, Non sono il tipo che cambia ritmo, So che (rivolta a me) sei un giornalista italiano. Non ho lo slice di Francesca Schiavone o il suo topspin con il dritto...". Questa è stata la sua risposta, invero un tantino deludente, perchè ammettere di avere un solo tipo di gioco è un bel limite no?

Avevo scritto nei giorni scorsi che la Kvitova, che era la mia favorita del torneo dalla settimana scorsa (cioè dopo che avevo notato che le Williams non erano loro e che la stessa Sharapova, pur non avendo perso un set, non aveva assolutamente corretto le proprie defaillances al servizio), era tennista di talento. Qualcuno dei lettori mi ha contestato dicendo che Petra è solo capace di tirare randellate. Quei lettori non hanno tutti i torti perché è vero che lei picchia fortissimi sia di dritto sia di rovescio, però è anche vero che riuscire a coordinarsi in corsa e tirare come tira lei richiede talento (ad esempio Tsonga, che sa fare altre cose, quando è messo male con i piedi, tira la palla dappertutto fuorchè in campo).

Ha anche coraggio Petra, difatti non ha tremato quando ha servito per il match sul 5-4 e difatti ha vinto il game a zero. Ha giocato anche un paio di smash al volo per nulla facili. Poi ha commesso anche terribili ingenuità, un paio di errori clamorosi su palle al rimbalzo sulla rete, una di rovescio e una di dritto che parevano imperdonabili…ed invece una Sharapova poco aggressiva l’ha perdonata. A me pare davvero incredibile che Maria non sia riuscita, con l’aiuto di qualche coach (possibile che con tutti i soldi che ha non riesca a trovarene uno buono? Hogstedt non lo sa fare? ), a rimediare a quel lancio di palla assurdo, due metri sopra la sua testolina bionda, che è diventato un handicap spaventoso: batte magari forte ma non riesce a dare una minima variazione alla palla, e sulla seconda basta che un refolo di vento gli sposti la palla di un centimetro oppure il suo movimento non sia identico servizio dopo servizio perché lei perda la giusta sincronia.

Tutti i giocatori devono essere in grado di lanciarsi la palla più bassa, perfino Elena Dementieva che faceva dozzine di doppi falli a match aveva imparato negli ultimi anni a tirarsi la palla più bassa, magari un po’ più spostata sulla destra, per giocare uno slice quasi sempre prevedibile ed esterno, ma comunque in grado di aprirsi il campo nei punti pari e poi non facilmente contrattaccabile.

Sono ormai tante le partite che Maria perde per via di quel servizio. Che aspetta a provi rimedio?

Della Kvitova si dice che l’unica cosa che ispira paragoni con la Navratilova è che è ceca e che è mancina. Non c’è dubbio che il gioco è assolutamente diverso. Martina era un’attaccante naturale, una delle ultime intepreti del serve&volley e aveva una gran mano. Petra attacca da fondo, da lì fa i punti, e non solo con il dritto che non è facile leggere _ lo gioca con disinvoltura in entrambe le angolazioni _ ma anche con il rovescio bimane (altra differenza con Martina che lo giocava rigorosamente ad un mano).

Ma un’altra cosa in comune ce l’hanno: hanno vinto entrambe il primo Wimbledon a 21 anni. Martina ha poi vinto Wimbledon altre 8 volte, nonostante avesse avversarie toste come la Goolagong e la Evert, prima di imbattersi nella Graf e la Martinez (che la sorprese nel ’94 quando tutti si attendevano il decimo trionfo). Petra potrebbe avere il vantaggio, nei prossimi anni, di una concorrenza non straordinaria e, in particolare, di poche tenniste adatte al tennis sull’erba.

La sua miglior risposta, nella conferenza stampa peraltro piuttosto piatta come tutte le sue (un po’ colpa del suo modesto inglese, un po’ della timidezza, un po’ degli scarsi interessi che la ragazza di Fulnek mostra di avere) è stata data a quel cronista che prima le ha chiesto se essere mancina era un vantaggio e poi le ha ricordato che lei era soltanto la terza mancina ad aver vinto questo torneo, con Martina Navratilova e Anna Haydon Jones (nel ’69): “Allora forse non è un grande vantaggio” ha risposto pronta la ragazza dagli occhi ipertiroidei allenata da David Kotyza, ex allenatore di Lucia Safarova. “Ma nei prini anni è stato il mio papà Jiri a farmi da allenatore…lui giocava bene, mia madre invece no.”

Oggi Jiri Kvitov è vicesindaco del suo piccolo villaggio. Ieri pareva impazzito, ad ogni punto della figlia esultava come un esagitato. Ma un esagitato simpatico…che la figlia avrebbe voluto tenere a casa (“Temevo che mi distraessero, sono arrivati tutti invece, i miei genitori, i miei due fratelli…alla fine piangevano tutti”). Piangeva anche lei. Sul centre court con il viso nascosto nell’asciugamano, e poi più tardi quasi ad ogni intervista televisiva. “Mi renderò conto di aver vinto Wimbledon soltanto fra qualche giorno, a casa mia”. Lo scorso anno le bastò arrivare in semifinale per perdere cinque tornei di fila al primo turno. Quanti ne dovrà perdere quest’anno?

Resta il fatto che un piccolo Paese come l’ex Cecoslovacchia ha dato al tennis un bel mucchio di campioni e/ di eccellenti giocatori, da Drobny, a Martina, alla Mandlikova, alla Novotna, a Kodes, Petr Korda, Karel Novacek, Tomas Mid e Berdych, senza trascurare due slovacchi come il campione olimpico Miloslav Mecir e Martina Hingis. Marian Vajda, altro slovacco, questa domenica potrebbe vincere Wimbledon come coach di Novak Djokovic. Rafa Nadal permettendo.

Ubaldo Scanagatta

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