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20/08/2011 15:05 CEST - VERSO LO US OPEN

10 anni dopo...Lleyton Hewitt

TENNIS - Nel 2001 Hewitt vinceva lo Us Open in finale su Sampras, l’inizio di un periodo d’oro in cui conquistò il gradino più alto del ranking e Wimbledon. Oggi ne ripercorriamo la carriera, in attesa che gli venga concessa una wild card a Flushing Meadows: la classifica infatti lo costringerebbe alle qualificazioni. E pensare che è stato valutato il terzo giocatore più forte degli anni 2000 dopo Federer e Nadal. Teo Gallo

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Nell’era di Federer e Nadal diversi giocatori di talento hanno dovuto inchinarsi ai due fenomeni, con atteggiamenti differenti. C’è chi ha preferito accontentarsi di ruoli da comprimario e tornei minori ( i talentuosissimi Safin e Haas, Blake, Mano de Piedra Gonzalez) e chi invece ha continuato a lottare con grande dignità, pur scontrandosi regolarmente con i top 2, soprattutto lo svizzero. Tra i lottatori c’è stato Roddick. Nalbandian. E Lleyton Hewitt. La giornalista Linda Pearce, firma di punta del quotidiano "The Age", si domanda come vada giudicata la carriera di Hewitt ora che la sua classifica Atp gronda sangue (come il cuore di qualcuno in Italia) al 165esimo posto e la sua partecipazione a Flushing Meadows è legata alla disponibilità di una wild card da barattare con un posto agli Australian Open per un giovane americano.

Hewitt è stato nominato alla fine del 2009 come il terzo miglior giocatore della decade dall'Atp. Una scelta che si può discutere, ma fino a un certo punto. Dieci anni fa l’australiano vinse lo Us Open in finale su Sampras, una vittoria netta che fece dire a Pistol Pete “Questo ragazzo ha la miglior risposta in circolazione, un servizio in continuo miglioramento. E’ un grande giocatore e lo vedrete competere per la vittoria su questi campi nei prossimi 10 anni”. Certo Sampras non poteva sapere che in quei 10 anni Federer avrebbe battuto il suo record di vittorie nei Majors e lasciato agli altri solamente le briciole. Tantomeno poteva sapere che un giovane spagnolo avrebbe rivoltato come un calzino il circuito nella seconda metà della decade.
Hewitt è stato un numero 1 da diversi punti di vista. Lo è stato ufficialmente per il ranking per un periodo di tempo considerevole, ben 75 settimane. Chiuse l’annata 2001 in testa alla classifica Atp , il più giovane di sempre a 20 anni e 8 mesi. E’ stato naturalmente il numero 1 australiano fino a pochi mesi fa, quando Bernard Tomic lo ha superato in classifica e forse nei cuori dei tifosi australiani. Lo è stato per il suo carattere spregiudicato, la sua voglia di non mollare mai nemmeno quando da Federer prendeva delle scoppolate clamorose. E ha dimostrato la sua forza d’animo e il suo lignaggio in più di una occasione, l’ultima forse poco più di un anno fa, quando ha vinto il 28esimo torneo della carriera, battendo in finale ad Halle proprio Federer dopo essere stato sotto di un set.

Dei 28 tornei vinti, due sono Majors. Oltre alla vittoria su Sampras a New York, che Lleyton ricorda fu rovinata qualche giorno dopo dalla tragedia dell’11 settembre, ha vinto l’ultimo Wimbledon prima dell’era Federer. Già vincitore al Queen’s e Hertogenbosch l’anno prima, Hewitt arrivò a Wimbledon da testa di serie numero 1 e perse due soli set in tutto il torneo, nei quarti di finale contro la meteora olandese Sjeng Schalken. La finale contro il sorprendente Nalbandian fu una formalità chiusa per 6-1 6-3 6-2. Purtroppo per lui l’anno successivo fu sconfitto al primo turno da Ivo Karlovic, diventando il primo campione in carica nell’era Open ad essere eliminato al primo turno. Ma al di là di questi due trionfi negli Slam, che ne fanno comunque un papabile per la Hall of Fame, l’immagine che si ha di lui è quella di un giocatore spettacolare, mai domo, bello da vedere, mentalmente stabile. Contro Federer ha perso 15 partite consecutive tra il 2004 e il 2010, alcune con punteggi pesanti, ma quasi sempre ha lottato su tutte le palle e non ha mai dato l’impressione di sentirsi inferiore. Scambi incredibili come questo non erano una rarità quando Hewitt e Federer si incontravano. Come Roddick, Hewitt ha sempre rispettato molto il Maestro svizzero, pur nella frustrazione di sapere che senza di lui i successi, la gloria e i soldi sarebbero stati molto superiori. Quattro volte campione al Queen’s, 2 titoli a Indian Wells e due volte campione del Master di fine anno disegnano un giocatore vincente, che nel 2001 sembrava destinato a vincere almeno 5-6 tornei dello Slam sul veloce. Sarebbe però sbagliato considerare Hewitt un erbivoro puro: la sua predisposizione e la capacità di adattarsi, insieme al talento cristallino, gli hanno permesso di vincere un paio di tornei anche sulla terra rossa, seppur di secondo piano (Delray Beach e Houston nel 2009). Anche in Coppa Davis Hewitt ha fatto la sua parte, portando gli Aussie a vincere due insalatiere, nel 1999 e nel 2003, oltre ad aver disputato altrettante finali.

Il grande cruccio rimane sicuramente non essere riuscito a vincere l’Australian Open: il suo miglior risultato nel torneo di casa fu la finale persa abbastanza nettamente contro Safin nel 2005 dopo aver dominato il primo set. Un Safin comunque in gran spolvero in quel momento della carriera.  Dal 2006 in poi il suo rendimento è stato condizionato dagli infortuni, ma ogni volta l’australiano è riuscito a tornare in campo in forma fisica sufficiente per dare battaglia: Hewitt è sempre stato un tennista che raramente perdeva contro giocatori con una classifica peggiore della sua.  Le parole di coach Stoltenberg sono ovviamente di parte, ma contengono delle verità: “Lleyton è uno degli agonisti più genuini che abbia conosciuto. Ha sempre avuto la capacità di vedere uno spiraglio di luce, non importa quanto complicata fosse la situazione. Vedeva la possibilità di uscirne, là dove la maggior parte dei giocatori non avrebbe visto nulla. Non sarà facile smettere per uno come lui”.

Teo Gallo

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