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24/06/2010 02:58 CEST - Wimbledon day 3

I cavalieri che fecero l'impresa

Mahut e Isner giocano la partita che batte ogni record. Queste le storie dei due protagonisti più inattesi di una delle pagine indelebili nella storia di questo sport. Mastroluca e Comuniello

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Eroi per un giorno, eroi per sempre

Avete presente il racconto di Osvaldo Soriano sul rigore più lungo della storia? Ecco, questa partita l'avrebbe potuta scrivere Soriano. Due sospensioni per oscurità, a Wimbledon, senza che cadesse nemmeno un goccio di pioggia. Ed una pioggia di aces per due personaggi che vengono da storie diverse

Mahut, la roccia umana

A 18 anni si sarebbe detto un predestinato. Non è da tutti vincere il titolo juniores di Wimbledon, peraltro battendo Mario Ancic in finale. Nicolas Mahut è un "erbivoro"
naturale, uno specialista della superficie più affascinante e più anomala del tennis. Eppure, nonostante il suo tennis d'antan, il suo serve and volley costante e i rovesci slice che
si adattano perfettamente all'erba, ha fatto fatica a sfondare.

Ed è curioso pensare che, quando ha raggiunto il suo risultato più prestigioso finora in carriera, la finale al Queen's del 2007, era numero 106 del mondo. Eppure Mahut scopre
il tennis con la finale del Roland Garros 1989 tra altri due predestinati, Chang e Edberg.

All'erba londinese, nel torneo che allora ancora si chiamava Artois Championships, in onore alla birra che lo sponsorizzava, è legato il suo più bel ricordo tennistico. il quarto
di finale contro Nadal rimane memorabile. E' il 15 giugno 2007: Mahut deve giocare due partite nello stesso giorno. Batte Ljubicic 76 63 e poi Nadal 75 76, senza lasciare al
maiorchino, che dopo pochi giorni sarebbe arrivato in finale a Wimbledon, nemmeno un punto nel tiebreak del secondo set.

Dopo aver superato Clement, Mahut arriva in finale, e lì dà evidenti segnali che alla tecnica si abbina una forza mentale per certi versi superiore anche ai risultati raggiunti. Il
match dura 137 minuti, Roddick vince 46 76 76 (qui il discorso di Mahut dopo la sconfitta-http://www.youtube.com/watch?v=iA8sT6m2J6w) ma, nonostante i 24 aces, è A-
Rod l'unico a perdere il servizio nel match, sul 4-5 nel primo set, quando un suo tentato vincente lungolinea termina largo. Mahut gli aveva concesso, nel game precedente, una
sola palla break, annullata con una volée bassa di dritto che aveva costretto l'americano all'errore: sarà la sola del match.

Mahut però non sfonda, gli manca il colpo del ko: a volte, a dispetto della forza mentale innegabile, ha qualche pausa di troppo quando non dovrebbe. Ha anche un match
point, sul 7-6 nel tiebreak del secondo set, ma il passante di dritto termina sul nastro. Un segno del destino, un marchio di un "vorrei ma non posso" che ne ha spesso limitato,
insieme agli infortuni, le prospettive di carriera. Quella del Queens rimane la prima delle sole due finali giocate in carriera, l'altra l'ha persa con Santoro, il giocatore che più gli
piace veder giocare, a Newport.

A Wimbledon aveva giocato era arrivato altre due volte al quinto set, contro Tursunov nel 2008 e Vliegen nel 2009: nel primo caso era stato sotto due set a zero, nel secondo
due set a uno. Oggi è il suo giorno: il numero 148 del mondo, che adora Matrix, ha giocato una partita che sembra uscita dritta dritta dal mondo parallelo di Neo. L'incontro che ha tolto ogni dubbio: gli "attributi" proprio non gli mancano. Peccato che riesca a
giocare al meglio praticamente per un mese l'anno.


Isner: il tiebreak nel sangue

Isner, ovvero, per dirla alla Tommasi, il giocatore che ha giocato il maggior numero di tie-break in rapporto ai set giocati.

Americano di Greensboro, nato il 26 aprile 1985, è alto due metri e 06, cioè è il giocatore più alto dell'Atp dopo Karlovic.

Come molti americani ha scelto la carriera universitaria prima di entrare nei pro. Ha giocato per l'Università della Georgia tra il 2004 e il 2007 ottenendo in ciascuna stagione tutti gli onori. Nel 2007 perde la finale NCAA in singolare contro Somdev Devvarman 7-6 al terzo ma guida il college al titolo nazionale di squadra.

“Allora”, ha spiegato in un'intervista all'Atp, “non avevo aspirazioni da pro: volevo solo una borsa di studio per il college. Ma lì ho capito che ero un buon tennista: così è iniziato il mio sogno”.

Un sogno che l'ha portato, al primo anno da pro, alla sua prima finale nel circuito, persa a Washington con Andy Roddick. Ne ha giocate altre tre. Due le ha perse, sempre contro Sam Querrey. L'ultima a Belgrado, la prima finale tutta made in Usa sulla terra europea dopo Agassi-Courier al Roland Garros 1991: ha avuto anche un match point a favore, ma alla fine ha dovuto cedere.

E' il numero 19 del mondo, sua migliore classifica di sempre. Lo vedi e dici che ha solo il servizio. I risultati dicono che ha anche un dritto ed un tennis in generale migliore di quello dell'altro bombardiere, Karlovic. Lo vedi e dici che non si muove sul campo. Invece, a meno che tu non lo costringa a giocare dieci ore in due giorni a Wimbledon contro Mahut, si muove anche abbastanza bene. E la storia non è finita...

Gianluca Comuniello

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker