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08/07/2010 00:54 CEST - Torino Challenger

Bolelli riparte da Torino

A Torino, il bolognese batte quattro italiani - tra cui Seppi e Starace - soffre, lotta e porta a casa il suo quinto titolo challenger in carriera. Che sia questa la sua vera dimensione? Francesco Ferrando

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Di Bolelli si può dire tutto, tranne che soffra i derby. Negli ultimi dodici mesi, l'unico italiano in grado di sbatterlo fuori da un torneo è stato Filippo Volandri, al challenger di Roma, a fronte di altre sette vittorie su connazionali. Anche in questa chiave si può spiegare la vittoria di Simone nel Turin Challenger, dove ha incontrato come unico straniero il pericoloso Daniel Gimeno-Traver. D'altra parte, mentre sui prati ormai terrosi di Wimbledon si decidevano le sorti dei primi giocatori al mondo, gli italiani si davano appuntamento allo Sporting Club di corso Agnelli per salvare sulla terra (quella vera) almeno il salvabile. C'erano quasi tutti a eccezione di Fognini, rimasto a riposo: Potito Starace e Andreas Seppi - le prime due teste di serie - Paolo Lorenzi, Flavio Cipolla e Gianluca Naso, per citarne alcuni.

Statistiche a parte, il percorso di Bolelli è stato tutt'altro che agevole: dopo il facile esordio contro Fabbiano, al secondo turno lo aspettava Andreas Seppi. Era successo una sola volta che i due si incontrassero - nel 2008 a Monaco - e anche allora fu sul rosso. Simone era uscito vincitore da un match tiratissimo, finito 6-4 7-6, ma questa volta la storia pareva capovolgersi in un fiorire di palle break sciupate da entrambi, Seppi strappava il servizio al bolognese al terzo gioco e tanto bastava per portare a casa il set. Bolelli scappava avanti 4-2 nel secondo, ma si faceva recuperare, cominciando però il tiebreak come meglio non si potrebbe: in vantaggio di quattro punti a zero. Sette a quattro il punteggio finale e partita virtualmente conclusa: nonostante le amorevoli cure e gli ormai abituali incontri con la borsa del ghiaccio nei dopo partita, il ginocchio di Andreas si ribellava, costringendolo al ritiro sul finire del terzo set.

Il più sembrava fatto, almeno per un posto in semifinale, ma non era così d'accordo Alessio Di Mauro, che nei quarti teneva testa a Bolelli per quasi tre ore, rifilandogli anche un elegante cappotto (estivo, per carità) nel secondo set. Intanto Gimeno-Traver decideva di fare un piacere a se stesso e al bolognese, rimontando Filippo Volandri da uno svantaggio di 4-1 (e servizio contro) nel set decisivo. Favore non si sa quanto gradito a Bolelli, visto che Filippo aveva dichiarato in precedenza di non essere in perfette condizioni ed era reduce da un duro incontro con Gabashvili.
Il valenciano invece è in palla, eccome: Simone resiste come può, recupera un break al decimo gioco, ma cede il primo set per 7-5. Nel secondo, però, i due si ritrovavano appaiati a un passo dal tie-break. E a questo punto, in una manciata di game, il bolognese mette a segno un inaspettato scacco matto in due mosse. Per prima cosa strappa il servizio allo spagnolo e chiude il secondo set con punteggio speculare al primo. Poi recupera da 0-40 all'inizio del terzo set e conquista, nel game successivo, il break che vale la finale.

Dal canto suo, Potito si presentava all'appuntamento decisivo con l'abito migliore: la livrea di favorito per il titolo e una vittoria in semifinale contro l'argentino Berloq - vincitore la settimana precedente a Reggio Emilia - al quale aveva lasciato l'unico set perso per strada nel torneo. Soprattutto, Starace poteva contare sulle cinque vittorie ottenute sulla terra contro il bolognese, a fronte dell'unico precedente, sul cemento di Sidney, a favore di Bolelli.
Ma il caldo, come spesso i giornali amano ricordarci, gioca brutti scherzi e la partita è durissima fin dall'inizio. Potito parte a razzo e arriva fino al 4-1, ma Bolelli recupera per l'ennesima volta, salvando anche un set point sul proprio servizio. I due restano appaiati anche nel tiebreak, fino a quando il bolognese salva altri due set point e chiude per 9-7. Da questo punto in poi la partita cambia padrone: Starace appare provato e Simone prende il largo. Il match si chiude con il punteggio di 7-6 6-2 e Bolelli conquista il suo quinto titolo challenger.

Diciamo subito che tre mesi fa una simile vittoria sarebbe stata un confortante segnale di ripresa, ma allo stato attuale dell'arte è meglio andarci cauti.
Nel mezzo Simone ha raccolto una semifinale a Barletta e una finale a Biella, ma anche alcune imbarazzanti sconfitte, come quella contro Andujar a Parigi. La scelta stessa di non presentarsi alle qualificazioni di Wimbledon per andare subito a perdere nettamente a Reggio Emilia (seppure col già citato Berloq) ha fatto storcere il naso a molti, anche se gli ha garantito la freschezza necessaria per portare a casa questo titolo. Va anche ricordato, non ce ne vogliano gli aficionados di Seppi e Starace, che il seeding di Torino non era esattamente stellare. Il fatto che si ritrovi a lottare così tanto e che gli unici risultati arrivino nei challenger, avanza il dubbio che proprio quella dei tornei minori rischi di essere la dimensione più adatta a questo Bolelli, almeno per ora.

Detto questo, però, Simone ha pur sempre lottato: il Bolelli che non vinceva neppure contro gli zombi sembra storia passata. Dal torneo di Barletta in poi, il bolognese ha raccolto un più che dignitoso score di 22 vittorie contro 10 sconfitte, è un giocatore che crede di nuovo in se stesso, che sa vincere partite complicate (12-6 il suo record 2010 nei tie-break) e ha avuto l'umiltà di rimettersi in discussione ripartendo dal circuito minore. Con i punti guadagnati a Torino è risalito di oltre venti posizioni in classifica, riportandosi a ridosso dei primi cento, con la possibilità di entrare direttamente nel main draw agli Us Open. Ma la cosa più importante - come fa notare Riccardo Bisti - è che da settembre a marzo del prossimo anno non avrà praticamente punti da difendere.
Ora ha un'opportunità e toccherà a lui dimostrare di meritare un posto tra i protagonisti del circuito. Per uno coi suoi mezzi, una carriera in bilico tra challenger e qualificazioni sembra un'eresia ma, a venticinque anni, certi treni è sempre meglio non perderli.

Francesco Ferrando

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker