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22/07/2010 11:00 CEST - PROFILI

Almagro VII° “Re” di Spagna

Con la fresca vittoria nel 250 di Bastad ai danni di un Soderling intermittente (sesta sconfitta stagionale patita contro un iberico), Nico è il settimo spagnolo in questo 2010 a conquistare almeno un trofeo. Salgono così a 14 le vittorie stagionali per la Spagna (soltanto 3 lontane dalla terra), grazie anche a Montanes vincitore a Stoccarda contro Monfils. Dominio assoluto o concorrenza imperfetta? Antonio De Rose

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Sono passate appena due settimane dal secondo trionfo di Rafa Nadal a Wimbledon (soltanto una invece dalla vittoria della nazionale di Calcio in Sud Africa), e se in Spagna si è particolarmente attenti ai festeggiamenti e agli aggiornamenti degli albo d’oro come sembra, i tifosi (spagnoli e non solo) avrebbero nuovamente di che esultare, chiaramente con le dovute proporzioni.
In terra di Svezia è arrivata la vittoria n°14 in stagione per la Spagna con la racchetta, la famigerata “armada spagnola”. Protagonista di turno è Nicolas Almagro, n°18 questa settimana, e settimo spagnolo nel 2010 a urlare “vamos” alla domenica con un trofeo in mano (o a mordicchiarlo, se preferite). Un vamos forse un po’troppo esagerato quello urlato al cielo da Almagro a fine match – dopo il doppio fallo di Soderling che gli ha consegnato il titolo – ma, conoscendo il carattere del giocatore di Murcia (e anche quello di Soderling quando ha di fronte uno spagnolo), non del tutto inaspettato. Da contorno a tutto questo, un pubblico da Nobel, che non ha, nemmeno per un istante, accennato ad urla o fischi contro lo spagnolo, sempre se l’audio della Tv era effettivamente quello proveniente e prodotto a Bastad.

Gli inizi

Nato quasi 25 anni fa a Murcia, settima (guarda un po’) città spagnola per numero di abitanti, Almagro già da giovanissimo fa intendere che sarebbe diventato un giocatore di alto livello.
Non ancora quindicenne, nel lontano 2000 conquista i suoi primi punti Atp grazie ad alcune sporadiche apparizioni nei futures di casa. È però due anni dopo che approda tra i primi 1000 giocatori del mondo, chiudendo la stagione al n° 725.
Il 2003 è l’anno del grande balzo: soltanto 365 giorni dopo aver iniziato la stagione a ridosso dei 700, il giovane spagnolo chiude l’anno alla posizione n° 156, preludio ad una maturazione tennistica imminente in fase di completamento; a conferma l’ingresso nei 100 l’anno successivo (siamo nel 2004), grazie alle prime vittorie nel circuito challenger (saranno tre a fine anno, tra cui quella a Barletta).
Che il giovane Nico avesse del talento era lampante. Particolarmente propenso al gioco da fondo (non solo su terra come il suo passaporto lascerebbe immaginare) grazie agli ottimi fondamentali in proprio possesso – in primis quel rovescio “monomane” sempre più raro da commentare e insegnare – Almagro ha sempre espresso un tennis divertente e allo stesso tempo solido (tranne che di testa forse): un ottimo servizio (a fine stagione negli ultimi anni quasi sempre “top 10” nella classifica degli aces), un diritto incisivo (a suo dire il miglior colpo) e quel rovescio stilisticamente impeccabile cui accennavamo, hanno contribuito negli anni a presentarlo al grande pubblico, e a fargli battere un top10 per la prima volta nel 2005: il teatro era il Foro Italico, l’avversario un Marat Safin all’epoca n°4 del mondo.

I primi successi

Nonostante questo magnifico risultato, Nicolas dovrà attendere ancora un anno per portare a casa il suo primo trofeo nel circuito maggiore, arrivato nel 2006 a Valencia dopo la vittoria su un giovanissimo Gilles Simon (torneo rivinto anche l’anno successivo ai danni questa volta del nostro Potito Starace). Il 2006 è anche l’anno della sua prima sconfitta in una finale, arrivata proprio a Bastad per mano di Ferrer.
L’anno della definitiva consacrazione è il 2008: titoli ad Acapulco e Costa do Sauipe (sconfitti Moya e Nalbandian) conditi dalla finale di Valencia (persa ancora da Ferrer), e best ranking al n°11.
Ad arricchire il palmares, nel 2009, contribuirà la seconda vittoria ad Acapulco (battuto Monfils), l’ultima prima della vittoria a Bastad di ieri.
Si può dire dunque che lo spagnolo vince e perde sempre negli stessi posti: Valencia (2 vittorie e una sconfitta), Acapulco (2 vittorie), Bastad (1 vittoria e una sconfitta) e Costa do Sauipe (1 vittoria). Bilancio dunque nelle finali di 6 vittorie a fronte di 2 sole sconfitte.
Per quanto riguarda invece i tornei dello slam, com’è ovvio che ci si aspetti, la miglior prestazione è stata registrata al Roland Garros, quando nel 2008 e nel 2010, raggiunge i quarti di finale. Mai oltre il terzo turno invece a Wimbledon e a New York, mentre a Melbourne, proprio quest’anno, ha raggiunto gli ottavi di finale.

La collaborazione con Perlas

Jose Perlas, suo allenatore dallo scorso settembre, avrebbe dichiarato alla stampa e allo stesso Almagro di pretendere che non perdesse (eccetto qualche chilo) da giocatori di classifica inferiore viste la potenzialità dell’“assistito”, e fino a questo momento pare proprio che la “promessa” sia stata mantenuta: se si escludono infatti le sconfitte contro Seppi e Istomin su erba (superficie su cui nemmeno lo spagnolo scommetterebbe su se stesso, e su cui crediamo non avere chissà quali ambizioni), le uniche altre sconfitte contro giocatori più “scarsi” sono 4, arrivate per mano di Gicquel, Gimeno Traver, Chiudinelli e Hewitt (quest’ultimo in ogni caso ex n°1 al mondo).
Rigenerato dalla “cura Perlas”, ha raggiunto nel corso di quest’anno la semifinale a Madrid (in cui ha strappato un set a Rafa Nadal), i quarti a Parigi (sconfitto sempre da Rafa), oltre ai quarti ad Acapulco, Miami e Monaco, sconfitto in queste tre occasioni, rispettivamente da Ferrero, Roddick e Cilic, due ex numeri 1 e un top10, sconfitte che ci stanno. 29-17 il suo record stagionale (19-10 su terra).

La questione Spagnola

Riallacciandoci al tema iniziale, la Spagna pare essere sempre più protagonista in questa stagione: 14 tornei vinti da 7 giocatori diversi, nell’ordine Nadal, Verdasco, Montanes, Ferrer, Ferrero, Lopez e naturalmente Almagro, i quali hanno racimolato la bellezza di 2 tornei dello slam, 3 master 1000, 2 Atp 500 e 7 Atp 250, sconfiggendo nei tornei in questione (Roland Garros, Wimbledon, Montecarlo, Roma, Madrid, San Josè, Barcellona, Estoril, Stoccarda, Acapulco, Costa do Sauipe, Bueno Saires, Johannesburg, Bastad) ben 8 tra i primi 10 al mondo, essendo top10 di fatto solo Nadal e Verdasco. Si pensi che la seconda nazione in questa particolare classifica sono gli Stati Uniti, con 7 vittorie (la metà) arrivate per mano di quattro tennisti (Roddick-Isner-Querrey-Fish). Seguono poi la Croazia e la Francia con 3 vittorie ciascuna, arrivate soltanto grazie a due giocatori (Cilic e Ljubicic per la Croazia, Llodra e Gasquet per i transalpini).
Come mai tutto questo?
Merito del sistema organizzativo nazionale spagnolo e della sbiadita concorrenza, oppure trattasi solo di “concentrazione” delle nascite di grandissimi campioni negli anni ‘80?
Insomma: “una formalità, o una questione di qualità?”(cit.)
A voi la risposta.

Antonio De Rose

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