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29/07/2010 13:22 CEST - atp tour

Murray : è tempo di cambiamenti

Lo scozzese, ancora a secco di titoli del Grande Slam, mette la parola fine al rapporto con Miles Maclagan. Darren Cahill il favorito tra i possibili successori. Luca Labadini

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“Ho avuto un rapporto splendido con Miles nel corso degli ultimi due anni e mezzo e voglio ringraziarlo per l’impatto positivo che ha avuto sulla mia carriera. Abbiamo avuto successo e ci siamo divertiti insieme.” “ E’ stato un privilegio poter lavorare con Andy e sono felice di aver contribuito ai suoi successi. Voglio ringraziare anche il resto del team. Mi mancheranno. Andy è un gran giocatore e sono sicuro che raccoglierà tutte le vittorie che merita”.

Con queste laconiche quanto scontate dichiarazioni di circostanza, si è chiuso il rapporto fra Andy Murray e Miles Maclagan. Ad ufficializzare la notizia è stato il sito internet dello stesso giocatore, da cui si apprende anche che la decisione è scaturita in seguito a una “review of his coaching needs”. Nella sostanza, una maniera elegante per far sapere di considerare la figura di Maclagan di troppo e non più strategica all’interno del team tecnico del tennista, in cui peraltro sono stati confermati sia Jez Green (trainer) che Andy Ireland (fisioterapista). Per provare a ricercare i motivi che hanno portato al divorzio occorre fare un passo indietro, per la precisione al Marzo 2008, momento in cui Murray decide di avvalersi dei consigli dello spagnolo Alex Corretja. Grande protagonista sui campi in terra rossa ed ex numero due mondiale, il ruolo di Corretja era stato ritenuto fondamentale proprio nell’ottica di ottenere quei progressi sul lento in cui invece Murray aveva palesato grandi difficoltà.

La collaborazione fra i due ha soddisfatto entrambe le parti, tanto che lo scozzese ha in seguito deciso di affidarsi ai sapienti consigli dello spagnolo anche per la stagione sul cemento, estendendo la loro partnership a 4 mesi l’anno. Il ruolo di Corretja, assunto inizialmente come consulente part-time, ma divenuto negli ultimi tempi sempre più strategico, non poteva non indispettire Maclagan, che sentitosi messo ai margini e visto diminuire la propria autorità, non ha mancato di esprimere il proprio malumore verso il talento di Dunblane. Desiderio di Murray era che i due continuassero a convivere all’interno dello stesso team , ma nel corso delle ultime settimane non ha potuto far altro che prendere atto dell’impossibilità di dare continuità a tale progetto. Decisivo, in questo senso, un briefing “a tre” svoltosi a Miami, al termine del quale lo scozzese ha preso la dolorosa decisione.

Aver compiuto questo passo non è stato né semplice né tantomeno piacevole. D’altronde, era comunque inevitabile, perché avevamo visioni diverse su molti aspetti e non potevamo più continuare. Io, per essere sereno, ho bisogno di sapere che tutti i membri del mio team siano convinti al 100% che restare con me sia la cosa migliore e giusta da fare. Se non è così, meglio per tutti fermarsi.” Costretto di fatto ad operare una scelta, Andy ha deciso di tagliare i ponti con Maclagan ed è volato a Los Angeles con i soli Green e Ireland. Proseguirà con loro la preparazione in vista degli Us Open, e continuerà il suo rapporto di collaborazione con Corretja, che però non lo ha seguito in California . Sebbene sia atteso il suo arrivo negli Stati Uniti nel corso del mese di Agosto, lo spagnolo, padre di due figli e impegnato in televisione, ben difficilmente potrà accettare di diventare coach full time dello scozzese. Anzi, voci dell’ultim’ora indicano un possibile disimpegno dello stesso Corretja per fine anno.Per questo motivo, al termine del torneo di Flushing Meadows, Murray sarà probabilmente chiamato a decidere a chi affidarsi, e di conseguenza a comunicarlo ai media. I rumours di un possibile addio fra Andy e Miles erano già circolati in concomitanza con la secca sconfitta subita a Wimbledon contro Rafael Nadal.

Lo slam londinese , che per tutti i tennisti, ma in maniera inevitabilmente maggiore per Murray, rappresenta il torneo più prestigioso della stagione , lo ha portato evidentemente ad un bilancio ed a un consuntivo della sua giovane carriera, e lo ha indotto ad apportare dei cambiamenti . “ Semplici speculazioni”, era stato il commento di Murray ai media britannici, in particolare il Guardian, che avevano ipotizzato vita breve alla partnership fra i due protagonisti della vicenda. Il toto –allenatori è già partito, con un uomo in pole position: Darren Cahill. Il nome dell’ex tennista australiano, con un recente passato di coach di top players quali Lleyton Hewitt and Andre Agassi, era già stato accostato a quello di Murray alla viglia degli Australian Open di quest’anno. In quell’occasione, si era espresso così: “ Ora che è entrato a far parte del team Adidas, è il benvenuto a sedersi al tavolo con me e a fare due chiacchere. Tuttavia, è supportato da un grande team, è in ottime mani”. Ora che il team ha perso le mani di Maclagan, chissà che non provveda a sostituirle con quelle di Darren Cahill. Uomo Adidas e gestito della stessa agenzia di management che segue lo scozzese ed altri atleti dello spessore di Andy Roddick e David Beckham, (la 19 Entertainment di Simon Fuller) , detiene tutte le credenziali che ne farebbero il candidato ideale. Non ultima, una propulsione ad una tattica di gioco più offensiva dell’attuale.

Uscito traumatizzato dall’eccessiva esuberanza dialettica di Brad Gilbert ,Murray aveva trovato in Miles quella serenità e quell’umanità che gli hanno consentito di esprimersi al meglio. Qualcosa si è spezzato al termine degli Australian Open di quest’anno, in cui lo scozzese si è reso protagonista di un ottimo torneo, ma di una deludente finale, in cui la distanza fra lui e Federer è sembrata molto più evidente di quello che il suo entourage e lui stesso ritenevano. Quel profondo scoramento ha dato il via a una serie di riflessioni. Illuminanti in tal senso, le parole diPatrick Moratoglou, uno dei coach più celebri e stimati del circuito:” Il suo gioco manca ancora di chiarezza, e ho l’impressione che si accontenti di usare il suo talento solo per creare guasti nel gioco degli avversari. Forse, essere in possesso di molte opzioni di gioco, frena le sue qualità quando occorre passare all’offensiva. Murray ha bisogno di qualcuno in grado di mettere ordine nel suo tennis” Il binomio Murray-Maclagan ha fruttato 11 tornei dei 14 vinti dallo scozzese, due finali del Grande Slam, la scalata dal numero 11 al numero 2 del ranking Atp. Forse il fulco del problema sta proprio qui. Oggi il britannico è sceso al numero quattro, e il suo gioco sembra attraversare un’involuzione tecnica. I progressi del suo gioco non si vedono più, e non li vede nemmeno Murray.

La notizia del cambio di coach non puo certo aver colto di sorpresa chi aveva ascoltato le sue parole di poche settimane orsono.“Certo che ci credo ancora”, aveva detto lo scozzese a chi, dopo Wimbledon, aveva iniziato ad adombrare l’ipotesi che la vittoria in un torneo dello Slam possa anche non arrivare mai. “Non devo mai smettere di pensarlo, lavoro per quello ed è il mio obiettivo più grande. Detto questo, ancora non è successo e nessuno mi regalerà il trofeo. Per vincere un major, dovrò battere uno o due dei più grandi tennisti di sempre e devo alzare il mio livello. Penso di avere davanti ancora diversi anni come top player, ma devo lavorare di più e diventare più bravo”. Maclagan diventa così il terzo coach”congedato” da Murray negli ultimi quattro anni, dopo Mark Petchey nell’Aprile 2006 e Brad Gilbert nel Novembre 2007. È un momento di grande fermento nei rapporti fra tennisti di vertice e rispettivi allenatori. In uno scenario simile a quello di Murray, Djokovic ha risolto l’”affollamento” scegliendo lo storico Vajda a scapito di Todd Martin, Davydenko è stato abbandonato dal fratello che lo aveva seguito per tutta la carriera , e Roger Federer si è rivolto a Paul Annacone. Quanto ad Andy Murray, giunto al suo quinto allenatore, la speranza e’ , che dopo aver ritrovato la sua splendida fidanzata, recuperi al più presto il suo equlibrio e la sua convinzione. Soprattutto, che il bellissimo sogno di alzare il trofeo di un torneo del Grande Slam, non si tramuti in una maledetta ossessione.

Luca Labadini

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker