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05/11/2010 19:52 CEST - Rassegna Stampa del 5 Novembre 2010

Finale di Fed Cup, gli USA si aggrappano al pubblico per sconfiggere lo squadrone italiano (Semeraro, Lopes Pegna, Valesio, Piccardi, Giorni, Bisti)

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

Usa, scortesie per gli ospiti "La bolgia per battere l'Italia"

Stefano Semeraro, La Stampa del 5.11.2010

Mary Joe Fernandez, la capitana di Fed Cup degli Stati Uniti è una ex-tennista ed ex-ragazza molto «cool» ed elegante, sposata al manager di Roger Federer, ma alla vigilia della finale contro l'Italia - si inizia domani alle 21 italiane alla San Diego Sports Arena - si è vestita da Pippo Inzaghi e deciso che, persa per persa, alle padrone di casa conveniva fare ammuina. «Venite allo stadio e fate più rumore possibile», si è appellata ai (tiepidi) tifosi locali, infischiandosene allegramente delle cortesie per gli ospiti. «Portate tutto quello che avete, voglio che il pubblico si faccia sentire. Servirà ad esaltarci, e a darci morale se saremo sotto». Per vendicarsi dei parvenu, insomma, le padrone decadute hanno in mente un «italian job», un lavoretto all'italiana... La verità è che gli Usa per decenni hanno spadroneggiato nella Davis delle ragazze,ma oggi sono nettamente inferiori all'Italia griffata Schiavone & Pennetta. Nessuno ha vinto quanto le yankee nella storia della Fed Cup (17 titoli) ma l'ultimo urrah risale al 2000, più o meno il Pleistocene. Fino all'anno scorso contro di noi avevano passeggiato 9 volte su 9, a Reggio Calabria invece hanno beccato un «whitewash», un cappottone. Merito delle nostre, della terra e, va ammesso per onestà, dell'assenza delle sorelle Williams, che anche quest'anno non ci saranno. Le Panterone una coppa per la patria l'hanno ramazzata nel 1999, poi hanno iniziato a svignarsela al momento delle convocazioni: l'ultima epifania risale al 2007. Serena lunedì scorso è scivolata al quarto posto del ranking mondiale, ma quest'anno ha giocato la miseria di 6 tornei (contro i 22 della n.1 Wozniacki), salutando la compagnia dopo Wimbledon: colpa, sostiene lei, di un misterioso incidente al piede. Venus, n.5, ha sudato un filo di più (9 tornei). Prima del Masters di Doha si è fatta fotografare con le stampelle e citando un'operazione al ginocchio ha dato appuntamento a tutti al 2011, qualcuno ipotizza un ritiro definitivo. Si avvicinano ai 30 anni, le Williams, da tempo considerano il tennis un lavoro part-time, e prima di disertare al Masters la loro opinione sulle gare a squadre l'avevano fatta esprimere via Twitter a mamma Oracene: «Che barba, la Fed Cup». La morale è che Mary Joe per il secondo anno si troverà a disposizione la n.58 Wta Bethanie Mattek, famosa per i vestitini trash, la 19enne in crisi di risultati Melanie Oudin. (n.67), l'attempata (34 anni) doppista Liezel Huber, più la debuttante Coco Vandeweghe, 19 anni anche lei, n.114 Wta, che vanta un successo sulla n.2 del mondo Zvonareva, una mamma olimpionica nel volley e nel nuoto, uno zio (Kiki) e un nonno (Ernie) cestisti e manager di squadre Nba, oltre che una nonna miss America. «Se sono arrivate in finale vuol dire che sono brave anche senza le Williams», ha tagliato corto il nostro ct Barazzutti. «L'anno scorso a Reggio giocammo nel fango, la palla non rimbalzava, il pubblico era contro di noi», ha squittito feroce la Oudin. «Quest'anno la superficie veloce ci aiuterà». Magari anche qualche vuvuzela.

Quell'America, giovane e pazza

Massimo Lopes Pegna, La Gazzetta Dello Sport del 5.11.2010

Il capitano Mary Joe Fernandez darà la formazione soltanto questa mattina, come la più scafata dei capitani. Niente pretattica, però: «Voglio vedere l'ultimo allenamento delle quattro ragazze: poi farò le mie scelte». Considerando che Liezel Huber è una delle doppiste sicure, in verità, l'unico dubbio è sulla giovanissima Coco Vandeweghe, peperina 18enne, figlia e nipote d'arte. Diciamolo, le americane senza le sorelle Williams sono una squadra morbida. Ma la Fernandez arriccia il naso: «Sarà dura perché l'Italia è un team fortissimo, le loro ragazze hanno la classifica migliore, ma garantisco che non andremo in campo per fare solo presenza». Soccer Bethanie Mattek-Sands, dall'alto del suo 65 posto nel ranking (comunque la numero uno delle yankees), è più facile ricordarsela per i suoi bizzarri completini, che per i successi. Peschiamo dal vasto guardaroba: cappello da cowboy agli U.S. Open del 2005; vestitino leopardato a quelli del 2007; scollature spesso vietate ai minori e divisa da calciatore a Wimbledon del 2006, con tanto di calzettoni neri fino al ginocchio. La mamma di Andy Murray sentenziò: «Se mio figlio si fosse acconciato così, l'avrei rispedito a casa a cambiarsi». Intanto, quei calzettoni stanno appesi nel museo di Wimbledon e potrebbe riproporli anche qui a San Diego. In quanto a risultati, spicca un quarto turno a Wimbledon nel 2008, la sua stagione migliore (scese fino a n. 37), prima di infortunarsi a un'anca. Mette in mostra un tatuaggio coloratissimo sul bicipite destro e scarsa diplomazia sull'assenza di Serena e Venus: «Sarà dura senza di loro. Ma sono sincera: io e le altre ragazze siamo quelle che abbiamo fatto le rinunce a certi tornei e ci siamo guadagnate l'accesso alla finale». Come dire, ci meritiamo anche di giocarla. Ossessione Melanie Oudin medita vendetta contro le italiane che la batterono l'anno passato a Reggio Calabria: «Ero nervosissima, perché sapevo di dover affrontare avversarie più forti ed esperte di me. E poi giocammo su un campo di fango, dove la pallina neppure rimbalzava». Nel 2009 sembrava dovesse diventare la nuova Austin, dopo aver fatto impazzire, ancora diciassettenne, il pubblico di casa degli U.S. Open: si fermò ai quarti di finale, dopo aver eliminato quattro russe, incluso Dementieva, Sharapova e Petrova. Ma nel 2010, stroncata dalle aspettative, non è riuscita a confermarsi: «Non facevo altro che pensare ai titoli dei giornali: "Ce la farà la Oudin a ripetersi?"». Un'ossessione. Spiega: «Sono una grande tifosa di Justine Henin, perché ha dimostrato che non devi essere un gigante per diventare una campionessa». Già, per-ché il suo fisico di 170 cm scarsi per 56 chili non l'aiuta. Vera Zvonareva, che quest'anno l'ha battuta tre volte, la descrive così: «Non ti fa male con il servizio, ma è una con cui devi sudare su tutti i colpi». Geni nobili Ma se la Oudin non ingrossa, la Mattek non migliora e le Williams vanno in pensione, gli americani puntano su Coco. Ha il fisico della Davenport, e la Fernadez giura sulle sue qualità. Lei racconta di aver gridato per quasi un minuto al telefono quando la capitana Mary Joe l'ha chiamata per convocarla. I geni sono quelli giusti. Sua mamma Tauna ha fatto due Olimpiadi in due sport diversi, nel nuoto (specialità dorso) a Montreal '76 e nella pallavolo a Los Angeles '84; suo zio Kiki e nonno Ernie avevano invece sfondato nella Nba. Intanto, per esorcizzare questa finale da «underdog», da sfavorite, la Federtennis Usa affiderà il sorteggio a una foca Clyde: non sarà il polipo Paul, ma sperano porti fortuna.

Usa senza Williams? Sarà più difficile Gli Stati Uniti

Piero Valesio, Tuttosport del 5.11.2010

Ma sarà davvero una passeggiata la finale di San Diego contro gli Stati Uniti? E soprattutto: un'eventuale successo contro gli Usa privi della sorelle Williams (successo che consegnerebbe al tennis azzurro la terza Fed Cup in cinque anni) avrebbe valore e sapore identici ad un eventuale successo conquistato con gli Usa al gran completo? Sono questi gli interrogativi principali che proiettano la propria luce sul match che si disputerà domani e domenica alla Sports Arena di San Diego, in California PRIMA RISPOSTA Non sarà una passeggiata per il semplice fatto che nel tennis, anche se può sembrare un'ovvietà quasi disgustosa, non esistono match-passeggiata. Specie in Davis e in Fed Cup. E a maggior ragione quando il pronostico è chiaramente a favore di una delle due squadre contendenti. Giova a questo proposito ricordare., così esorcizziamo subito il ricordo, quanto successe a Napoli nel primo turno della Fed di due anni fa quando a Napoli le azzurre persero sul veloce contro una Spagna non certo irresistibile. Succede. l'anno scorso gli Usa furono travolti dalle azzurre sul rosso di Reggio Calabria e non c'è motivo alcuno di credere che la capitana Mary Joe Fernandez non covi un corposo desiderio di rivincita. Certo ha a disposizione una squadra che, presa sulla carta, non è nemmeno paragonabile ad una, la nostra, in cui militano la numero 7 del mondo fresca di Masters e la numero 23 del mondo fresca di vittoria nel Masters di doppio e la numero 38 che ha vinto da un paio di settimane il torneo di Lussemburgo. Ma i numeri dicono fino ad un certo punto quando si tratta di giocare una finale a squadre. E acquista invece un peso considerevole il fattore emotivo. Che le azzurre dovranno essere bravissime a gestire. Tanto più che si giocherà in America. SECONDA RISPOSTA Se l'Italia vincerà la finale il risultato avrà valore eguale a quello che le nostre otterrebbero se negli Usa giocassero Chris Evert e Martina Navratilova ovviamente al meglio delle loro capacità tennistiche. Non ci sono arrivati per caso gli Usa alla finale. Hanno affrontato una Francia con la Cornet e la Parmentier (nemmeno la peggiore possibile) e una Russia che aveva in Elena Dementieva il suo punto di forza E l'ottima Elena sudò il giusto per superare la Oudin che nel secondo set le rifilò un 6-0 significativo. Le Williams non hanno mai giocato. Hanno assicurato la loro presenza, prima una poi l'altra poi tutte e due sulla falsariga di quanto successo l'anno passato. E, come dodici mesi addietro, alla fine tutte e due hanno lasciato Mary Joe in braghe di tela. LE SORELLE Ora: una vittoria contro gli Usa, sempre che arrivi, avrà lo stesso valore perchè le sorellone, molto semplicemente, non sono gli Usa. Sono una parrocchia a parte che vive, lavora e gioca perlopiù per il Williams team. Difficile capire quale sia il loro concetto di appartenenza nazionale: in ogni caso della Fed se ne fregano. Il fatto che non giocheranno questa finale non toglie e non aggiunge nulla alla realtà delle cose. Semplicemente, come sempre, non ci sono. Ma non per questo la selezione americana smette di essere tale. Così come è stata tale negli ultimi otto anni, lasso di tempo in cui le sorelle non hanno tenuto in alcuna considerazione il pensiero stesso di prendere parte alla Davis declinata al femminile. COCO Dunque se c'è un simbolo di questa squadra, simbolo da cui Schiavone e socie dovranno guardarsi con grande attenzione, ebbene questo simbolo è Coco Vandeweghe. Ragazzina stazzosa di 18 anni che la Fernandez ha convocato e che, date le condizioni non perfette di Melanie Oudin, potrebbe pure scendere subito in campo. Si è detta "orgogliosa" di avere l'opportunità di giocare per il suo paese, ha già dimostrato che di spessore tennistico ne ha da vendere quando proprio a San Diego, quest'anno, ha raggiunto i quarti battendo la Zvonareva. E poi nelle sue vene corre sangue agonistico in quantità industriale. Basti citare la madre, Taula, che ha partecipato all'Olimpiade di Montreal 76 nel nuoto e in quella di otto anni dopo a Los Angeles nella squadra di pallavolo. E' lei, Coco, che incarnerà soprattutto lo spirito Usa. Oggi il sorteggio.

Tenis and the city: quattro ragazze in cerca di gloria

Gaia Piccardi, il Corriere della Sera del 5.11.2010

Qui, nel cilindro di cemento appoggiato tra autostrada e Pacifico dove Muhammad Ali si arrese a Ken Norton (1973), l'Italia vorrebbe mettere k.o. gli Usa. «È già successo l'anno scorso a Reggio Calabria, ma a San Diego è tutto diverso», sottolinea Corrado Barazzutti, il c.t. che si è esercitato a casa con le figlie e poi ha preso in mano, con successo, il gineceo azzurro. Quarta finale di Fed Cup in cinque anni: cosa significa? «Semplice: che l'Italia è la squadra più forte del mondo». A caccia del terzo titolo (2006, 2009) contro le orfane delle sorelle Williams, che non sbucavano in finale dal 2000. «Guai a sottovalutare Mattek, Oudin, Huber e Vandeweghe: sarebbe un errore gravissimo». Oggi il sorteggio a Seaworld, nelle pinne della foca Clyde. Favorite sì, con prudenza. «Di una cosa sono certo: se vogliono vincere la coppa a casa loro dovranno darsi parecchio da fare, perché noi non regaleremo proprio niente». Vinci Schiavone Francesca la leonessa «Ora sono cresciuta» Francesca è quella che, dalla colazione in poi, non sai mai cosa aspettarti. «A volte non riesci a decifrarla» dice Flavia. «E poi vuole avere sempre ragione!» sbotta Sara. «Però è onesta: dice sempre quello che pensa» aggiunge Roberta. Francesca Schiavone, in fondo, quest'anno ha vinto il Roland Garros così: con un tennis imperscrutabile e schietto. Del gruppo è la leader, in campo (n. 7 del mondo) e fuori. Quando parla intorno si fa silenzio. «Sono qui per esprimermi al meglio — dice Francesca dopo l'allenamento tra singolariste con la Pennetta sul veloce della San Diego Sports Arena —. Verso la Fed Cup non c'è più la curiosità dell'inizio, mi avvicino a questa finale con una consapevolezza diversa, sapendo di essere cresciuta ma senza dare nulla per scontato». 37 incontri in Fed Cup, 23 vinti (19 in singolare). Concretezza lombarda, al servizio della squadra Errani Pennetta Flavia la scalmanata «Che bella squadra» Flavia si porta il sole dentro. Dalla Puglia con ardore, come la Vinci. E con il gusto della scoperta: la prima a entrare nelle top-ten (agosto 2009), la prima ad annettersi il Master di doppio (Doha, domenica scorsa), specialità nella quale, con l'argentina Dulko, è la più forte. Pazienza se è «troppo orgogliosa, ma noi pugliesi siamo così» dice Roberta. Flavia Pennetta (foto) risponde volentieri alle mille domande di Sara, dispensa sorrisi (gratis) e consigli (su richiesta). «A me la dimensione di squadra piace molto — racconta Flavia Pennetta, 21 match in Fed Cup, 17 vittorie (14 in singolare) e 4 sconfitte — dicono che noi donne siamo acidelle ma nel nostro caso è falso, qui nessuna fa la splendida, Francesca è la leonessa, io la scalmanata, Roberta la forza, Sara la piccola del gruppo, è un'alchimia che funziona, il burraco della sera un piacere raro, che nessuna vuole perdere ma senza colpi bassi...». Roberta la forza Sara la piccola «Il mio sogno doppio» «Qui per studiare» Roberta è il doppio azzurro, con giudizio. Sa fare spogliatoio ma quando vuole isolarsi saluta la compagnia e sale in camera «E io a volte, se diventa introversa, non riesco a capire cosa le passa per la testa!», borbotta Sara, l'altra metà della coppia Uscita dal silenzio, Roberta Vinci (foto) è l'uragano azzurro, la recente vittoria in Lussemburgo le ha dato carica, «un titolo voluto, della maturità direi». A 27 anni la Robi sta giocando il miglior tennis e dopo 10 anni di Fed Cup ha capito come incollare insieme ciò che, in apparenza, è diviso: «Siamo amiche, complici, tra noi c'è un enorme feeling, ridiamo molto, ci sfidiamo a carte, ci facciamo gli scherzi. Per me la Fed Cup è quasi una vacanza!». 15 doppi, una vittoria e una sconfitta in singolare. «Con la Franci e la Fla è un confronto continuo. Mi spronano: dove sono arrivate loro, voglio arrampicarmi anch'io». Sara fa la trottolina amorosa ma ha il pepe dentro. «Mi assilla di domande!», dice Flavia. «Dovrebbe arrabbiarsi di più», sottolinea Roberta. «E una dolcezza di ragazza», sentenzia la Franci. Sara Errani da Bologna, 23 anni, mascotte del gineceo, in Fed Cup sta come una matricola all'Università. «Essere qui è un privilegio: guardo, studio, chiedo, assorbo tutto come una spugna». Si rende utile come può: in doppio, certo (11 match e una sconfitta), scaricando i film che le altre le commissionano, andando a prendere le racchette e gli asciugamani per tutte. Ha studiato le avversarie su Youtube, ha imparato che l'impossibile non esiste. Non più. «Vedendo Francesca trionfare a Parigi ho capito che tutto può succedere». Anche vincere la Fed Cup negli Usa: «Dicono che, senza Williams, varrebbe meno. E invece sarebbe un sogno». Il secondo, per Sara.

Tennis Fed Cup, gli Usa senza Williams Italia favorita

Alberto Giorni, Il Giorno del 5.11.2010

L’appuntamento con la storia è sul veloce indoor della San Diego Sports Arena, impianto da 8.850 spettatori dove si è esibito anche il leggendario Muhammad Ali. Domani e domenica sera (dalle 21 ora italiana, diretta tv su Rai Sport 1) le azzurre cercheranno di mettere k.o. le statunitensi e aggiudicarsi la terza Fed Cup negli ultimi cinque anni. Stasera verrà effettuato il sorteggio ma, al di là dell'ordine di gioco, Francesca Schiavone, Flavia Pennetta, Roberta Vinci e Sara Errani hanno un'occasione d'oro per confermarsi campionesse. Mentre noi ci presentiamo con la miglior formazione possibile, lo stesso non si può dire degli Stati Uniti, che non potranno schierare le sorelle Williams: Serena e Venus hanno chiuso in anticipo la stagione perché infortunate. Le due non hanno mai mostrato troppo amore per la patria e anche lo scorso anno disertarono la finale che le azzurre dominarono a Reggio Calabria. Secondo alcuni la Federazione americana ha scelto come sede della finale la California, dove le sorelle risiedono, proprio per invogliarle a rendersi disponibili ma non è stato così. E il capitano Usa Mary Joe Fernandez, come l'anno scorso, si è dovuto arrangiare convocando le seconde linee. Mentre le quattro italiane sono tra le top 45, le statunitensi hanno tutte classifica inferiore: Bethanie Mattek (n '58), famosa per i completi stravaganti, e Melanie Oudin (n 65) dovrebbero essere le singolariste, a meno che a sorpresa non giochi la giovanissima Coco Vandeweghe (n. 114), che il prossimo 6 dicembre compirà diciannove anni ed è la grande speranza del tennis a stelle e strisce. La quarta convocata è Liezel Huber, ex sudafricana. Occasione d'oro Le ragazze di Barazzutti possono firmare il terzo titolo negli ultimi cinque anni specialista del doppio. Ma in Fed Cup, a differenza della Coppa Davis, il doppio si disputa come eventuale quinto incontro se il risultato è di 2-2, e non sembra questo il caso. Fatti i debiti scongiuri, le azzurre sono nettamente favorite e dovrebbero chiudere la pratica in anticipo, anche se è giusto che il capitano Corrado Barazzutti mantenga i piedi per terra e predichi umiltà: «Ogni volta è una sfida nuova — ha spiegato "Barazza" -, le emozioni sono sempre dietro l'angolo. E' vero che siamo favoriti, ma le nostre avversarie vogliono prendersi la rivincita dopo la finale persa lo scorso anno. Ma le ragazze sanno bene che in Fed Cup le classifiche contano fino a un certo punto. In finale gli Stati Uniti ci sono arrivate senza le sorelle Williams, ciò significa che la squadra è forte». Schiavone e Pennetta sono reduci dal Masters di Doha; la brindisina ha trionfato in doppio ed è la stakanovista del 2010, con 137 match giocati. Ma lei e la Leonessa sono pronte a ruggire e a esaltare l'Italia tennistica

Pennetta-Schiavone l'Italia sogna la tripletta

Riccardo Bisti, Leggo del 5.11.2010

La Fed Cup, la Davis con la gonna, è ormai terra di conquista per le giocatrici italiane. Quella che si giocherà nel weekend (contro le americane, a San Diego) sarà infatti la quarta fmale raggiunta dalle azzurre negli ultimi cinque anni. L'Italia andrà a caccia del terzo titolo dopo quelli del 2006 (a Charleroi contro il Belgio) e del 2009 (a Reggio Calabria proprio contro gli Stati Uniti). Le azzurre di capitan Barazzutti partono strafavorite: guidate da Francesca Schiavone (campionessa del Roland Garros, unica italiana nella storia a vincere un torneo del Grande Slam), possono contare su una qualità e una compattezza granitiche. La milanese è affiancata da Flavia Pennetta (fresca vincitrice al Masters di doppio e numero 2 nella classifica di specialità), Roberta Vinci (imbattuta nella competizione) e la giovane Sara Errani. Tutte giocatrici comprese tra le prime 50 della classifica mondiale. Dall'altra parte c'è un team americano rabberciato, con la capitana Mary Joe Fernandez costretta a incassare l'ennesimo forfait delle sorelle Williams e a inventarsi una squadra senza punte. La loro numero 1 sarà Bethanie Mattek Sands (n. 58), nota più per i suoi abiti eccentrici che per i risultati sul campo. Qualche anno fa si presentò con un completo leopardato, oggi gioca con calzettoni da baseball. C'è la baby Melanie Oudin, grande promessa non ancora sbocciata, e le new entry assoluta Coco Vandeweghe, figlia di un'atleta olimpionica e futura numero 1 del tennis yankee. Ma oggi ha ancora 18 anni e difficilmente verrà schierata, a meno che la Fernandez non decida di giocarsi il tutto per tutto. L'unico rischio per le azzurre sarà un possibile rilassamento, una pericolosa euforia pre-gara. Le americane hanno messo un po' di pepe sulla vigilia, ricordando la finale dell'anno scorso, quando «il pubblico italiano fece molto baccano, poi si giocava su un campo in pessime condizioni». Ma non ricordano che avrebbero perso in qualsiasi condizione. Stavolta avranno il fattore campo, la superficie (si giocherà su un cemento indoor di media velocità) e il tifo del pubblico. Ma anche nessuna scusa.

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker