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06/11/2010 11:43 CEST - Rassegna stampa del 6-11-2010

Intervista a Tracy Austin: ''La Schiavone mi incanta'' (Piccardi). L’Italia cala l’asso: il gruppo (Lopes Pegna). Senza le Williams azzurre strafavorite (Martucci). Per la Schiavone il pericolo Coco (Valesio). Francesca apre con baby Coco (Semeraro)

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Rubrica a cura di Alberto Giorni

Intervista a Tracy Austin: ''La Schiavone mi incanta'' (Gaia Piccardi, Il Corriere della Sera del 6-11-2010)

Trent'anni, due treccine, un apparecchio per i denti e molti chili fa, Serena Williams era lei. Insieme a Chris Evert, Tracy Austin è stata il tennis americano degli anni Ottanta. Precoce in tutto. Nell'esplodere (più giovane vincitrice di sempre di un torneo: Portland nel '77 a 14 anni e 28 giorni; più giovane vincitrice dell'Open Usa: nel '79 a 16 anni e 9 mesi) e nell'implodere: si è ritirata a 21 anni, nell'83, per gli infortuni cronici. Oggi, mentre la foca Clyde decide il sorteggio, Tracy è l'interlocutrice perfetta per parlare di Fed Cup e dintorni. Gli Usa giocano la carta Coco Vandeweghe, un'esordiente in finale. Cambierà gli equilibri? «Non credo. Gli Usa restano pesantemente sfavoriti. Francesca Schiavone sta giocando il suo miglior tennis, cosa straordinario per una trentenne. Flavia Pennetta ha grande esperienza, ed è molto migliorata a rete diventando la miglior doppista del mondo. Basterebbero loro all'Italia per vincere». Pare tutto troppo facile. «So per esperienza che giocare per il proprio Paese può trasformare chiunque. Mary Joe Fernandez ha messo insieme una squadra giovane e agguerrita, che ha voglia di non fare brutta figura in casa. Sfidare Francesca e Flavia, per Mattek e Vandeweghe è una motivazione». Senza le Williams è una u vale che vale meno? «La presenza di Venus e Serena, naturalmente, ribalterebbe gli equilibri. Purtroppo sono infortunate». È giusto che giochino in Fed Cup solo quando hanno bisogno la qualificazione ai Giochi? «Penso facciano del loro meglio per essere disponibili, però hanno un tennis molto aggressivo, che chiede troppo al loro fisico. Anche a me piacerebbe vederle di più in squadra...». Lei sbancò gli Us Open a 16 anni, Francesca Parigi a 30. II tennis è cambiato così tanto? «Non penso. lo fui la prima ragazzina prodigio della storia ma poi ne sono arrivate altre; mi dicono che le italiane maturano tardi, e Francesca è la dimostrazione». Dal suo punto di vista, cosa la rende speciale? «La storia di Francesca m'incanta. A Parigi ha giocato con una strategia in testa, non ha sbagliato una palla, ha colto l'occasione della vita. Ho pianto per lei. Francesca è emozione pura come si è rotolata sul campo, come ha abbracciato la coppa, con la terra rossa sul naso. Come si può non tifare per qualcuno che ha una tale passione per il tennis e la vita, che colpisce la palla sotto le gambe come Federer a New York e poi salta in aria con i pugni chiusi? Francesca è ciò di cui il tennis femminile ha bisogno». Può vincere un altro Slam? «Penso si stia godendo ancora Parigi. Vogliamo sempre più, invece è giusto godersi ciò che si ha». La forza dell'Italia? «È una squadra affiatata, che ha già vinto due coppe. Gli Usa sono un cantiere aperto». Si sbilanci in un pronostico. «Se lo sapessi andrei a Las Vegas a scommettere! Diciamo che se Flavia e Francesca giocano come sanno, la terza Fed Cup non può sfuggirvi».


L’Italia cala l’asso: il gruppo (Massimo Lopes Pegna, La Gazzetta dello Sport del 6-11-2010)

La simpatica foca Clyde ingoia chili di pesce, mentre alterna linguacce e sorrisi, subito dopo aver estratto la pallina dall'urna. Dondola il testone soddisfatta e sentenzia che il primo match sarà fra Schiavone e Coco Vandeweghe. Dunque, il capitano Mary Joe Fernandez ha deciso di rischiare la carta della giovanissima e gigantesca californiana. Tira aria di festa a San Diego. Merito del piacevole tepore di un'estate che qui sembra non finire mai e degli americani, abili a trasformare questa finale in un grande evento: il concerto di John Legend e Macy Gray, una cena dentro al lussuoso hotel del Coronado e la sorpresa del sorteggio affidato a Clyde dentro allo zoo acquatico più famoso del mondo. Francesca, è sorpresa dal dover affrontare Coco? «Sì. Il loro capitano si prende una bella responsabilità, ma se lo fa ha le sue ragioni. Io non l'ho mai affrontata e non la conosco. Ma Barazzutti e le altre mi racconteranno tutto di lei». E' cauta la Pennetta: «Noi siamo molto serene. Percepisco, invece, tanta euforia all'esterno. Ma attenzione, nel tennis non c'è la sicurezza che la numero 1 batta sempre la numero 2: in questo sport le cose non funzionano così». L'azzurra, diventata da pochi giorni campionessa di doppio al Masters di Doha, va dritta al cuore di questa finale di Fed Cup: l'Italia è strafavorita sugli Usa e proprio questo pronostico potrebbe diventare l'avversario più temibile. «Ma noi conosciamo bene questi meccanismi e, da questo punto di vista, non ci saranno problemi», assicura la brindisina. Il nostro capitano, Corrado Barazzutti, conferma che nessuno sta prendendo sottogamba l'impegno: «L'incidente di percorso di due anni fa con la Spagna, che ci eliminò al primo turno, è stato un episodio che ci ha fatto crescere tanto. Ora, ogni volta che abbiamo davanti un incontro "facile" come questo, drizziamo le antenne». Dice Flavia: «Anche se hai dei cali di energia, ci pensano le compagne a ricaricarti. In Fed Cup non si vede un bel tennis, ma si lotta tanto». Il concetto è che in questa competizione conta la squadra, anche se il tennis non è un gioco di squadra. Dice la milanese: «In effetti, io non so che cosa sia giocare a pallavolo. Non conosciamo quei meccanismi di spogliatoio, perché il nostro sport è una cosa diversa. Noi siamo un gruppo differente che basa la nostra forza soprattutto sul rispetto reciproco». Aggiunge Flavia: «Siamo maturate e cresciute assieme: ognuno ha i suoi spazi, sappiamo quando è il momento di dire qualcosa o di stare zitte e da sole. Fra noi c'è grande coesione». Ecco, la grande forza del team Italia, al di là del ranking delle sue campionesse, è racchiusa proprio in questa unità. Quattro finali negli ultimi cinque anni, con due trionfi e la possibilità concreta di arrivare al terzo e fare un altro passo nella storia. Dice Francesca: «La storia è una grandissima motivazione, ma a me gli stimoli non mancano mai». Il merito di aver costruito questo nucleo così affiatato è anche di Barazzutti: «Sto con loro tutto l'anno, perché non puoi andare a un torneo e poi sparire per sei mesi. Le conosco da sempre e spero di essere considerato uno di famiglia» (…)


Senza le Williams azzurre strafavorite (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport del 6-11-2010)

Francesca Schiavone, Flavia Pennetta, Roberta Vinci e Sara Errani meritano di giocare la quarta finale di Fed Cup negli ultimi 5 anni, di bissare il titolo del 2009 e di aggiungerlo a quello del 2006, per siglare un terzo trionfo. Come del resto tifa il pronostico, oggi e domani a San Diego, nella seconda finale consecutiva contro gli Stati Uniti, ancora orfani delle sorelle Williams, e incapaci, finora, di crearsi un futuro alternativo. Lo meritano per qualità, risultati, completezza tecnica e, soprattutto, fedeltà all'impegno con le compagne e con la bandiera. Al punto da costituire uno dei pochi elementi certi del circuito femminile, disertato dalle più forti, di qualità e personalità. Il premio delle azzurre è l'immortalità sportiva, la conferma fra le nazionali più forti, e continue, di sempre. Più di quelle. Perché spesso, nelle epopee delle finali consecutive di nazioni-guida come Usa ed Australia, e poi Spagna e Cecoslovacchia, si sono innescate varianti imbattibili, come la presenza di straordinarie fuoriclasse, la penuria di avversarie e impegni meno gravosi. E poi, nella loro esaltante cavalcata. abbiamo viste scivolare le azzurre soltanto una volta, e praticamente da sole, nel 2008 a Napoli contro la Spagna. E, con tutto il rispetto per Oudin, Vandeweghe, Mattek e Huber, e per la loro furbissima capitana, Mary Joe Fernandez, vediamo un confronto a senso unico: sul cemento indoor, nemmeno tanto veloce, di San Diego, non c'è punto che le azzurre dovrebbero cedere. Tanto sono superiori in esperienza e qualità, e anche nei precedenti. Con la recente sottolineatura, in doppio, della Pennetta, regina dei Masters e della classifica mondiale. Sulla scia del primo successo azzurro nello Slam (la Schiavone al Roland Garros 2010) e i record in classifica (dalla Pennetta numero 10 mondiale, l'anno scorso, alla Schiavone 6, quest'anno). Da Panatta-Barazzutti a Schiavone-Pennetta la rivalità interna fra le stelle è il collante che tiene insieme il gruppo, dà l'esempio di lavoro e sacrificio, e traina gli altri (…)


Per la Schiavone il pericolo Coco (Piero Valesio, Tuttosport del 6-11-2010)

Era nell'aria: alla fine Mary Jo Fernandez ha deciso di gettare nella mischia da subito la baby Vandeweghe in luogo di Melanie Oudin che dicono non sia al meglio delle condizioni. E sarà proprio la diciottenne che a San Diego è di casa dato che vive e lavora nella città californiana, ad aprire il programma odierno della finale di Fed Cup fra gli Stati Uniti e l'Italia. E tanto per gradire si troverà di fronte subito Francesca Schiavone, la vincitrice di Roland Garros e fresca partecipante al Masters di Doha. Si tratterà di un match decisivo in una giornata che decisiva lo sarà già di per sé. Perché gli incontri di Fed Cup si disputano nell'arco di soli due giorni, certo:ma anche perché l'Italia chiudendo il. primo giorno in vantaggio 2-0 come è ampiamente nelle sue possibilità, sarebbe giocoforza ad un passo dalla conquista della terza Coppa in cinque anni. Un passo alla volta però. Prima la Schiavone dovrà superare la giovane virgulta che appare in buona forma dato che tre settimane addietro ha conquistato i quarti del torneo di Tokyo dove è stata sconfitta dalla Azarenka dopo aver battuto però la Rezai. Coco, che per noi italiani è fin troppo facile pronunciare Cocò, manco fosse parigina, è giocatrice un po' rozza ma dotata di tipici fisicità americana e di tanta buona volontà. Non si muove esattamente con leggiadria specie quando deve (deve) tentare di conquistare la rete ma non si dimentichi che si giocherà in terra d'America e che dunque il «fattore campo» di stampo calcistico qualcosa vorrà pur dire. Per ora l'unico precedente di una giocatrice italiana contro Coco è quella dell'anno scorso quando a Los Angeles ad affrontarla fu Flavia Pennetta e l'azzurra vinse 6-2 6-4 con relativo agio. Corrado Barazzutti ha trascorso questi giorni di allenamento puntando soprattutto sul mantenere alta la concentrazione delle azzurre. «Ma queste sono professioniste di altissimo livello, non c'è problema con loro. Ma in campo sarà difficile, come sempre. E quando si hanno i favori del pronostico può essere ancora più difficile». Il secondo match di giornata vedrà opposte Flavia Pennetta e la Mattek Sands. L'obbiettivo di Mary Jo Fernandez sarebbe (sarebbe) quello di arrivare al doppio decisivo che in Fed si gioca eventualmente al termine dei singolari. Perché è puntando sul doppio Mattek-Huber (la Fernandez ha lasciato a casa Vania King che ha disputato il Masters di doppio perdendo da Pennetta/Dulko) che Mary Jo avrebbe qualche spiraglio di speranza in più di conquistare la coppa. Ma a quel doppio, francamente, speriamo proprio di non arrivare (…)


La Schiavone apre con baby Coco (Stefano Semeraro, La Stampa del 6-11-2010)

Saranno Coco Vandeweghe e Francesca Schiavone ad aprire oggi alla San Diego Sports Arena (fondo veloce, 8850 spettatori) la finale di Fed Cup tra Usa e Italia (ore 21 da noi: tv RaiSport1). La diciottenne newyorkese, schierata al posto della Oudin, debutta in Fed Cup ed è la carta a sorpresa della capitana non giocatrice americana Marie Joe Fernandez, che deve inventarsi assolutamente qualcosa contro un pronostico nettamente favorevole alle azzurre per il doppio forfait delle sorelle Williams. Dopo il match di apertura, toccherà quindi a Bethanie Mattek e Flavia Pennetta, quindi domani ci saranno gli altri due singolari a giocatrici invertite, prima le due numero 1 Bethanie Mattek Sands e Francesca Schiavone, quindi le numero 2 Coco Vandeweghe e Flavia Pennetta. Se sarà necessario, cioè in caso di parità 2-2, a seguire verrà disputato il doppio per il quale il nostro ct Corrado Barazzutti opporrà alle americane Melanie Oudin e Liezel Huber le azzurre Sara Errani e Roberta Vinci. Ma potrebbe anche ripensarci in extremis, considerando la grande esperienza della Schiavone e il recente titolo Masters di doppio conquistato dalla Pennetta in coppia con la Dulko. Tutto sommato il sorteggio di ieri al SeaWorld di San Diego ha sorriso all’Italia. Il match più rischioso per noi sembra infatti quello tra Mattek e Pennetta e giocarlo in apertura avrebbe potuto creare qualche problema psicologico alle azzurre. Meglio invece partire con Vandeweghe-Schiavone, ovvero la giovinezza contro l’esperienza. Per l’Italia campione in carica è la 4ª finale (2 vinte) in 5 anni. 

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker