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07/11/2010 12:18 CEST - Rassegna stampa del 7-11-2010

Italia a gonfie vele sul 2-0 (Lopes Pegna, Piccardi, Semeraro, De Martino, Valesio, Zanni)

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Rubrica a cura di Alberto Giorni

Schiavone e Pennetta ed è 2-0 (Massimo Lopes Pegna, La Gazzetta dello Sport del 7-11-2010)

Un rappresentante della federtennis Usa ha dato un’occhiata al curriculum delle protagoniste e ha esclamato: «Se ci prendiamo questa Fed Cup sarà una grande sorpresa, proprio come la vittoria della nostra nazionale di hockey sull’Unione Sovietica all’Olimpiade di Lake Placid del 1980». Qui, quella partita la ricordano ancora commossi come il «miracolo sul ghiaccio». Ma sul veloce indoor di San Diego di miracoli non se ne vedono. Nel match d’esordio, va tutto secondo pronostico. Coco Vandeweghe, la prima americana a debuttare in una finale dopo Chanda Rubin nel 1995, capitola davanti a Francesca Schiavone per 6-2 6-4. E poco dopo Bethanie Mattek, più celebre per i suoi calzettoni fino al ginocchio (ieri, rossi) che per i risultati, finisce k.o contro la Pennetta per 7-5 (7-4) 6-2. Nel primo match manca quasi totalmente il pathos, nel secondo c’è sicuramente più suspance. In verità, gli unici fuochi artificiali sono quelli che partono all’annuncio delle squadre davanti a poco più di mille persone (un flop?) e qualche dispettuccio alla nostra squadra. Roba di poco conto: un incordatore che si presenta leggermente in ritardo e qualche disservizio sui trasporti. Coco molla il primo set in 34’ con una sfilza di sedici errori gratuiti. Non che la Schiavone avesse bisogno di particolari favori, perché l’azzurra è troppo più forte dell’avversaria, che precede in classifica di 107 posizioni. A Francesca basta spostare la mastodontica Coco a destra e sinistra del campo per metterla in difficoltà: lei grande e grossa, nonostante i 18 anni, arriva quasi sempre esima. Mary Joe Fernandez spiega la sua scelta così: «Ho puntato su di lei perché con la sua altezza, ha un servizio e dei colpi molto potenti che avrebbero potuto mettere in difficoltà l’italiana». Un azzardo, ma quando sei l’underdog, lo sfavoritissimo, devi anche prenderti dei rischi. Il piano di Mary Joe riesce per un paio di giochi nel secondo set, nei quali la partita si fa leggermente più dura per la Schiavone. Forse, Coco spazza via l’emozione che le aveva stritolato il suo braccione nella prima partita, forse Francesca subisce un leggero calo mentale. Spiega: «Proprio così. Io sono calata, ho servito più lento e sono stata meno aggressiva e la mia avversaria ha preso coraggio. In certi casi è un attimo far girare il match». La Vandeweghe non molla la presa fino al 4-4 e lo spavento sveglia l’azzurra, che in pochi minuti si prende il prezioso punto. Molto più complicato il pomeriggio di Flavia. All’inizio, sembra una passeggiata: sale a 5-1, ma perde sei game consecutivi e rilancia le ambizioni dell’americana. La brindisina è brava, però, a spuntarla al tie-break in 1h23’. Poi, come spesso accade, nel 2o set la Pennetta, approfittando anche di un leggero acciacco della rivale, liquida la faccenda molto più rapidamente.


Fed Cup, l’Italia parte bene: vincono Schiavone e Pennetta (Gaia Piccardi, Il Corriere della Sera del 7-11-2010)

È in discesa la finale dell’Italia, già 2-0 sugli Usa, sognando California e la terza Fed Cup in cinque anni. La figlia d’arte Coco Vandeweghe (mamma Tauna ha partecipato a due Olimpiadi, nel nuoto e nel volley; lo zio Kiki ha giocato a basket nei Knicks seguendo le orme di nonno Ernie) non fa paura a nostra signora del tennis Francesca Schiavone, che in due set ha solo un passaggio a vuoto a metà del secondo e chiude 6-2 6-4, assicurando il primo punto alle azzurre. Il gineceo Italia è di granito e la mossa a sorpresa di May Joe Fernandez, il capitano-chioccia che rischia la diciottenne preferendola alla Oudin, non apre crepe: Coco è nuova nel circuito, a Tokio si è messa in mostra battendo quattro top-100, lei che è appena n. 114 del mondo e studia le avversarie su Youtube, ma Francesca le prende le misure in fretta («Ho servito bene, ho tenuto alta la pressione: mi piace essere nei panni della campionessa del Roland Garros che deve vincere a ogni costo, non farei cambio con Coco...»), palle basse e profonde per stuzzicare la mobilità della spilungona, anche se da quell’altezza piovono solo quattro ace nel match. Non ci sono precedenti, Francesca porta sul tappeto indoor di San Diego un carisma capace di mandare in confusione chiunque, Coco inizia con un ace e chiude con una palla in tribuna, «tira solo fiammate» dice Flavia Pennetta nel suo slang prima di ammainare le imbarazzanti calzette rosse di Bethanie Mattek (7-6 facendosi sbadatamente rimontare da 5-1, e 6-2 mettendo in cassaforte il risultato) però quelle fiammate sono spesso a salve, molto fumo e poco arrosto, Francesca raccoglie break cavalcando la fallosità dell’americana (18 errori non forzati), e nel secondo basta amministrare con mestiere la vaghezza del ritorno di Coco per assicurarsi un avvio di Fed Cup morbido. Sono gli Usa orfani delle sorelle Williams (e si vede, in tutti i sensi: il palazzetto è mezzo vuoto anche perché pochissima pubblicità è stata data all’evento) contro le sorelle d’Italia guidate da Barazzutti, «non esisteva la possibilità che Francesca e Flavia perdessero» dice il capitano di lungo corso, che ha dovuto tenere a bada un po’ di malcontento in casa Italia per via di un incordatore di racchette messo a disposizione dall’organizzazione in ritardo e qualche piccolo disservizio nei trasporti tra la città e la San Diego Sports Arena. Niente di grave, nessun caso diplomatico. Il nostro gineceo è impermeabile a qualsiasi imprevisto, l’Italia avanza decisa verso l’obiettivo, o la coppa o la vita. Siamo in California, la terra delle opportunità.


L’Italia ha già le mani sul trofeo (Stefano Semeraro, La Stampa del 7-11-2010)

La pretattica, gli appelli ai fan perché accorressero allo stadio con i campanacci, persino l'incordatore negato alla squadra italiana: gli Usa alla vigilia di questa finale di Fed Cup le avevano provate tutte per innervosirci. Ma ci hanno pensato subito Francesca Schiavone e Flavia Pennetta a far capire agli yankee che contro la classe le gabole valgono poco, portando ieri l'Italia sul 2-0 e a un punto dalla terza vittoria in Fed Cup. Davanti al tennis raffinato e grintoso della Leonessa, infatti, anche l'arma segreta della capitana yankee Mary Joe Fernandez, la 19enne debuttante Coco Vandeweghe, buttata in campo al posto della Oudin, ha finito per rivelarsi una pallottola spuntata. Un metro e 85 di grande salute ma scarsissima mobilità, non certo degna della bi-olimpionica (nuoto e volley) mamma Tauna, la ragazzona californiana di Rancho Santa Fè ha ceduto rapidamente in due set, 6-2 6-4: una buona prima palla e un diritto bene impostato non hanno salvato Coco dalla furia calma di Francesca. Flavia Pennetta, un po' a corto di energia, ha dovuto faticare di più contro Bethanie Mattek, la regina dei look trash presentatasi in campo con una mise patriottica (tubolari rossi, gonna blu e canotta bianca). In vantaggio 5-1 nel primo set, durato 82'; Flavia si è fatta rimontare e ha dovuto salvare anche un set-point prima di prendersi il tie-break, e di chiudere poi 7-6 6-2 al secondo, davanti a una Mattek in preda ai crampi e al pubblico scarsetto (metà dei circa 8800 spettatori di capienza) della San Diego Sports Arena. Stasera la Schiavone contro la Mattek (salvo sostituzioni) ha la prima chance di mettere le mani sulla Coppa.


Italia di ferro (Marco De Martino, Il Messaggero del 7-11-2010)

Prima giornata, una bastonata. A prenderla in testa è il team americano di Fed Cup che è subito sotto 0-2 nella finale di Fed Cup contro il supersonico squadrone azzurro. Troppo forte Francesca Schiavone per la pargola Coco Vandeweghe, esordiente a 18 anni; e troppo piena di grinta Flavia Pennetta perla bizzarra Mattek-Sands, vestita come un clown con i calzettoni da calciatore rossi e la fascia scarlatta tra i capelli. Siamo in vantaggio, siamo bravi, siamo forti e siamo anche a un passo dalla coppa. Oggi ci basterà un punto per conservarla, riportarla a casa e metterla di nuovo in bacheca. La terza volta negli ultimi cinque anni, pazzesco. Inevitabile. Dov'era Serena Williams? A curarsi il piedone tagliuzzato nella sua megavilla di Los Angeles. E dov'era Venus Williams? In Florida, azzoppata anche lei, ma abbronzata di sole e di soldi sulla spiaggia di Boca Raton. Le due sisters non erano comunque interessate all'Evento e così i loro due fantasmi hanno vagato a lungo per il campo di San Diego, spalancando il baratro evidente della crisi Usa. Ci vorrebbe una Evert, una Austin, una Davenport, una Capriati. Invece hanno queste. La strada è stata spianata da Francesca Schiavone che ha impiegato giusto un'ora e 24 minuti per spegnere i bollori di Coco Vandeweghe, la giovane speranza yankee rispedita di gran corsa al mittente. Poteva esserci partita tra la numero 7 del mondo la numero 114? Poteva mai esserci lotta tra la campionessa del Roland Garros e una ragazzina bionda ancora teenager e per di più tramortita dall'emozione della prima volta? Naturalmente no. Coco ha tremato, la Schiavone se l'è mangiata a morsi. E pensare che l'America aveva sognato l'impossibile, forse perché Coco, 1 metro e 75 di muscoli e speranze, aveva giocato fin qui un 2010 esplosivo, iniziato da numero 354 del mondo per schizzare al 114 di oggi. Ma non si poteva spostare una montagna alta quanto la Schiavone. Ragazzina, lasciami lavorare... La Schiavone ha avuto solo un passaggio a vuoto, quando ha perso il servizio sul 6-2, 4-3 prima di chiudere comunque con autorevolezza 6-4. Poi è toccato a Flavia Pennetta trasportarci sul paradisiaco 2-0 in cima a un match brutto, durissimo, nervoso e feroce ben oltre il punteggio contro la Mattek-Sands che ha chiuso piegata in due stirata a un polpaccio. Flavia è volata 3-0 e 5-1 ma ha vinto il primo set solo 7-4 al tie-break dopo aver annullato un set-point alla rivale con un dritto sulla riga. Poi ha tenuto, ma si è visto benissimo che è cotta. Ha vinto solo di orgoglio: quella di ieri era la sua 129a partita dell'anno.


Con Francesca è sempre festa (Piero Valesio, Tuttosport del 7-11-2010)

Visto in tv il primo set del match di Francesca Schiavone contro gli Stati Uniti ha una sapore antico. O forse di futuro estremo chi lo sa. Suoni e rumori arrivano un attimo prima dell'immagine e dunque, guardando il match, sai un attimo prima se le giocatrici hanno colpito la palla e dalle reazioni del pubblico sai anche chi ha vinto il punto. Allora è meglio abbassare del tutto il volume per scoprire che Francesca Schiavone ha ormai impresso in fronte, come la saetta di Harry Potter,il segno di chi è diventata stabilmente una top ten. Detto che presumibilmente sarebbe difficile trovare oggi al mondo una tv che per circa mezzora non riesce ad ovviare il problema costringendo i telespettatori di Raisport ad abbassare il succitato volume, le immagini dicono comunque che il livello di Francesca è per l'appunto quella di una top ten e la monumentale Coco Vandeweghe può fare pochino. L'americana picchia forte quando è ferma ma quando deve spostarsi in orizzontale o peggio ancora in avanti ha problemi serissimi. E per di più pesa sulle sue spalle l'esordio in Fed Cup sotto gli occhi della madre che la regia americana inquadra con frequenza maggiore rispetto a quella con cui inquadra la figlia. In ogni caso ciò che colpisce di Francesca Schiavone è che per lei quest'anno favoloso si concluderà palesando ancora della crescita. Nel secondo set viene colta da una breve crisi di quel senso di appagamento di cui talvolta (come tutte le giocatrici, per la verità) è vittima eppure stupisce la facilità con cui, in un momento della stagione in cui sarebbe più che motivato avere quasi del tutto esaurito le energie nervose, riprende il filo del discorso ad esempio servendo secondo lo stile spietato del primo set e lasciandosi alle spalle un paio di turni infelici. Chi riesce a cambiare registro così rapidamente vuol dire che non è entrata fra le top ten ma è una top ten. Ed è questa la migliore notizia del finale di stagione.


La Schiavone subito a segno (Roberto Zanni, Il Corriere dello Sport del 7-11-2010)

Il tifo infernale? Non c'è stato. La partita? Solo un po', nel secondo set. 114 contro 7 era davvero troppo, la sfida impossibile della bambinona CoCo (anche la seconda c va maiuscola) Vandeweghe, 185 centimetri, contro i 166 della Schiavone, è finita in fretta. Un ace in avvio e poi ecco Francesca, dall'alto del suo ranking, ha dato all'Italia il primo (scontato) punto nella finale della Fed Cup edizione 2010 con un semplice 6-2, 6-4 nonostante un sussulto della sua avversaria dal quarto game in avanti del secondo set. Gli Stati Uniti e il suo capitano Mary Joe Fernandez avevano puntato sulla sorpresa, anche la nostra Schiavone dopo aver saputo che la sua avversaria non sarebeb stata la Oudin, ma la debuttante CoCo, aveva detto «non me l'aspettavo». Eppure, in un modo o nell'altro, Oudin o Vandeweghe, non è cambiato molto alla 'Valley View Casino Center' di San Diego, e il primo punto della finale è andato alle campionesse in carica, all'Italia della sua quarta finale in cinque anni, alla caccia del terzo titolo dal 2006 da quando è cominciato questo splendido ciclo per il nostro tennis vestito di rosa. C'erano anche la mamma Tauna e lo zio Kiki, un passato nello sport rispettivamente nuoto e volley lei e basket a fare il tifo per l'esordiente CoCo Vandeweghe. 9-1 il bilancio in Fed Cup degli Stati Uniti contro l'Italia fino a ieri, ma già da Reggio Calabria '09, con il primo successo azzurro le cose hanno preso una piega diversa. Ieri a Francesca Schiavo- ne, vincitrice del Roland Garros, nel primo set sono serviti 34 minuti per avere la meglio sulla sua avversaria. Tutti sorridenti sulla panchina USA all'inizio, con l'unica eccezione, forse, della esclusa Melanie Oudin, che non ha gradito troppo l'essere stata relegata in panchina, disponibile solo per il doppio (a meno di cambiamenti di idea del capitano Mary Joe Fernandez), sempre poi che verrà giocato oggi. Nervosa CoCo: il debutto a nemmeno 19 anni (li compirà il 6 dicembre) è sempre qualcosa che si fa sentire e nemmeno un buon avvio sulle prime palle l'ha aiutata. D'altra parte, al di là della rete la nostra 'Leonessa' l'ha attesa al varco, giocando un match senza dover sudare troppo. La Vandeweghe è riuscita a vincere nel primo set solo il terzo e il settimo gioco, con 18 errori contro gli 8 della Schiavone che non ha dovuto mostrare neanche la metà del suo repertorio per portare a termine il suo compito e dare all'Italia il primo dei tre punti necessari per conquistare la Fed Cup 2010. L'avvio del secondo set ripete quello del primo con Francesca che si aggiudica i primi due giochi, CoCo il terzo, la differenza arriva dal quarto game quando la Vandeweghe comincia a mostrare un buon tennis, prende fiducia, commette meno errori e probabilmente la Schiavone ha un attimo di deconcentrazione che la porta al 4-4, perdendo per la prima volta il servizio all'ottavo gioco. Ma è questione di un attimo, perché il contro-break è immediato e dopo il 5-4 l'azzurra non lascia più spazio a CoCo e chiude sul 6-4, il tutto in 1 ora e 23 minuti.

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker