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08/11/2010 02:18 CEST - FINALE FED CUP

Mary Joe, che hai combinato?

TENNIS – Grave errore di Mary Joe Fernandez: perché tenere fuori questa Oudin dalla prima giornata? Un capitano deve andare oltre i risultati e saper leggere nel cuore e nella mente dei suoi giocatori. La Oudin ha doti di cui questa America non poteva fare a meno. Se ne era accorta anche Isabella Maria, primogenita di Mary Joe…che esce nettamente sconfitta nel confronto a distanza con Barazzutti. Riccardo Bisti
 

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Criticare Mary Joe Fernandez può suonare ingiusto e fuori luogo. In due stagioni alla guida del team americano ha raggiunto due finali affidandosi alle seconde linee. Mandando in campo Melanie Oudin, Bethanie Mattek, Alexa Glatch, Vania King e Liezel Huber ha ottenuto il massimo. Eppure, dopo aver visto il modo con cui Melanie Oudin ha battuto Francesca Schiavone, è impossibile non processarla. E’ d’obbligo domandarsi perché non abbia scherato la baby di Marietta nella prima giornata. Nel tennis non è valida la proprietà transitiva, ma col senno di poi una prima giornata chiusa sull’1-1 avrebbe reso più incerta questa finale. La scelta di puntare su Coco Vandeweghe è stata apparentemente coraggiosa, ma in realtà nascondeva un’attenta lettura degli ultimi risultati: la californiana veniva da due robusti quarti di finale WTA (battendo, tra le altre, Vera Zvonareva). Al contrario, la Oudin ha raccolto la miseria di sei vittorie negli ultimi sei mesi, di cui solo due contro delle top 100 (peraltro le meno recenti). Dovendo sperare in un exploit, la Vandeweghe sembrava più adatta. Non la si può condannare per questo. Non la si può rimproverare per aver deciso di giocarsi fino in fondo questa finale senza rassegnarsi a un esito già scritto.

Melanie non poteva stare fuori
Eppure, tra le qualità principali richieste a un capitano, c’è proprio quella di saper leggere dentro i propri giocatori. Nelle gare a squadre non conta la classifica, né tantomeno i risultati pregressi. In Fed Cup (come in Coppa Davis) contano la testa e il cuore. Sono doti che non si comprano al supermercato: o le hai o non le hai. Melanie Oudin, pur giovanissima, ha dimostrato di averle. Lo ha mostrato al suo esordio contro l’Argentina nel 2009, quando ha vinto un delicatissimo match sull’1-2 contro Betina Jozami. Lo ha mostrato ancora di più quest’anno, vincendo entrambi i singolari sulla terra francese e battendo la russa Alla Kudryavtseva. Al momento di scegliere le singolariste anti-Italia, Mary Joe non ne ha tenuto conto. Con il senno di poi, è stato un grave errore. Il nostro Vanni Gibertini, occhieggiando il presriscaldamento di Sabato tra la Oudin e la Mattek, aveva notato la totale tranquillità di quest’ultima e la viva tensione di Melanie, come se fosse lei a dover giocare. Possibile che, negli allenamenti della vigilia, Mary Joe non si sia accorta di niente? E’ spesso capitato di trovarsi in disaccordo con le scelte di Corrado Barazzutti (più in Coppa Davis che in Fed Cup, a dire il vero), ma in questa finale il tecnico friulano ha avuto ragione. Lo stato di forma di Roberta Vinci aveva solleticato più di una fantasia tra gli addetti ai lavori, noi compresi. “Perché non provarla in singolare al posto di una Pennetta sfibrata da 137 partite in stagione?”. Corrado è andato per la sua strada, dando fiducia a Flavia nel momento più difficile. Lei lo ha ripagato alla grandissima, mostrandosi glaciale e rifilando un secco 6-1 6-2 a Coco Vandeweghe. Nel match decisivo, Flavia non solo ha avuto il grande merito di vincere e regalare all’Italia la Fed Cup. Ha avuto il merito, ancora più grande, di spazzare via l’avversaria, togliere qualsiasi pathos al match. Ha schiacciato sul nascere qualsiasi rischio di bagarre. Ci è riuscita perché ha le qualità giuste: Barazzutti lo sapeva, e ha capito che sarebbe stata la scelta migliore a dispetto della modesta prestazione di Sabato.

Fare tesoro degli errori
“Il tennis americano sta vivendo un momento di transizione” ha spesso ricordato Mary Joe. Non le si può dare torto, ed è probabile che tra qualche anno il duo Oudin-Vandeweghe farà paura, magari aiutato da Alison Riske e –perché no- Beatrice Capra. La Fernandez merita di andare avanti perché due finali con una squadra così modesta sono un risultato da rimarcare (anche se, al contrario, qualcuno le può interpretare come l’emblema della mediocrità della manifestazione), ma dovrà fare tesoro dagli errori di San Diego. Dovrà imparare a sbottonarsi dai risultati e leggere nel cuore, nella mente e nello sguardo delle sue ragazze. E magari dare più ascolto a sua figlia, Isabella Maria. Seduta accanto a lei, durante l’Australian Open 2009, vide per la prima volta la Oudin. Esclamò: “Mamma, questa ragazza è fortissima”. Chissà cose le avrebbe consigliato se l’avesse interpellata in questi giorni.

Riccardo Bisti

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker