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17/11/2010 08:05 CEST - ATP - IL RITIRO

Moya, siamo al capolinea

TENNIS - L'ex numero 1 del mondo dovrebbe ufficializzare il ritiro dal tennis giocato. Ex fidanzato di Pennetta, Moya è stato una figura importante per il tennis spagnolo, l'anello di congiunzione tra il terraiolo doc anni '90 e il giocatore odierno, adatto a tutte le superfici. La sua carriera, esplosa con una finale in Australia, culminata con la vittoria al Roland Garros e il numero 1 ATP, è proseguita su buoni livelli per oltre 10 anni. Riccardo Nuziale

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Nella giornata di domani Carlos Moya dovrebbe annunciare il ritiro durante una conferenza stampa che si terrà a Madrid. Lo spagnolo, che quest’anno ha giocato solo 7 partite ed è sprofondato oltre la cinquecentesima posizione mondiale, non ha saputo recuperare dai problemi all’anca che lo hanno costretto allo stop nel 2009. Questo, aggiunto all’età non più verde (il giocatore è nato il 29 agosto 1976) e alla paternità, sopraggiunta lo scorso agosto, lo ha probabilmente indotto ad arrendersi. Se ne va un giocatore importante, un tennista che negli ultimi anni è stato ricordato più per la pubblicizzatissima relazione sentimentale con la nostra Flavia Pennetta, ma che nei primi anni di carriera ha svolto un ruolo importante, soprattutto per il movimento del suo Paese. Moya rimarrà nella storia del tennis spagnolo per più di un motivo. È stato il primo iberico a diventare numero 1 del mondo nell’era Open, seppure per sole due settimane (dal 15 al 28 marzo 1999) e, soprattutto, è stato il portavoce della nuova generazione, quella dei vari Ferrero, Albert Costa, Corretja, quella generazione fondamentale nella metamorfosi della tipologia del giocatore spagnolo: non più solo un giocatore da terra battuta, ma anche da superfici veloci, grazie ad un progressivo avvicinamento alla linea di fondo e a una potenza, velocità e solidità da fondo campo sconosciuta ai vari Bruguera e Berasategui. Nadal (suo grande amico e avversario nei videogiochi), Verdasco, Ferrer, Almagro e tutti gli spagnoli odierni gli devono certamente qualcosa.

Non è un caso che l’exploit di Moya arrivò non a Parigi (dove comunque vinse l’anno successivo il suo primo e unico Slam), ma a Melbourne dove, nel 1997, perse solo da Sampras in finale dopo aver battuto Becker al primo turno e Chang in semifinale. Quell’anno Moya giocò sei finali (vincendo solo a Long Island su Rafter), di cui ben quattro sul duro e, nel Master di fine anno, si arrese solo a Kafelnikov dopo aver battuto nel round robin Sampras. Il ’98 è stato senza dubbio l’anno migliore dello spagnolo, con il già citato successo al Roland Garros (vittoria netta in finale su Corretja), quello a Montecarlo, ma anche la semifinale a Flushing Meadows, dove fu fermato da Philippoussis e, soprattutto, la finale del Masters, in cui si fece incredibilmente recuperare due set dal connazionale Corretja, vittorioso al quinto set. Se nel resto di carriera non ha più raggiunto questi picchi negli Slam (al massimo quarti di finale), Moya ha saputo comunque costruirsi un buonissimo curriculum (ed ha avuto una continuità notevolissima: dal 1996 al 2008 ha sempre finito l’anno tra i primi 50), centrando ancora annate di livello. Nel 2002, in particolare, tornò prepotentemente in top 10 dopo 3 anni, grazie a quattro titoli vinti su sei finali disputate, di cui il più importante fu certamente quello di Cincinnati, primo e unico Masters Series sul cemento della carriera (vittoria su Hewitt in finale). Nel Masters di fine anno, inoltre, sconfisse Hewitt e Safin, allora n.1 e 3 del mondo, prima di arrendersi a Ferrero in semifinale.

Il 2003, anno in cui mise in bacheca altri 3 titoli e raggiunse la finale di Miami (dove perse da Agassi), fu particolarmente notevole in ambito Davis, dal momento che portò, con cinque vittorie su cinque, la propria nazione in finale; la Spagna poi perse, sull’erba contro l’Australia, ma Moya riuscì incredibilmente a battere Philippoussis, quell’anno finalista a Wimbledon. La sua squadra si sarebbe rifatta l’anno dopo, con il successo in finale contro gli Stati Uniti (Moya vinse entrambi i propri singolari). Il 2004 fu importante per lo spagnolo anche per il successo di Roma, terzo e ultimo Master Series della carriera (in finale contro Nalbandian) e perché fu l’ultimo anno chiuso tra i primi 10. Il 2007, infine, segna il ritorno e allo stesso il canto del cigno di Moya ad alti livelli, con i quarti di finale a Parigi e New York (sconfitte contro Nadal e Djokovic) e la semifinale di Amburgo, raggiunta grazie alle vittorie su Fish, Berdych, Blake e Djokovic e in cui lottò quasi alla pari contro Federer. Quello stesso anno la love story con la Pennetta finì in maniera non proprio amichevole e, mentre la nostra giocatrice tramutò la rabbia e il dolore in energia positiva in campo, diventando la giocatrice che è ora, Moya è praticamente scomparso dal tennis importante: ultimo scalpo di rilievo Davydenko, a Cincinnati 2008. Non resta che augurargli di vivere con la sua compagna, l’attrice spagnola Carolina Cerezuela, e la sua bambina, una vita extratennistica altrettanto bella e ricca di soddisfazioni di quella avuta sul campo da tennis.

Riccardo Nuziale

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker