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09/12/2010 22:45 CEST - PROFILI

De Bakker
tulipano fragile

TENNIS - L'olandese, reduce dalla miglior annata della carriera chiusa al numero 43, si affida a Gil Reyes nella off-season: a Las vegas, l'obiettivo sarà migliorare la tenuta atletica, suo tallone d'achille a fine 2010. Dove potrà arrivare, visti i precedenti di Agassi e Verdasco? Completezza e versatilità su ogni terreno depongono a suo favore. Ripercorriamone la storia, dagli inizi fino ad oggi, passando per il titolo mondiale junior. Samuele Delpozzi

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Il Team Adidas colpisce ancora: dopo Verdasco, tocca a Thiemo de Bakker recarsi in quel di Las Vegas per allenarsi durante l'off-season con Gil Reyes, mastodontico (in tutti i sensi) guru della preparazione atletica.
Reyes è ben noto agli appassionati per la lunghissima collaborazione con Andre Agassi, da lui portato alla massima efficienza psico-fisica dopo i 30 anni, una volta assemblati tutti i tasselli: un legame che trascende il mero rapporto professionale – Andre ha scelto il nome del primogenito, Jaden Gil, proprio in onore dell'amico fraterno – e che tutt'ora li vede collaborare sotto l'egida del colosso tedesco, sponsor dell'ultimo Agassi nonché della di lui consorte, la leggendaria valchiria Steffi Graf.

Proprio la tenuta atletica sembra essere il maggior cruccio del matitone olandese – 1 metro e 93 per poco più di 80 kg... anche se la guida ATP indica addirittura un biafrano 67! – vistosamente calato nel finale di stagione dopo un'annata costellata di progressi e record personali.
Principalmente noto al pubblico italiano per i dolci ricordi di Davis – in primavera, sul cemento indoor di Zoetermeer, lanciò la volata... ai nostri, facendosi strapazzare in soli 3 set dal miglior Bolelli formato 2010 – in realtà de Bakker ha già mostrato un potenziale (e risultati) superiori a qualsiasi promessa azzurra, ahinoi.
Nato a L'Aia il 19 settembre 1988, a pochi giorni di distanza dai fenomeni Del Potro e Cilic, viene introdotto al tennis da mamma Carlieke e dal fratello maggiore Yori, entrambi giocatori in un circolo locale. Alto e slanciato fin dalla giovane età, il "piccolo" Thiemo si cimenta con profitto anche nel nuoto e nell'immancabile calcio: a soli 3 anni (!) conquista il primo attestato di validità in piscina, a 4 entra a far parte di una squadra di pallone. Con racchetta e palline viene invece notato dal coach Ruud Thijssen, padre della tennista Nicole, che lo introduce nell'orbita della Federtennis Olandese all'età di 6 anni... un legame ancora integro, riassunto nella persona di Rohan Goetzke, direttore tecnico della Federazione che lo segue tutt'ora come allenatore part-time, per qualche settimana l'anno. L'assenza di un coach a tempo pieno non gli preclude comunque brillanti traguardi, a partire dal titolo mondiale under 18 del 2006 (suggellato dalla vittoria in singolare a Wimbledon) e dall'ingresso tra i primi 40 al mondo tra i "pro", nell'annata appena conclusa.

Analizzando le ragioni del suo successo, la carta vincente di de Bakker è senz'altro la polivalenza: nato per ragioni climatiche, come tutti i giovani "tulipani", sui campi veloci al coperto, il ventiduenne ammette di avere nella terra battuta la superficie prediletta. I risultati, d'altronde, non lo smentiscono. Già semifinalista al Roland Garros junior, sul rosso conquista anche 4 vittorie a livello challenger e, nel 2010, la prima semifinale ATP nel prestigioso "Trofeo Godó" di Barcellona: in Catalogna piega Ferrero e Tsonga al termine di esaltanti battaglie, prima di cedere a Soderling e ad un po' di comprensibile stanchezza. A Parigi esordisce invece al terzo turno in uno Slam, dove però deve subire la rivincita del sosia di Alì.
Il feeling di Thiemo con il mattone trito, per certi versi anomalo vista la struttura fisica, si spiega con la bontà dell'arsenale da fondocampo, impreziosito da un ottimo rovescio bimane, e da una buona mobilità per un ragazzone della sua taglia. Non è insomma il classico spilungone tutto servizio – colpo con cui può fare molto male, a scanso di equivoci – costretto a chiudere il punto in 2-3 scambi, pena la perdita delle misure del campo. Rispetto ad altri picchiatori, inoltre, dimostra anche una maggiore versatilità tattica, sotto forma di improvvisi serve&volley o smorzate, colpi nei quali esibisce discrete doti di tocco. Tale completezza si riflette in un'ampia gamma di risultati positivi, sulle superfici più disparate: oltre al già citato curriculum terraiolo, nel carnet 2010 troviamo anche il terzo turno sia a Wimbledon che all'US Open, semifinali a New Haven e quarti a Chennai.

Dopo Flushing Meadows, come detto, un netto calo di risultati, in larga parte imputabile ad un serbatoio ancora non abbastanza capiente per reggere un'intera stagione ad alti livelli. Da qui l'idea di rivolgersi a Reyes – dal quale era già stato brevemente lo scorso inverno, ed anche dopo l'ultimo Wimbledon – per forgiare ulteriormente il fisico in vista del prossimo anno. Il precedente di Verdasco, passato dalla versione 1.0 ad un'evoluzione quasi aliena ad inizio 2009, fa ben sperare in tal senso.
Se poi a Las Vegas, percorrendo per l'ennesima volta la "Magic Mountain" di Gil – una salita di 320 iarde (circa 293 metri) alle pendici di una collina – dovesse trovare il suo personale Ararat come Mister Agassian, beh... potrebbe far saltare più di qualche banco. Magari già Australia, dove il jackpot è da urlo.

Samuele Delpozzi

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker