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19/02/2011 13:27 CEST - Storia del tennis

Il tennis verso nuovi mercati

TENNIS - Il Tennis è uno sport globale, il cui appeal continua ad aumentare in quei paesi che un tempo erano fuori dalla geografia tennistica. Giocatori come Rod Laver e Martina Navratilova hanno aperto la strada a Bjorn Borg e Steffi Graf. Questi, in cambio, hanno aperto le porte a giocatori come Yevgeny Kafelnikov e, oggi, Li Na. L'analisi di Ash Marshall (Bleacher Report), tradotta da Teo Gallo e Filippo Romoli

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(trad. di Filippo Romoli)

Il Tennis è uno sport globale, il cui appeal continua ad aumentare in quei paesi che un tempo erano fuori dalla geografia tennistica. Giocatori come Rod Laver e Martina Navratilova hanno aperto la strada a Bjorn Borg e Steffi Graf. Questi, in cambio, hanno aperto le porte a giocatori come Yevgeny Kafelnikov e, oggi, Li Na.

Gli ultimi 30 anni hanno visto l’ingresso del tennis in nuovi mercati, riuscendo ad attrarre un numero sempre maggiore di spettatori ed incoraggiando i nuovi talenti in un modo che non sarebbe neppure sembrato possibile solo un paio di decenni prima.

Questo non può essere dimostrato più chiaramente che dal fatto che le primi dieci giocatrici del mondo rappresentano altrettanti paesi. "Avere 10 diverse [nazioni] rappresentate nelle prime 10 posizioni della classifica mostra quanto il tennis sia diventato globale," ha affermato Stacey Allaster, presidente e CEO della WTA in una dichiarazione pubblicata sul Washington Times all’indomani dell’uscita della nuova classifica di lunedì scorso.

Che cosa succede? Gli Stati Uniti hanno iniziato a perdere parte della loro tradizionale supremazia nello sport mentre alcuni paesi dell’Europa occidentale, come Spagna e Francia, hanno cominciato a mettere le mani sullo sport.

Ma il vento di cambiamento non soffia solo da qui. La Russia ha fatto irruzione nella scena negli ultimi 20 anni per diventare una delle grandi potenze del tennis mondiale; come ampiamente dimostrato dalla storia di Li Na, la Cina guida il contingente delle tenniste emergenti che minacciano ulteriori attacchi all’élite tennistica.
Nelle ultime settimane ho svolto una ricerca sulla crescita globale dello sport e i risultati sono evidenti. Ho studiato i top 100 - maschili e femminili - in quattro momenti storici (1980, 1990, 2000 e 2010) tracciando una mappa dei risultati in modo da mostrare i punti caldi del tennis mondiale con un semplice sguardo. […]

Per spiegare il semplice metodo da me adottato, ad una donna che era tra le prime 20 a fine anno nel decennio 1980-1990 vengono assegnati 5 punti, 4 punti per un piazzamento tra 21 e 40, 3 punti per una classifica tra 41 e 60 e così via. Lo stesso ho fatto per il ranking maschile e ho poi combinato i totali. Questo stesso esercizio è stato poi utilizzato per gli altri periodi considerati.

Non è perfetto né è basato su alcuna evidenza scientifica, ma questo è ciò che ho scoperto.

1980
Gli Stati Uniti erano la maggiore forza tennistica all’inizio degli anni ’80, con l’Australia al secondo posto, seppure molto distante. Gran Bretagna e Cecoslovacchia avevano diversi giocatori importanti, ma il resto d’Europa era decisamente privo di talenti in confronto ai primi. Non è esagerato affermare che il tennis alla fine degli anni ’70 e nei primi anni del decennio successivo era totalmente dominato dagli americani. Erano talmente, tanto in campo maschile che in quello femminile, che avevano un vero monopolio delle vittorie.

Gli Stati Uniti potevano vantare 59 tra le prime 100 donne del circuito, con 42 uomini nella stessa posizione. Un simile livello di supremazia non si era mai visto prima né si rivedrà in futuro. Per vederla da una diversa prospettiva, l’America aveva più giocatori tra il numero 81 e il numero 100 di quanti qualsiasi altro paese ne avesse tra i primi 100.

Tale era la superiorità di Chris Evert Lloyd, Tracy Austin e Martina Navratilova. Sembrava che nascessero nuovi campioni a distanza di pochi anni senza soluzione di continuità.

La Lloyd era all’apice della carriera alla fine degli anni ’80, avendo già vinto 11 dei suoi 18 titoli dello Slam. Aveva ricevuto il testimone di Billie Jean King e sembrava in fuga solitaria quando sopraggiunse una ventiquattrenne cecoslovacca defezionista che aveva fatto irruzione nella scena tennistica pochi anni prima. Se a questa rivalità si aggiunge il talento della Austin è facile capire perché in campo femminile l’America abbia conquistato 23 dei 27 titoli Slam tra il 1980 e il 1986.

Non soprende quindi che gli Stati Uniti si siano aggiudicate quella che si chiamava Federation Cup per sette stagioni consecutive dal 1976 al 1982.

In campo maschile basti dire che McEnroe aveva fatto la sua comparsa nell’Olimpo tennistico con la vittoria agli US Open nel 1979, mentre Jimmy Connors era al culmine della sua carriera. La squadra americana aveva vinto la Coppa Davis in cinque occasioni tra il 1978 e il 1982.

C’erano alcune lievi minacce provenienti dall’Europa e dal Sudamerica che rispondevano ai nomi di Bjorn Borg, Guillermo Villas e Jose-Luis Clerc, ma il fatto che alla fine degli anni ’80 gli Stati Uniti avessero 15 giocatori tra i primi 20 del mondo era di per sé piuttosto eloquente.

Ma non erano la Svezia o l’Argentina ad occupare il secondo gradino di questo immaginario podio. Era invece l’Australia che poteva vantare 16 giocatori tra i primi 100, più della somma tra i tennisti svedesi e argentini, grazie ad un discreto numero di talenti di livello medio.

Mentre Evonne Goolagong Cawley era già nella fase discendente della carriera nel 1980, Wendy Turnbull era proprio nel suo momento migliore. Il 1980 era il quarto anno in cui chiudeva la stagione tra le prime 10, e non sorprende che ci sia rimasta fino al 1984. La Turnbull raggiunse la finale in tre dei quattro major, raggiungendo tre volte i quarti a Wimbledon e pur dedicandosi prevalentemente al doppio restava una giocatrice difficile da battere anche in singolare. Con la sua velocità di piedi, una grande difesa e un ottimo tocco a rete, era quasi una prima versione di Caroline Wozniacki.

In campo maschile il miglior giocatore australiano è stato probabilmente Peter McNamara. Futuro numero 7 del mondo, McNamara si infortunò al ginocchio destro quando era finalmente pronto per lottare per qualche trofeo importante. Certamente Kim Warwick e Phil Dent erano buoni tennisti, e Paul McNamee era al di sopra della media, ma non c’erano atleti di élite come tra le donne. Rod Laver fece moltissimo per portare il tennis australiano in alto. Ken Rosewall e John Newcombe si accollarono la pesante eredità negli anni ’70, ma non ci fu nessun altro a portare avanti il movimento fino a Pat Cash e, un decennio più tardi, Pat Rafter.

1990
Il tennis americano si conferma a livelli di eccellenza, ma anche nell’Europa occidentale si registra una crescita importante, specialmente in Francia, Spagna e Germania. Anche la Svezia e l’Italia cominciano a produrre top players e, per la prima volta, il tennis comincia a svilupparsi nell’Unione Sovietica.

Chi avrebbe pensato, 10 anni prima, che l’ URSS avrebbe prodotto una sfilza di stelle del tennis mondiale?

Ai giochi olimpici di Seul del 1988, l’Unione Sovietica mandò più atleti di qualsiasi altro paese, esclusa l’America. Vinsero il maggior numero di medaglie e dominarono l’atletica, la ginnastica, la lotta e il sollevamento pesi. Non vinsero neppure una medaglia nel tennis, presentando solamente quattro giocatori tra uomini e donne. L’unico uomo, Alexander Volkov, fu sconfitto al primo turno, mentre solo due donne superarono il secondo.

Ma il 1988 era anche il primo anno in cui il tennis era diventato pienamente uno sport olimpico dopo 64 anni. Bisogna quindi riconoscere che era appena entrato tra le priorità dell’Unione Sovietica. Il numero delle giovani promesse all’inizio degli anni ’80 si poteva letteralmente contare sulle dita di una mano.

Lo scorso anno in un ottimo pezzo di Tim Heckler, amministratore delegato della United States Professional Tennis Association, si sottolineava quale fosse stato l’impatto della caduta del muro di Berlino sulla diffusione del tennis, dal momento che i popoli poterono iniziare ad allenarsi e competere in sport non controllati dai governi.

Come in ogni campo desideravano essere i migliori, e giocatori come Natasha Zvereva dettero un grande contributo alla crescita del movimento tennistico nel paese. Giovane di ottimo talento, la Zvereva divenne una delle migliori doppiste di tutti i tempi, collezionando 18 titoli del Grande Slam. Il 1990 era il suo terzo anno da professionista e, sebbene la sua specialità fosse indiscutibilmente il doppio, in singolare era riuscita a raggiungere la finale del Roland Garros nel 1988. Ciò che questa giocatrice della Bielorussia fece fu aprire le porte alle altre giocatrici sovietiche degli anni successivi.

La georgiana Leila Meskhi era tra le prime 20 alla fine degli anni ’90 e meno di 8 mesi più tardi raggiunse la dodicesima posizione. Allo stesso modo l’ucraina Natalia Medvedeva stava risalendo la classifica, avendo raccolto il suo primo successo a Nashville ad appena 17 anni nel 1988, mente la connazionale Elena Brioukhovets chiuse l’anno al numero 73 in virtù delle finali di Mosca e Brentwood e ai titoli conquistati in doppio a Taranto e Dorado.

Tra gli uomini, Andrei Chesnokov raggiunse le semifinali del Roland Garros nel 1989 e un anno dopo, nella cavalcata che l’avrebbe portato al numero 9 del ranking mondiale, vinse l’Open di Montecarlo, torneo Master Series. Andrei Cherkasov sottolineò ulteriormente la crescita sovietica con il successo nel primo torneo ATP disputato a Mosca nel 1990.

La partecipazione e l’allenamento di atleti dell’Unione Sovietica all’estero, insieme alla formazione dell’ATP, stimolò una maggiore partecipazione in tutta Europa. Si aggiunsero nuovi tornei e si incoraggiarono i giocatori a prendere parte al maggior numero di competizioni, essendo considerati ai fini della classifica soltanto i 14 migliori risultati ottenuti, indipendentemente dal numero di tornei disputati.

La ITF rispose aumentando a sua volta il numero dei tornei e la partecipazione aumentò nel tentativo di conquistare il maggior numero di punti.

La tedesca Steffi Graf fu una delle migliori giocatrici del suo tempo e, a 20 anni di distanza, è ancora considerata una delle migliori di tutti i tempi. Unica tedesca a raggiungere la prima posizione della classifica WTA, la Graf rigenerò il tennis nel proprio paese, catturando l’attenzione di tutti con il suo Golden Slam del 1988 e mostrando la propria longevità continuando a vincere Slam fino alla metà degli anni ’90.

Oltre alla Graf, la Germania contava altre sei donne tra le top 60 e sette tra le 100, mentre la Svezia — guidata dal numero 1 Stefan Edberg — aveva una dozzina di giocatori tra i primi 100.

Se a questo si aggiunge l’avvento di Arantxa Sanchez Vicario, Conchita Martinez ed Emilio Sanchez dalla Spagna e di Nathalie Tauziet, Guy Forget e Henri Leconte in Francia, si capisce come i tempi fossero ormai maturi perché l’Europa diventasse una vera potenza del tennis mondiale.

Quando il giro di denaro nel tennis femminile iniziò ad aumentare anche le TV lo notarono. I premi per i tornei dello Slam non sono sempre stati uguali, ma non è difficile mostrare come anche questo si sia evoluto.

Consideriamo, per esempio, il caso di Wimbledon. Come emerge da una relazione pubblicata da Reuters lo scorso aprile, la campionessa femminile guadagnava £207,000 (circa $334,000) nel 1990, più di 11 volte le £18,000 incassate un decennio prima e più del 77 percento dei £117,000 del 1985.

Nel 2010 il montepremi, lo stesso degli uomini per il quarto anno consecutivo, ha raggiunto il milione di sterline per la prima volta. Per dare un’idea di cosa questo significhi, la Bank of Scotland stima che oggi servirebbero 13 milioni di sterline per garantirsi lo stesso tenore di vita assicurato da un milione di sterline nel 1968, primo anno dell’era open del tennis.

2000 (trad. di Teo Gallo)
Gli Stati Uniti non erano l’unica potenza tennistica nel 2000, considerando che sia Francia che Spagna mostravano già una gran quantità di talento. L’Unione Sovietica è ora divisa in 15 paesi, ma ciò non impedisce alla Russia di continuare la sua ascesa, e per la prima volta si affacciano ai piani alti anche Cina, Tailandia e Corea del Sud.

Ricordando il panorama degli anni 90, non è una sorpresa vedere Francia , Spagna e Russia a ridosso della Top Ten dieci anni più tardi.

Mentre Lindsay Davenport scambiava colpi tremendi con Martina Hingis in una battaglia tra stili differenti, tre giocatrici americane stavano per portare il tennis femminile ad un nuovo livello grazie ad una combinazione micidiale di potenza e velocità.

Jennifer Capriati, Venus e Serena Williams erano eccellenti giocatrici e grandi atlete, e pur non essendo state le prime a colpire la palla in quel modo (Seles e Mary Pierce lo avevano già fatto), sicuramente furono loro a rendere questa tecnica popolare e di moda. Non dimentichiamo che le sorelle Williams non passarono per l’abituale trafila dei tornei junior USTA.

Quattro donne americane vinsero 13 dei 15 Slams tra lo Us Open 1998 e l’Australian Open del 2003, ma al picco del loro dominio c’erano più europee (5) che americane (4) nella Top 10.

Le americane erano di altissimo livello, ma le varie Conchita Martinez e Mary Pierce erano realtà consolidate del circuito. Riguardo gli uomini ci furono in quel tempo grossi cambiamenti. Sette nazioni erano rappresentate nei primi 10 e tra il trionfo di Becker in Australia nel 1996 e quello di Moya a Parigi nel 1998, otto giocatori di diversa nazionalità si divisero i 10 titoli Major.

Nel 2000 Kafelnikov e Safin avevano vinto in tutto 3 Slams, Moya divenne il secondo spagnolo nell’era Open a vincere un “Grande” e la Spagna vinse la prima di 4 Coppe Davis grazie al talento di gente come Corretja, Ferrero e Albert Costa.

Poi la Francia: spesso ignorata ma a ridosso dei migliori grazie a Cedric Pioline, Clement e S. Grosjean. Il tennis in quel momento era il secondo sport più popolare del paese con più di un milione di praticanti e nuovi campi in terra rossa come il Palais omnisport Les Arenes a Metz aiutarono la crescita del movimento tennistico. Sullo sfondo, Anna Kournikova irrompeva nella top ten guidando una piccola truppa di russe che includeva Elena Dementieva, Elena Likhovtseva e Tatiana Panova, mentre Safin e Kafelnikov si mantenevano tra i primi 5 del mondo.

La crescita dele russe è impressionante” diceva Justine Henin al Cincinnati Enquirer nel 2004 “ Sono giovani, coraggiose e non regalano mai niente, nemmeno quando stanno perdendo”.

In quel tempo, Patrick McEnroe disse che il tennis era diventato un modo per uscire dalla povertà per molte famiglie russe e verso la metà del decennio i soldi che erano stati stanziati per far crescere lo sport in vista delle Olimpiadi cominciarono a dare i loro frutti.

Il presidente della ITF, Francesco Ricci Bitti dichiarò a Tennis Week: “ In Russia una medaglia olimpica vale più di qualsiasi altro premio sportivo. La crescita del tennis in Russia negli ultimi 20 anni è stata incredibile.” Aveva colpito nel segno.

Anche a sud del confine sovietico c’era del movimento e Yi Jing-Qian era ancora nelle top 100. Il 2000 segnó la sua seconda Olimpiade e quarta apparizione nella Federation Cup, per poi salire fino al posto 70 del ranking, ad un soffio dalla sua miglior classifica raggiunta 4 anni prima. Divenne anche la prima tennista cinese a raggiungere il terzo turno in uno Slam (Australian Open), dunque anche se la gente è giustamente salita sul carro di Li-Na, Yi è stata colei che ha rivoluzionato il tennis femminile cinese.

2010
Alla fine del 2010 sono Russia e Spagna ad essere leader, con gli Usa al terzo posto con certo distacco. Francia, Germania e Italia subito dopo, e nazioni emergenti come Rep. Ceca, Svizzera, Serbia e Belgio in grado di produrre ottimi giocatori. Anche la Cina ha proseguito nei miglioramenti mentre paesi come Kazakistan, Uzbekistan e Lituania si sono unite alla festa.

34 nazioni sono rappresentate nella top 100 femminile e 37 in quella maschile, un record.

I tifosi del tennis sanno che si tratta di uno sport globale, oggi più che mai. E’ vero che negli ultimi 6 anni sono stati due giocatori a dominare la scena, ma con gente come Djokovic, Murray, Soderling e compagnia, il livello si è alzato e il talento non manca.

Nel circuito femminile alla fine del 2010 sono 8 le nazioni presenti nei primi 10, guidate da una danese ancora a secco di Majors. Dopo l’Australian Open le nazioni rappresentate sono ora dieci, per la prima volta dall’istituzione della classifica nel 1975.

Le storie migliori sono l’ascesa delle russe e il dominio degli spagnoli. Partiamo dalle russe. Nel 1980 non c’era una sola giocatrice nelle prime 100 – divennero 5 nel 1990 e sette nel 2000. Alla fine del 2010 sono 16 in totale, comprese la numero 2 e 9, più altre 3 che gravitano nella top 20. Le russe si assomigliano un po’ tutte… aggressive da fondo, buoni colpi su entrambi i lati del campo, si muovono bene e si difendono anche meglio.

La descrizione calza a pennello per Vera Zvonareva e si avvicina abbastanza anche alle varie Dementieva, poi Kirilenko, Sharapova e Anastasia Pavlyuchenkova, tutte nella top 20. Nadia Petrova e Alisa Kleybanova sono più lente e più potenti ma anche il loro gioco dipende interamente dai colpi di fondo.

A conferma della forza di questo gruppo ci sono 4 titoli di Fed Cup negli ultimi 6 anni; meglio di loro solo la squadra italiana, che piazza 4 atlete nella top 40.

L’ascesa del tennis spagnolo non è una sorpresa, ma anche in questo caso il cammino è iniziato alcuni decenni fa.

Nel 1980 avevano 4 giocatori nei primi cento. Oggi ne hanno 8 nei primi 20. Ospitano due Atp 500 e un Master 1000 tra i maschi e un paio di eventi di rilievo più il Master femminile a Madrid. La fantastica “Agora” di Valencia – inaugurata nel 2009 – e la “Caja Màgica” a Madrid, dove si gioca il Master 1000, danno una idea del tipo di investimento che il paese sta facendo in termini di strutture tennistiche. Rafa Nadal è la cosa migliore che sia capitata in Spagna dal 1994, quando Sergi Bruguera e Alberto Berasategui giocarono la prima finale di uno Slam tutta spagnola, mentre Conchita Martinez era la prima iberica a vincere a Wimbledon e l’anno si chiuse con 26 titoli in totale ( 14 Atp e 12 Wta) e la terza Fed Cup.

Poi la Cina. La Wta dice che la pratica del tennis è cresciuta in maniera esponenziale da quando è stato re-introdotto come sport olimpico, dal milione di praticanti del 1988 ai 14 di oggi. La costruzione di 30.000 campi ha senz’altro aiutato, e il governo spera di raddoppiarli entro il 2016. Il progetto “Swing for the Stars”, che promuove la crescita del gioco in Cina, iniziò nel 2008 dando la possibilità di allenarsi a 250 giovani under 12 e curò la formazione di 100 allenatori. Se poi aggiungiamo la nuova lega amatoriale, la Open Rating Tour nata nel 2009, la Michael Chang Mission Hills Tennis Accademy a Shenzhen e gli investimenti portati avanti per i giochi di Bejiing, possiamo cominciare a capire perché il tennis è esploso a livello popolare.

La Wta ha aperto uffici nel paese e il China Open, la cui terza edizione si è tenuta in ottobre, è uno degli appuntamenti più importanti della stagione. L’Olympic Green Tennis Center, con 10 campi riscaldati e sei zone per allenarsi, è una cornice perfetta, inaugurata 7 anni fa e costruita per i Giochi Olimpici. Dopo la vittoria di Li Ting e Sun Tiantian nel doppio ad Atene 2004, il coach Sun Jinfang dichiarò a China.org:”Il tennis è diverso dagli altri sport perché non ci sono risultati senza grossi investimenti”. La Federazione cinese rispose alla chiamata investendo 725.000 dollari per mandare le sue giocatrici a competere in giro per il mondo. Sommando il tennis maschile si arriva a 1.2 milioni.

La semina ha dato oggi i suoi frutti.Li Na e Jie Zheng sono diventate la prima coppia cinese a giungere alle semifinali di uno Slam nel 2010, la Li come testa di serie numero 16 e la Jie da unseeded. Alla Li è mancato un solo set per trionfare a Melbourne e secondo molti esperti il 2011 sarà il suo anno d’oro. La sua personalità e l’approcio professionale hanno conquistato molti fans, oltre ad aiutare ancora una volta la crescita del gioco in patria.

Il tennis rimarrà uno dei tre sport più popolari in Cina per molto tempo e la gente comincia a sostenere i propri beniamini come non era mai accaduto prima.

Il Futuro
Così come nel 2008 la Serbia irruppe nel panorama con Djokovic, Ana Ivanovic e Jelena Jankovic, ora ci si chiede quale sarà il prossimo passo. L’Australia non è più forte come prima e gli U.S.A. hanno giusto un gruppetto di prospetti e nulla più.C’è chi ha criticato il programma americano, come John McEnroe, che ha deciso di aprire una accademia sull’isola di Randall quando gli comunicarono che i suoi obbiettivi non erano compatibili con quelli della Usta, tra l’altro presieduta dal fratello Patrick.

Fuori dagli Stati Uniti, saranno l’Europa dell’Est e l’Asia Centrale a fare grandi progressi nei prossimi 10-15 anni; fintantoché Francia e Spagna non danno segni di cedimento, il livello continuerà a crescere rapidamente. Questo vale anche per la Cina, e se continuano con certi investimenti è solo una questione di tempo perché gli uomini raggiungano lo stesso livello delle donne. Credo che una cinese vincerà diversi titoli dello Slam nei prossimi dieci anni.

Anche Kazakistan e Uzbekistan hanno cominciato a produrre top 50, una cosa impensabile solo pochi anni fa ed è probabile che il trend continui, anche se lentamente, negli anni a venire. La “ President’s Cup” si è tenuta in Kazakistan nelle ultime 4 edizioni e la rapida crescita della squadra di Davis, promossa dal gruppo “Asia Oceania” a quello mondiale per la prima volta, mostra che anche lì il tennis sta crescendo.

I Kazaki sono al livello degli svedesi in questo momento, ma con un pedigree totalmente diverso, come sappiamo. Inoltre non scarterei paesi più piccoli, come Giappone e Corea del Sud; potrebbero nascere dei top 20 in un futuro non molto lontano.

Nell’Europa orientale, la bulgara Tsvetsana Pironkova è diventata la prima a raggiungere la semifinale di uno Slam, a Wimbledon lo scorso anno, ma si tratta di una eccezione e niente fa pensare che in queste latitudini possa nascere una stella nel futuro prossimo. La Gran Bretagna è un altro paese che soffre da anni nel circuito tennistico e Sport England afferma che il tennis è uno dei 5 sport con meno risultati nella nazione. Tuttavia i 40 milioni di dollari stanziati tra il 2009 e il 2013, in parte dovuti alle Olimpiadi di Londra, fanno pensare che i britannici risorgeranno.

La popolarità di Andy Murray ha sicuramente aiutato e anche se ha solo 23 anni, va detto che i suoi giorni migliori saranno alle spalle tra 5-6 stagioni. Allo stesso modo Elena Baltacha ( no 57) e Anne Keothavang, le migliori tenniste inglesi al momento, hanno 27 anni e difficilmente segneranno una nuova era nel tennis d’elite.
Mi sono molto piaciute Heather Watson e Laura Robson, e avendole viste giocare in diverse occasioni penso che abbiano davanti un futuro radioso. La Watson sta facendo esperienza in Fed Cup e la Robson, che ha vinto Wimbledon da junior, è una mancina potente con un gran servizio che ha già lavorato con la Ivanovic. Comunque in Inghilterra hanno molto lavoro davanti a sé, se è vero che da ben sette anni si trovano nel gruppo Europa/Africa.

Passando al Sud America e parlando di investimenti olimpici, occhio al Brasile, dove fiumi di dollari saranno stanziati in vista dei giochi del 2016. Il Marapendi Club a Rio de Janeiro, utilizzato per i giochi Panamericani del 2007, è una cornice adeguata ma nei prossimi 18 mesi la febbre olimpica porterà nuove strutture. Lo stato spenderà circa 46 milioni di dollari per costruire quattro centri tennistici a Barra de Tijuca vicino a Rio e il nuovo Brazil Open Series, un torneo Challenger, farà crescere il movimento tennistico nella zona di Curitiba.

Così come Spagna, America, Australia e Cina hanno investito rispettivamente nel ’92, ’96, 2000 e 2008, allo stesso modo in Brasile si lavora per tornare ai livelli passati e contrastare la leadership argentina nel continente.

Qualunque cosa succeda, il tennis è oggi ad un livello di globalizzazione e divertimento mai raggiunti finora, e non può che migliorare. Dalle Americhe all’Europa, dall’Asia all’Australia, siamo fortunati ad essere testimoni di questo momento storico.

Il futuro è luminoso e noi ne siamo parte.
 

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