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02/03/2011 11:51 CEST - Coppa Davis

Tutti per uno… e ciascuno per sé?

TENNIS - Dopo la finale persa a dicembre contro la Serbia, la squadra francese di Davis sembra attraversare un momento difficile con il solo Simon presente ma non esattamente entusiasta della gestione di Forget. Tra forfait e dichiarazioni controverse, alla vigilia della trasferta austriaca il vero problema non sembra Jurgen Melzer. Chiara Venturini

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A ben vedere, le avvisaglie c’erano già state l’ultimo giorno della finale: Gilles Simon, seduto in panchina, si faceva sempre più scuro mentre Michaël Llodra veniva asfaltato da Victor Troicki e consegnava alla Serbia la sua prima storica Coppa Davis. Al rientro in patria, tutti a difendere le scelte di Guy Forget: siamo comunque contenti di essere arrivati in finale, questa è una squadra giovane con tanto potenziale, lo spirito di gruppo che si è creato ci aiuterà a rifarci l’anno prossimo, e altre banalità assortite. Unica voce fuori dal coro quella di Thierry Tulasne, l’allenatore di Simon: “Contro Troicki doveva giocare Gilles”. La federazione fa quadrato intorno a Forget e gli rinnova il contratto in scadenza, Tulasne precisa di non aver voluto in alcun modo mettere in discussione l’autorità del capitano e la polemica sembra subito rientrare.

A Melbourne, Simon e Forget si incontrano e discutono a lungo. “Tutto chiarito”, assicurano entrambi. Al momento delle convocazioni per il primo turno di Coppa Davis, però, i nodi vengono al pettine. Gaël Monfils dà forfait per un’infiammazione al polso, Forget sembra orientato a scegliere Jo-Wilfried Tsonga e Richard Gasquet come singolaristi, e Simon si affretta a far sapere che il ruolo di sostituto di lusso non gli interessa granché: “Andare a Vienna e allenarmi una settimana sulla terra battuta per poi non giocare significa solo perdere tempo. A conti fatti, non essere convocato sarebbe meglio”. Simon ha sicuramente le sue ragioni: attualmente numero 33 ATP, è stato numero 6 nel 2008 e il suo obiettivo stagionale è tornare nei top ten al più presto. Avendo perso la prima parte del 2010 per un infortunio al ginocchio, è ovvio che voglia approfittare del fatto di non avere punti da difendere praticamente fino a Wimbledon per risalire in classifica.

Subito dopo però anche Tsonga e Gasquet dichiarano forfait, uno per il riacutizzarsi di un’ernia inguinale e l’altro per un problema alla spalla. Da potenziale quinto uomo Simon si ritrova primo singolarista. Alla prima conferenza stampa dopo l’annuncio ufficiale delle convocazioni (Jérémy Chardy in singolare, Llodra e Julien Benneteau in doppio) arriva la bomba: “Se il funzionamento della squadra di Davis non cambia potrei anche non giocare più. L’anno scorso verso la fine era diventato un peso. A queste condizioni, non ne vale la pena”. Ma come? I problemi con Forget non erano stati risolti? “Guy ha una visione del gioco tutta centrata sull’attacco, mentre il mio punto di forza è la difesa. Rispetto le sue opinioni, ma lui deve rispettare il mio stile. I suoi incoraggiamenti sono importanti, ma deve lasciarmi riflettere e decidere da solo la mia strategia”.

Il lunedì, L’Equipe titola “Simon a Forget: non dirmi come devo giocare” e scoppia un caso: Simon se la prende con il giornalista che a suo dire non era neanche presente alla conferenza stampa, mentre diversi ex giocatori lo criticano per aver messo in piazza problemi che avrebbero dovuto restare in seno alla squadra. Per Sébastien Grosjean e l’ex capitano di Davis Patrice Dominguez, le dichiarazioni di Simon provano che all’interno della squadra c’è un problema di comunicazione dovuto al gap generazionale fra il capitano e i giocatori più giovani. Henri Leconte, pur ammettendo che Simon ha avuto perlomeno scarso tempismo, lo difende sostenendo che “se un problema esiste davvero, allora parlarne fa bene”. E Forget che ne pensa? “Non ho davvero il tempo di discutere queste dichiarazioni, abbiamo un incontro da preparare”.

L’uscita di Simon, un giocatore tranquillo e che di solito pensa prima di parlare, ha rivelato che un problema effettivamente esiste tra Forget e i suoi “moschettieri”. Le colpe sono probabilmente da dividere: quando si ha a che fare con giocatori dall’“ego forte” (la definizione è dello stesso Forget), la gestione della squadra può diventare problematica. “Ognuno fa quello che vuole”, si è lamentato Simon: “Sono pronto a rispettare qualsiasi regola a patto che lo facciano tutti. Io che sono un ritardatario cronico mi sforzo di essere sempre puntuale e vedo che gli altri arrivano quando gli pare. Fissiamo una sessione di interviste alle due e la dobbiamo spostare al giorno dopo perché qualcuno preferisce restare in albergo. Un allenamento in bici viene cancellato perché qualcun altro non ha voglia di farlo… se dobbiamo gestirci in questa maniera allora è meglio che ciascuno venga con il proprio allenatore”.

Queste parole tradiscono forse una certa insofferenza riguardo agli atteggiamenti di Monfils e Tsonga, i giocatori più “mediatizzati” della squadra? I tre sono grandi amici e Simon non ha mai ricercato l’esposizione dei suoi compagni, per cui accusarlo di invidia è probabilmente ingeneroso. Le sue dichiarazioni sembrano più dettate dalla frustrazione, soprattutto quella accumulata durante la finale 2010 e forse anche prima: durante la semifinale con l’Argentina, Forget lo fece giocare solo a risultato acquisito e lui non gradì: “Contro Juan Monaco potevamo vincere indifferentemente io, Mika [Llodra, ndr] o Richard. Guy ha fatto giocare Mika, ma io avevo bisogno di quella partita per sbloccare la statistica “zero vittorie in Davis” che tutti mi rinfacciano ancora”.

La questione è: Forget ha davvero il margine di manovra per imporre regole più stringenti e fare in modo che tutti le rispettino? Al di là delle interviste in toni entusiastici su quanto sia bello giocare per il proprio paese, la Davis interferisce con il calendario individuale e i giocatori preferiscono dare priorità alla propria programmazione. L’infiammazione al polso di Monfils non si discute, ma Gaël resta un giocatore imprevedibile: l’anno scorso non difese il titolo a Metz causa non meglio precisati problemi fisici, per poi ammettere tra le righe che non voleva perdersi il matrimonio di un amico a Parigi. L’ernia di Tsonga si è risvegliata a Melbourne, ma non gli ha impedito di giocare singolare e doppio sia a Rotterdam che a Marsiglia: l’impressione è che per una finale di Coppa Davis ci sarebbe stato, magari imbottito di antidolorifici, ma per un primo turno? Non ne vale la pena. Il forfait di Gasquet ha fatto storcere più di un naso, si è parlato addirittura di “blessure diplomatique”. Dunque per quanto Forget possa cercare di imporsi, sa benissimo che mettere i giocatori di fronte a un aut aut significa rischiare di vedersi arrivare certificati medici a pioggia.

Nonostante il clima teso, la Francia resta leggermente favorita su un’Austria che può sì godere del fattore campo (un hangar all’aeroporto di Vienna, una prima assoluta nel tennis) e schierare Jurgen Melzer, attuale numero 10 ATP, ma che non ha un secondo singolarista né un doppio eccezionali (a meno che il capitano Gilbert Schaller non decida di far giocare Melzer anche il sabato). Proprio per questo, però, vincere è fondamentale. Una sconfitta accentuerebbe malumori e risentimenti e complicare ulteriormente i rapporti tra Forget e i giocatori: un vero peccato, considerando che la squadra il potenziale ce l’ha davvero. Non resta che aspettare il weekend viennese per sapere se supererà indenne il primo giro di valzer.

Chiara Venturini

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