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10/03/2011 17:03 CEST - dibattiti

Come decidere chi è il più forte?

TENNIS - Come confrontare epoche diverse? Come valutare i risultati di una carriera o il dominio di un triennio? Che cosa bisogna considerare quando si cerca di stabilire il nome del più forte dell'era open? Una breve guida alle cose da tenere presente se ci si accinge all'arduo cimento di stabilire un GOAT. Daniele Malafarina

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In questo articolo non intendiamo dare risposte bensì ci proponiamo di analizzare una domanda. La domanda è 'Chi è il più forte tennista dell'era open?' ed è una domanda che ormai da anni ricorre ogni pochi mesi sulle pagine dei maggiori siti specializzati ed oggi financo sulle pagine di una rivista scientifica.

Prendiamo quindi lo spunto dall'articolo 'Who Is the Best Player Ever? A Complex Network Analysis of the History of Professional Tennis' di Filippo Radicchi (postdoc al dipartimento di Ingegneria Chimica e Biologica alla Northwestern University di Evanston, Illinois) pubblicato sulla rivista scientifica PlosOne (qui l'articolo completo) per analizzare cosa significhi domandarsi chi è il più forte tennista dell'era open e che cosa si possa dire a riguardo.

Innanzitutto bisogna chiarire che l'articolo in questione non si pone come obiettivo il rispondere alla domanda di cui sopra, bensì si prefigge di applicare l'analisi dei network complessi (quella stessa analisi che fornisce il pagerank da cui scaturiscono i risultati delle ricerche su google, per intenderci) al tennis.

La distinzione può parere speciosa ma è invece rilevante in quanto la domanda posta nella forma "Può l'analisi dei network complessi fornire una risposta su chi sia il più forte tennista dell era open?" permette di ovviare in partenza alla questione fondamentale. Ovvero come stabilire un criterio per valutare i tennisti, in particolare attraverso epoche diverse.

Come è facile intuire criteri ve ne sono molteplici ed ognuno, con un sufficiente grado di ragionevolezza, ha una sua attendibilità. Quello che è chiaro inoltre è che una risposta definitiva alla domanda non può essere data. Tuttavia è importante specificare che questo non significa che qualsiasi cosa possa essere affermata sull'argomento abbia validità. Sostenere, ad esempio, che Santoro sia il più forte di sempre perchè giocava tutto bimane e faceva impazzire Safin può essere un'opinione ma non ha nessun fondamento.

Il tennis, nonostante l'esistenza di una classifica, non è uno sport in cui si possa stilare una graduatoria piramidale anche solo considerando una singola epoca. Il confronto con epoche diverse diventa quindi maggiormente improbo e soggetto a considerazione soggettive e arbitrarie, per quanto largamente condivisibili.

Nel caso ci fosse stato un tennista nella storia capace di uscire come primo in qualsiasi graduatoria stilata con criteri ragionevoli allora si potrebbe dare una risposta alla domanda. Tale tennista però non esiste. Diversi criteri ed il diverso peso dato ai vari fattori finiscono col restituire risultati diversi. E' importante notare però che alla fine della fiera il novero di nomi possibili è quantomai ristretto. Non importa che peso si voglia dare alle considerazioni soggettive, non importa come si voglia effettuare l'analisi, se si procede con un minimo di ragionevolezza non si scappa da quella decina di nomi che costantemente ricorrono come migliori dell'era open.

Il metodo di Radicchi ha il pregio di prescindere completamente, proprio in virtù della finalità esposta sopra (ovvero applicare i metodi di complex network analysis al problema), da qualsiasi valutazione di carattere soggettivo (ad esempio, come valutare l'importanza di diversi tornei gli uni rispetto agli altri o in epoche successive, oppure come valutare l'impatto del cambio di superifci, e così via). Una volta scelto il metodo di analisi si ottengono i risultati, punto. Il rovescio della medaglia è che importanti distinzioni vengono diluite nell'analisi rischiando di dare poco risalto a differenze che invece di importanza ne hanno (ad esempio l'importanza degli slam risulta dal fatto che bisogna vincere 7 partite, prescindendo completamente dal prestigio e dall'impegno che i giocatori mettono nel parteciparvi).

Se si decide allora di preparare un metodo per dare una risposta alla famosa domanda, quali sono gli elementi che vanno tenuti in considerazione? Ne elenchiamo qui alcuni, a titolo di esempio.

Le vittorie complessive, ovvero il bilancio vittorie sconfitte, le vittorie negli slam (che però è diventato un dato rilevante solo da Sampras in poi e non tiene conto della diversa importanza attribuita ai vari slam in epoche precedenti), il numero di tornei vinti, la continuità ad alti livelli.

Il ranking a nostro avviso non è da includere negli elementi di cui tenere conto. Perchè? Perchè la classifica, dando una misura dei risultati nell'arco di 12 mesi, tenderebbe a livellare i risultati in quanto un numero uno con poche vittorie (come fu ad esempio Sampras nel 1998) verrebbe premiato rispetto ad un numero tre in un anno di livello più elevato (come fu ad esempio per Djokovic nel 2008, il quale a fine stagione aveva risultati del tutto comparabili a quelli del Sampras del 1998). Se si tiene conto dei risultati in maniera efficace quindi, la classifica, che è già una misura dei risultati ma ristretta a 12 mesi, non serve.

Il modo in cui i dati vengono analizzati, processati, ed il peso che si intende dare a ciascun elemento costituiscono poi il vero e proprio metodo che si va ad applicare.

Su questi criteri ci sono poi una serie di tare che possono essere introdotte per tenere conto di come il tennis si è evoluto negli anni. Ne citiamo alcune, le più famose, a titolo di esempio:

Le racchette sono cambiate dagli anni sessanta ad oggi, modificando di conseguenza gli stili di gioco che, arrivando ai giorni nostri, si sono generalmente uniformati. Allo stesso modo le superfici si sono uniformate nel corso dell'ultimo decennio. Quanto e come questo cambio di superfici abbia influito è materia di aperto dibattito (notiamo qui en passant come il rallentamento dell'erba abbia negli anni consentito migliori risultati ai regolaristi mentre la velocizzazione della terra abbia giovato solo ad alcuni).
Infine ci sono i vari avversari con cui i campioni si son dovuti confrontare. Sulla questione avversari abbiamo già scritto molto (qui). Ci limiteremo qui a ricordare che il fatto che un avversario di A non abbia vinto molto non implica necessariamente che fosse meno forte di uno di B che ha vinto tanto.

Un paio di osservazioni sono d'obbligo a questo punto.

Qualsiasi criterio di confronto deve considerare i campioni in relazione alla propria epoca ed al tennis come si giocava allora (normalizzando, si direbbe in termini matematici). Se si volesse ragionare in termini assoluti è difficile sostenere che i giocatori del passato, con racchette di legno e preparazione fisica minore, potrebbero competere con gli atleti di oggi. Immaginare poi come un atleta del passato avrebbe giocato se fosse vissuto oggi è pura speculazione e non offre alcuna base concreta su cui trarre anche minime conclusioni. Quindi la misura per ognuno è in rapporto al proprio tempo.

Le valutazioni devono essere fatte sulla base dei risultati, non sulla base di carisma, personalità o capacità di dare il meglio in situazioni importanti, doti che, per quanto rilevanti, sono soggette a opinioni largamente soggettive e non sono analizzabili 'scientificamente'. Infatti non c'è modo di decidere se dare più peso ad uno che si esalta nei match importanti e poi perde partite minori o ad uno che è più continuo.

Qualsiasi tara venga imposta per tenere conto di determinate circostanze deve essere imposta in maniera imparziale su tutti i soggetti considerati. Facciamo un esempio. Se si introduce una correzione per tenere conto di come sono cambiate le superfici è probabile che questa penalizzerà parzialmente i risultati di Federer rispetto ai suoi predecessori, ma nel contempo (se applicata in maniera oggettiva) rivaluterà certi risultati di Lendl.

Inutile dire che voler fare un lavoro completo ed esaustivo richiede tempo ed energie oltre alle capacità di analisi dei dati e preparazione di un modello.

Un'ultima importantissima nota infine va fatta sugli intervalli di tempo da considerare. Infatti integrare sulla carriera, sul picco di rendimento, sulla migliore stagione o sul miglior triennio sono tutte opzioni valide che restituiranno risultati diversi. L'intervallo considerato e come viene pesato questo intervallo è fondamentale. In questo senso lo stesso metodo può restituire classifiche diverse a seconda dell'intervallo considerato (ad esempio Borg, con la brusca interruzione che diede alla carriera è un ottimo esempio di come considerare solo le annate migliori possa cambiare drasticamente i risultati).

In quest'ottica si capisce come nell'articolo di Radicchi, che considera tutti i match giocati, con un flusso in qualche maniera 'additivo' che privilegia chi ha giocato, e vinto, di più, possa emergere il nome di Connors, ovvero il tennista più longevo dell'era open.

Come funziona questo metodo? In pratica ogni tennista viene immesso nel sistema con un'uguale quantità di 'prestige point'. Il network di vittorie/sconfitte in tutti i tornei determina quindi il 'flusso' di questi prestige point dai tennisti più scarsi a quelli più forti. Giocare e vincere con un tennista forte premia di più rispetto a giocare e vincere con uno scarso allo stesso modo in cui battere tanti tennisti 'scarsi' diversi premia di più rispetto a battere sempre gli stessi.

Volendo guardare in dettaglio il set di dati presi in considerazione ed il funzionamento della complex network analysis si scopre così un'altra ragione, questa volta matematica e quindi inerente al metodo, che può aver privilegiato l'americano a scapito di nomi più recenti.
Questa è dovuta a come è cambiato il circuito negli anni. L'introduzione dei tornei obbligatori ha di fatto ridotto il numero totale di tennisti presenti nei tornei di prima fascia (come si vede in una delle tabelle dell'articolo). Questo si riflette nel fatto che le epoche più recenti hanno avuto una minor quantita di 'prestige point' in circolazione e quindi i campioni di oggi ne risultano in qualche modo penalizzati.

Se si accetta questo metodo quella appena menzionata è una delle poche obiezioni concrete che si possono porre. Ovviamente se si predilige un metodo diverso si otterranno risultati diversi ma le ragioni per preferire un metodo ad un altro sono spesso soggettive.

Quindi ha senso chiedersi 'Chi è il più forte tennista dell'era open'? La domanda è legittima e le diverse analisi rivelano aspetti diversi dei vari campioni e delle varie epoche oltre ai cambiamenti che sono avvenuti nel tennis moderno. Nonostante una risposta univoca non sia possibile, affrontare il problema permette di restringere la cerchia dei nomi papabili e limitare l'ambito di ciò che può essere ragionevolmente sostenuto.

(Nota: Questo articolo è il primo di un breve dibattito sul GOAT. Nei prossimi giorni ospiteremo un articolo di Filippo Radicchi di spiegazione del suo metodo ed un articolo di Stefano Rosato e Guido Tirone su un altro possibile metodo, studiato apposta per il tennis. Come detto l'obiettivo non è fornire una risposta ma analizzare i diversi modi di affrontare il problema.)

Daniele Malafarina

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