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11/03/2011 14:28 CEST - LA CURIOSITA'

A volte...ritornano!

TENNIS - Il trionfo della Dokic a Kuala Lumpur, a 9 anni dall'ultima vittoria, è quasi un record per il tennis dell'Era Open. Quali sono gli altri clamorosi ritorni al successo, praticamente fuori tempo massimo e quando nessuno ci credeva più? Le storie sono le più disparate, ma il primato è saldamente in mano ad una ben nota giapponesina... Senza però dimenticare volti noti e semi-carneadi. Samuele Delpozzi

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L'inatteso ritorno alla vittoria di Jelena Dokic a Kuala Lumpur, oltre all'enorme significato sentimentale, ha anche una notevole valenza sul piano statistico: il lasso temporale di quasi nove anni dalla precedente affermazione – a Birmingham, nel giugno 2002 – è quasi un record per il tennis femminile, un evento eccezionale che pone l'australiana al secondo posto nella classifica delle vittorie più distanziate nell'Era Open.
Proprio di questo ci occuperemo nell'articolo: quali altri tennisti, uomini e donne, hanno saputo tornare al successo dopo digiuni tanto prolungati? A partire dal 1968, data d'inizio del tennis professionistico, abbiamo selezionato le storie più clamorose. Alcune commoventi, altre pressoché sconosciute anche agli addetti ai lavori – incluso il vostro umile scriba (cit.), che ha dovuto spulciare per bene gli annali!


Kimiko Date-Krumm (1996-2009: 13 anni, 1 mese, 8 giorni)
Se si parla di record di durata e longevità, c'è una sola GOAT possibile: la portentosa geishetta INOX da Kyoto, 40 primavere e non sentirle. Ritiratasi allo zenith a soli 26 anni, stanca del nomadismo tennistico, Kimiko è rientrata quasi per gioco nel 2008, più per compiacere il marito tedesco – che non l'aveva mai vista all'opera – che per reale convinzione. Beh, terminato il rodaggio di un annetto nei tornei minori, la nipponica è tornata a mordere i calcagni anche nel WTA Tour: il 27 settembre 2009 – vigilia del suo 39° compleanno – ha rifilato un duplice 6-3 alla Medina Garrigues nella finale di Seul, tornando al successo dopo oltre 13 anni. L'ultimo titolo, risalente alla prima carriera, era infatti datato 19 agosto 1996, quando sul cemento di Los Angeles sconfisse la grande Aranchita Sanchez, 3-6 6-3 6-0.
Pertanto, sfuggitole di poco il primato come vincitrice più anziana di sempre (rimasto a Billie Jean King, a 39 anni compiuti), la signora Krumm si è potuta consolare con questo piccolo grande record, probabilmente imbattibile.

Barbara Rittner (1992-2001: 8 anni, 8 mesi, 21 giorni)
Magari in pochi si ricorderanno di questa tedesca, quasi coetanea della Graf ed oscurata per ovvi motivi dai connazionali dell'epoca. Eppure, prima dell'avvento della Date, la primatista "intervallare" era lei: infatti, seppur vincitrice di 2 soli titoli in carriera – il minimo indispensabile per rientrare in questa statistica! – riuscì a spalmarli quasi agli estremi della sua attività agonistica. Il primo successo, ottenuto a soli 19 anni, arrivò contro Brenda Schultz a Schenectady il 30 agosto 1992; l'ultimo, il 20 maggio 2001 sul rosso di Anversa, a spese della Koukalova (oggi signora Zakopalova). Nel mezzo riuscì a dare gioia anche agli appassionati italiani, facendosi battere da Marzia Grossi nella finale di San Marino '93, unico exploit in carriera della tennista fiorentina.
In questa speciale classifica la Rittner si trova ora al terzo posto assoluto, superata per soli 5 giorni anche dalla Dokic.

Elena Likhovtseva (1997-2004: 7 anni, 7 mesi, 23 giorni)
Brillante tennista di origine kazaka, eccellente doppista ma anche ottima singolarista, fu la prima russa, dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica, ad entrare tra le prime 15 al mondo: una sorta di zia della valanga "ova" del terzo millennio. In singolo conquistò più che altro piazzamenti – su tutti, la semifinale al Roland Garros 2005 – mentre le rare vittorie arrivarono sempre molto scaglionate: la prima nel 1993 a Montpellier, quindi a Gold Coast nel gennaio '97 ed infine, al termine di un digiuno di quasi 8 anni, a Forest Hills, il 28 agosto 2004.

Yahiya Doumbia (1988-1995: 7 anni, 7 mesi, 2 giorni)
Primo degli uomini è uno dei tennisti più bizzarri che la storia ricordi. La carriera di Yahiya Doumbia, senegalese nato a Bamako in Mali, assomiglia molto ai suoi occhi: due puntini brillanti in un mare di oscurità. Mai salito oltre la 74° posizione, top-100 di fine anno in una sola occasione (1988), il tennista africano incarna perfettamente il prototipo del carneade capace di trovare la settimana della vita... con la differenza che lui ne ebbe due! Il suo serve&volley estemporaneo seppe accendersi prima a Lione '88, dove si qualificò, battè Chesnokov al primo turno e finì per trionfare nel giorno di San Valentino, a spese dell'americano Nelson. Poi, dopo oltre 7 anni di buio pesto, il padre putativo di Dustin Brown riemerse nuovamente dalle qualificazioni, nuovamente in Francia: sul cemento di Bordeaux, complice una forma incontenibile, spazzò via qualsiasi resistenza senza concedere neppure un set, lasciando di stucco persino l'ex top-10 Hlasek (6-4 6-4 in finale).
Così, tra una tenebra e l'altra, l'adorabile Yahiya si è probabilmente garantito almeno un altro paio di primati sghembi: ad occhio e croce potrebbe essere l'unico plurivincitore sempre partito dalle qualificazioni, ed anche quello con all'attivo il minor numero di match a livello ATP – appena 58, di cui 34 persi... restano quindi 24 vittorie, di cui 10 spese nelle due cavalcate vincenti. Insomma, affermare che Doumbia, agonisticamente parlando, è esistito solo per due settimane non è affatto un modo di dire!

Robert Van't Hof (1981-1989: 7 anni, 5 mesi, 1 giorno)
Il californiano Van't Hof, più noto agli addetti ai lavori come coach di lunga data di Lindsay Davenport, vanta anche una carriera di tutto rispetto: valido doppista ed ex numero 25 in singolare, specialità che gli ha regalato 2 successi à la Rittner. Trascorsero più di 7 anni infatti tra il primo centro (a Taipei, novembre 1981) ed il successivo a Seul, il 16 aprile 1989.

Robin White (1985-1992: 6 anni, 11 mesi, 2 giorni)
Specialista dei campi veloci, la White ebbe una carriera likhovtseviana, top-10 in doppio e numero 15 in singolo. Da sola vinse giusto un paio di titoli, sulla moquette di Hershey nel febbraio '85 e sul duro di Auckland, quasi 7 anni più tardi.
Che altro dire? Nulla, infatti non lo diremo.

Richard Fromberg (1991-1997: 6 anni, 8 mesi, 24 giorni)
L'australiano terraiolo è una specie rara quasi quanto il canguro europeo. Eppure il diavolo della Tasmania, al secolo Richard Fromberg, dava il meglio di sé proprio sul rosso, terreno sul quale ha conquistato 3 dei 4 titoli in carriera. Gli italiani lo ricorderanno bene per le molteplici stilettate inferte ai nostri, come la demolizione di Pescosolido (3 set a zero) nel singolare decisivo di Italia-Australia a Firenze, nel 1993. Oppure il 6-1 7-6 inflitto ad Andrea Gaudenzi nella finale di Bucarest, il 29 settembre 1997, sempre sulla terra... oltre 6 anni e mezzo dopo l'ultima vittoria, conquistata in quel di Wellington nel gennaio '91. Ragion per cui si trova in questa graduatoria.

Jennifer Capriati (1993-1999: 6 anni, 4 mesi, 6 giorni)
Favorita sentimentale al pari della Dokic, l'ex bimba prodigio di origini brindisine ha vissuto praticamente di tutto, in campo e fuori. Più giovane finalista (Boca Raton 1990, al torneo di debutto!), più giovane semifinalista in uno Slam (a Parigi, qualche mese più tardi), più giovane top-10 di sempre (grazie alla prima vittoria in carriera a Portorico, sempre nel '90) e dententrice di mille altri record di precocità, per lo più ancora imbattuti, la Capriati si trasformò ben presto nell'emblema delle "bruciate verdi": nauseata dal tennis ad appena 17 anni, venne coinvolta in tristi vicende di droga e furto di anelli... una crisi che la spinse ad abbandonare l'agonismo per quasi due anni, ed a meditare addirittura propositi suicidi. Poi la lenta rinascita, coronata dai 3 titoli dello Slam conquistati nel biennio 2001-2002 e dal numero 1 mondiale, una delle più belle favole a lieto fine del nostro sport. Primo mattoncino della ricostruzione era però stato il trionfo nel piccolo torneo di Strasburgo, il 17 maggio 1999, a 6 anni e mezzo di distanza dall'ultimo sigillo apposto a Sydney nel gennaio 1993, ancora nella sua "prima carriera".
La vita in chiaroscuro non è comunque terminata per Jennifer, costretta all'inattività forzata dal 2004 per via di una spalla troppo fragile, e nuovamente in crisi a livello personale: ultima tappa conosciuta, il ricovero per sovradosaggio accidentale di un medicinale regolarmente prescrittole. In bocca al lupo, Jen.

Juan Carlos Ferrero (2003-2009: 5 anni, 5 mesi, 30 giorni)
Unico vincitore di Slam ed ex numero 1 del mondo presente in questa lista (Capriati a parte), il valenciano Ferrero sembrava destinato ai piani altissimi del gioco: campione del Roland Garros 2003 e dominatore sulla terra da almeno un paio di stagioni, Juan Carlos era salito in cima al ranking grazie alla finale raggiunta all'US Open lo stesso anno. Poi un rapido quanto inaspettato declino, favorito da un brutto attacco di varicella ad inizio 2004 – proprio nel momento migliore – e quindi dall'inarrestabile ascesa del fenomeno Nadal, che (ingiustamente) lo ha relegato ai margini anche in patria.
Ferrero però è tipo tosto, come già dimostrato dalla tenacia a non mollare in occasione della tragica morte della madre, da ragazzino. Così, continuando a lavorare sodo nella sua personale accademia di eccellenza assieme al coach di sempre, Antonio Martinez, Mosquito è tornato a vincere: a Casablanca, il 12 aprile 2009, ha spezzato un digiuno di oltre un lustro che perdurava dall'ottobre 2003, quando, all'apogeo del suo breve regno, si era imposto nel Masters casalingo di Madrid.
Il sapore del successo deve aver fatto proprio bene allo spagnolo, vincitore di altri 3 titoli nel 2010, inclusa una striscia di 14 match consecutivi nel Latin Swing di febbraio. Lunga vita a re Juan Carlos!

Magnus Larsson (1994-2000: 5 anni, 2 mesi, 8 giorni)
Chiudiamo la rassegna con un grande "shotmaker", come lo chiamava Agassi. Magnus Larsson da Olofstrom, fisico ed andatura da plantigrado, dietro l'apparenza sorniona era in realtà un gigante dal braccio d'oro, capace, nelle giornate di grazia, di estrarre gioielli a ripetizione dalle sue miniere. Inizialmente amante della terra battuta, fu poi saggiamente in grado di valorizzare la bontà del suo servizio e dell'accelerazione di diritto, diventando cliente scomodissimo soprattutto sui tappeti indoor. Fu proprio in una di queste occasioni – la ricchissima ed ormai estinta Grand Slam Cup di Monaco di Baviera – che lo svedese visse la settimana perfetta, nell'edizione 1994: dopo aver infilzato uno sull'altro Edberg, Agassi e Todd Martin, Magnus cancellò dal campo anche il numero 1 mondiale Sampras, domato per 7-6 4-6 7-6 6-4. Poi, entrato tra i top-10 grazie ad un roboante inizio di 1995, arrivò la jella – sotto forma di infortuni a ripetizione – ad allontanarlo dal tennis che conta.
Il placido Larsson – sorta di Grande Lebowski del circuito, uno che prende la vita come viene – non si fece deprimere dal ridimensionamento delle ambizioni, e quasi in chiusura di carriera si regalò un ultimo acuto, il settimo, battendo a Memphis quadrumane Byron Black. Era il 14 febbraio 2000, a 5 anni ed un paio di mesi di distanza da quella magica notte bavarese.

 

Esclusa dalla trattazione approfondita ma meritevole di menzione, la grande campionessa brasiliana Maria Esther Bueno, vincitrice di 7 titoli dello Slam negli anni 50 e 60: dopo aver speso gran parte della carriera in periodo pre-Open, conquistò il suo ultimo titolo a Tokyo, nell'ottobre 1974, a 6 anni di distanza dalle vittorie sui prati inglesi di Eastbourne e Manchester.
Altro caso degno di nota quello di Iva Majoli, unica croata capace di primeggiare in un major: il suo trionfo al Roland Garros '97 – a spese di Martina Hingis contro ogni pronostico – le provocò una tale sbornia da appagamento da ridurla ad una sorta di ectoplasma per quasi un lustro. Riuscì a ritrovarsi giusto per una settimana, nella primavera 2002, quando s'impose al Tier I di Charleston, ma fu il canto del cigno: si ritirò a nemmeno 27 anni, un paio di stagioni (e pochissime vittorie) più tardi.
Congedo in bellezza invece quello di Conchita Martinez, campionessa di Wimbledon '94, presenza fissa nella top-10 per oltre un decennio e vincitrice di almeno un titolo per 12 stagioni consecutive, dal 1989 al 2000: dopo alcuni anni travagliati, spesi in posizioni poco consone al glorioso passato, chiuse la carriera con il 33° sigillo in quel di Pattaya, a quasi 5 anni dall'ultimo urrah a Berlino.
Da segnalare, infine, la cadenza quadri-quinquennale delle vittorie di Daniela Hantuchova: 2002 (Indian Wells) – 2007 (Indian Wells, Linz) – 2011 (Pattaya).

Samuele Delpozzi

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