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13/03/2011 13:13 CEST - Lo studio

Il social network del tennis

TENNIS - Il professor Filippo Radicchi, ricercatore alla Northwestern University in Illinois e autore del discusso studio che designa in Jimmy Connors il tennista più forte di sempre, ci spiega come l'applicazione al tennis dei principi che sono alla base di Facebook e della Rete internet permetta un confronto tra protagonisti di epoche diverse. Filippo Radicchi

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Dalla sua pubblicazione, un paio di settimane fa, lo studio sul "più forte tennista di ogni epoca" del prof. Filippo Radicchi, ricercatore della Northwestern University in Illinois, ha scatenato polemiche e discussioni. Un complicatissimo algoritmo ha prodotto, infatti, una classifica che a molti ha fatto storcere il naso, in cui in testa c'è Connors, Federer figura al settimo posto, Nadal solo al 24mo, Borg al decimo, addirittura dietro Vilas, quarto. In questo articolo Radicchi ci spiega i principi alla base della sua teoria.

 

Paragonare epoche diverse del tennis non è facile perché questo sport è cambiato molto negli anni. Non mi riferisco solo a cambiamenti tecnologici di racchette, palle, campi ed occhi di falco. Parlo anche di regole ed importanza di tornei. Nella valutazione del prestigio dei giocatori, oggi ci soffermiamo spesso alla mera enumerazione di Slam vinti. Federer ne ha vinti 16, Sampras 14, ... Non si tiene però in considerazione ad esempio che gli Australian Open sono stati giocati fino 1987 sull' erba e solo dopo sul cemento, gli US Open fino al 1974 sull' erba, poi per tre anni sulla terra ed infine solo dal 1978 sul cemento. Non ci si ricorda che le edizioni di Key Biscayne del 1987, 1988 e 1989 sono state praticamente equivalenti ad uno Slam: 128 giocatori nel tabellone principale, incontri al meglio dei 5 set e montepremi paragonabile agli Australian Open di quel periodo, giocati però da 96 giocatori.

Vi siete mai chiesti perché Connors abbia giocato, durante la sua lunghissima carriera, solo due volte agli Australian Open? E perché Borg solo una? Perché dei giocatori così forti, tra i più forti nella loro epoca, non partecipavano ad un torneo del Grand Slam? Forse il concetto di Slam che abbiamo oggi non è lo stesso che si aveva in passato?

A tutto questo poi si aggiunge la totale mancanza di informazione relativa all' effettiva difficoltà di un torneo o di un certo periodo di storia tennistica. Avrebbe Connors vinto più Slam se non avesse giocato nello stesso periodo di Borg, McEnroe e Lendl? Sarebbe riuscito Lendl a vincere un'edizione del suo "incubo" Wimbledon se non fosse stato costretto ad affrontare gli specialisti dell' epoca Becker, Edberg e Cash?

Se vogliamo giudicare in maniera asettica l'intera storia dell'era Open, si dovrebbe provare a "dimenticare" il modo in cui vediamo le cose oggi. Evitare di proiettare il nostro pensiero di oggi nel passato. In un approccio minimalistico, potremmo limitarci solamente agli esiti dei match. Questa semplice informazione potrebbe ad esempio essere utilizzata per stabilire se un giocatore è migliore di un altro: un approccio numerico, semplice e diretto, che tiene in considerazione i soli esiti degli incontri tra i due giocatori (il cosiddetto confronto "head to head"). Se A ha vinto con B 30 volte su 50 incontri, allora si può affermare che A è più forte di B negli scontri diretti. Tali paragoni sono però possibili solo tra giocatori appartenenti alla stessa epoca, e che hanno dunque avuto la possibilità di giocare l'uno contro l'altro.

Un problema ulteriore si presenta quando si aggiunge un altro giocatore nel confronto. Nel tennis non sempre vale la semplice logica transitiva: se A batte B e B batte C, allora A batte C. Un semplice esempio è dato da: Lendl-Becker 11-10, Becker-Edberg 25-10, ma Lendl-Edberg 13-14. Chi è il migliore dei tre sulla base di questi dati e senza alcuna altra informazione? È chiaro che la situazione diventa più complicata quando si vuole fare una classifica, basata sui confronti head to head, tra tutti i giocatori che hanno calcato i campi del tennis professionistico.

Un metodo possibile per affrontare questo problema è quello di rappresentare il sistema di interazioni (incontri) tra tennisti come un grafo o rete. Ogni giocatore è un nodo o vertice del grafo, e connessioni uniscono i giocatori in base al numero di incontri giocati tra loro. Le connessioni hanno una direzione e vanno dal perdente al vincente. Le connessioni sono anche pesate: il loro valore è uguale al numero di volte che si osserva un certo evento. Per fare un esempio, consideriamo di nuovo il caso Lendl-Becker-Edberg. Se i dati si riferissero ai soli match giocati tra questi tre giocatori, si avrebbe un grafo con tre nodi e sei connessioni. La connessione che va da Lendl a Becker avrebbe valore 10, quella che va da Becker a Lendl 11, quella da Edberg a Becker 25, e così via...

Tale descrizione, data la sua generalità, è appropriata in svariati contesti. Le pagine del World Wide Web sono unite da link ipertestuali. Le persone iscritte su Facebook sono unite da connessioni di amicizia. Il vantaggio di definire un "social network" del tennis è che i giocatori non sono considerati come entità separate, ma come parti integranti dello stesso sistema sociale. In questo modo si possono dunque osservare le prestazioni degli atleti non come "assolute", ma come "relative" al network di contatti.

Con questa nuova rappresentazione, si può però fare anche di più. Cercare di comparare i giocatori. In questo caso, ci viene in soccorso l'algoritmo detto PageRank. Questo algoritmo è noto per essere l'algoritmo utilizzato da Google per determinare l' importanza delle pagine web. I suoi inventori sono infatti Brin e Page, i leggendari fondatori di Google. L' algoritmo non fa nulla di speciale: non fa altro che risolvere una semplice equazione di diffusione. Particelle si muovono a caso nella rete, saltando di nodo in nodo in base alle connessioni. A regime, il numero di particelle che entrano ed escono da un nodo generico è lo stesso. Questo numero è il punteggio assegnato dal PageRank.

Sul social network del tennis, le particelle possono essere intese come unità di "prestigio" che fluiscono di giocatore in giocatore in base al risultato delle loro interazioni elementari: gli incontri.
Il flusso di prestigio si concentra tra i giocatori che hanno vinto di più, ma ancor di più tra i giocatori che hanno vinto di più contro i giocatori che hanno vinto di più, e così via... Il metodo di fatto non fa semplici ed indipendenti confronti head to head, ma tiene in considerazione tutti i confronti head to head simultaneamente.

Con quest'approccio cambia la visione dei risultati. Per fare un esempio, guardando il sistema come composizione di eventi isolati, si potrebbe dire che Borg vince Wimbledon nel 1980. Guardando invece questo evento come parte del network sociale del tennis, si direbbe: Borg vince Wimbledon nel 1980 battendo in finale McEnroe, che a sua volta sconfigge Connors in semifinale. McEnroe che a sua volta vince lo US Open nel 1980, battendo.... Connors che a sua volta.... Con questa serie di "a sua volta" si esplora tutto l'insieme di eventi, passati e futuri. La vittoria di Wimbledon nel 1980 acquista un' importanza che non dipende dall' evento di per se, ma da tutti gli eventi ad essa collegati. Non c'è necessità di assegnare un valore esterno alla vittoria, ma la qualità di Borg aumenta per via di questa osservazione in maniera automatica. L'importanza dei turni è anche essa automaticamente determinata: più si è avanti in un torneo, e più "a sua volta" soffiano il vento in poppa. La stessa importanza dei tornei è auto-determinata: tutti i migliori partecipano a Wimbledon e quindi automaticamente vincere una partita a Wimbledon è molto più importante che vincerne una al torneo di Acapulco.

L'unico ingrediente di quest'approccio minimalista è l'input fornito, ovvero la lista degli incontri. Tale lista può essere scelta in maniera diversa: solo incontri del 2000, solo match giocati sull'erba, solo incontri di Grand Slam... Cambiando la lista, il risultato finale cambia. La limitazione in un ranking globale (ovvero fatto su un network che comprende tutti gli incontri dell'era Open) è data dai limiti temporali. I match dell' era Open, di cui si conosce il risultato, iniziano nel 1968 e finiscono oggi. Il processo del "a sua volta" sbatte contro questi invalicabili muri temporali e più vicini si è al muro più si è in un certo senso penalizzati. Federer e Nadal sono penalizzati non solo perché stanno ancora giocando, ma soprattutto perchè molti dei loro avversari stanno ancora giocando. Il prestigio di Federer crescerà non solo per le sue prestazioni future, ma anche per le prestazioni future degli altri giocatori che ha sconfitto e sconfiggerà.

Per fare un esempio pratico, la vittoria di Djokovic agli Australian Open 2011, che non è inclusa nella mia analisi, favorisce anche Federer, sebbene sconfitto da Djokovic in semifinale. Federer ha un bilancio positivo con Djokovic, e più il prestigio di Djokovic cresce, più prestigio scorre anche verso Federer. L'esito di un singolo incontro fa aumentare o diminuire il prestigio degli altri giocatori, ma più si è lontani nel tempo (e quindi nella rete) meno se ne sente l'influenza. Se ipoteticamente un tennista dei nostri giorni smettesse di giocare oggi, gli incontri futuri dei suoi attuali avversari influirebbero più sul suo prestigio che su quello di Sampras, ed ancor di meno sul prestigio di Lendl o Connors. Per giudicare con questo metodo correttamente i giocatori ancora in attività occorre dunque aspettare qualche anno dopo il termine della loro carriera.

Tali limitazioni sono state ampiamente discusse nel mio articolo. Il messaggio che è passato a livello mediatico è stato "la scienza decreta il migliore di tutti i tempi", ma non è esattamente di questo che si parla nel mio articolo (nonostante il titolo scelto in maniera opportuna per essere accattivante). Per questo motivo, ho mostrato nell'articolo i risultati dell'applicazione della stessa tecnica a periodi di tempo più ristretti. Ho generato tabelle dei migliori dell'anno e dei migliori per decade. In quest'ultimo caso, i risultati sono: Rod Laver (1968-1970), Jimmy Connors (1971-1980), Ivan Lendl (1981-1990), Pete Sampras (1991-2000) e Roger Federer (2001-2010). Rafael Nadal è secondo nel periodo 2001-2010. Anche in questi ranking, la scelta dei limiti temporali è arbitraria. Se avessi scelto di coprire sempre 10 anni ma tra il 1975 ed il 1984, molto probabilmente il migliore sarebbe stato Bjorn Borg.

Mi sento di dire che vedere il tennis come un "social network" offre una nuova, per certi versi affascinante e curiosa, prospettiva. Il ranking globale ottenuto non troverà mai un consenso generale tra gli appassionati (ma quale ranking potrà mai averlo?) forse proprio perché si guarda la storia moderna del tennis da una prospettiva cui non si è abituati. Soprattutto, mancano delle basi oggettive per dimostrare la validità di un ranking rispetto ad un altro e quindi la domanda "Chi è il più forte giocatore di tutti i tempi?" resterà forse per sempre senza una risposta universalmente condivisa. Credo però che le emozioni siano importanti non solo quando si gioca, ma anche quando si guarda il tennis. Ognuno di noi ha quindi una propria risposta.



Network dei vincitori multipli di Grand Slam basato sui soli incontri avvenuti in tornei dello Slam. In questa figura,vengono mostrati solo i giocatori con almeno due titoli Slam tra il 1967 ed il 2010. La grandezza dei nodi è proporzionale al numero di titoli. Lo spessore delle linee (connessioni tra giocatori) sono proporzionali al loro peso.



Nota finale

Vorrei sottolineare ancora una volta che il metodo di ranking proposto è minimalista. L'informazione di cui si tiene conto non è "Borg ha vinto Wimbledon nel 1980", ma "Borg ha sconfitto McEnroe, Gottfried, ... e questi a loro volta...". In poche parole, l'informazione "Wimbledon" non è inserita nel metodo. In quanto minimalista, il sistema di ranking non è perfetto ed alcuni risultati sembrano addirittura sfuggire alla logica. Prendiamo il caso più eclatante: Eddie Dibbs al posto 18 nella classifica generale.

Premetto che non sapevo dell'esistenza di Dibbs (all'epoca dell'apice della sua carriera ero appena nato) prima di ricevere alcuni commenti sarcastici riguardo il suo rank. Leggendo il suo curriculum, non posso certo completamente giustificare la sua posizione globale, ma posso provare a capire perché Dibbs non va tanto male nel ranking globale fatto dal PageRank. Dibbs ha avuto una discreta carriera negli anni 70, ed ha smesso di giocare all'inizio degli anni 80. Ha un bilancio di 584 incontri vinti e 252 persi, un totale di 22 titoli ATP e 20 finali, ed era al numero 6 nel year-end ranking ATP del 1978. Numero 6 nel 1978 alle spalle di Connors, Borg, Vilas, McEnroe e Gerulaitis e prima di Ashe, Nastase, Newcombe, ...? Beh allora non era troppo scarso come sostengono i miei critici. Tra gli sconfitti in alcune delle finali vinte da Dibbs figurano nomi di tennisti noti dell'epoca: Connors, Gottfried, Orantes, Gerulaitis… Negli Slam non ha mai eccelso: si ricordano 2 semifinali e 3 quarti a Parigi, più 3 quarti di finale agli US Open. Da quel che mi sembra di capire era uno specialista della terra, forse un "pallettaro". Guardando le prestazioni di Dibbs a Wimbledon e gli Australian Open, capisco che Dibbs aveva la vista lunga ed aveva compreso che un giorno avrei fatto un ranking di questo tipo. Non ha nessuna partecipazione all' Australian Open (abbastanza comune all'epoca) ed una sola a Wimbledon. Nel metodo basato sul network del tennis, vincere porta prestigio, ma perdere toglie prestigio. Dibbs, non giocando sistematicamente sulla sua superficie sgradita (l'erba), ha di fatto ottimizzato la sua performance nel ranking.

La strategia di Dibbs non vale più nel tennis dei giorni nostri. Nessun tennista di buon livello salta (se non per infortunio) importanti appuntamenti del circuito. Forse perché le superfici e di conseguenza gli stili di gioco si sono uniformati. Sono passati 30 anni e le cose sono molto cambiate. Eh si, il numero 6 del mondo che non gioca a Wimbledon è veramente roba di altri tempi.

Vedi anche:
Come decidere chi è il più forte? (Daniele Malafarina)
Uno scienziato sentenzia: "È Connors il più grande" (Valentina Di Marcantonio)

Filippo Radicchi

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