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01/04/2011 21:57 CEST - Le sconfitte

"God, It's killing me.."

TENNIS - La difficoltà di rimanere in campo, dopo una dura sconfitta, ha colpito tutti i migliori giocatori e spesso i momenti della cerimonia durante una finale possono assumere contorni funerei. Due gli episodi in Australia: nel 2009 con Roger Federer e nel 2010 con Andy Murray. Ma i grandi campioni sono tali anche nei momenti peggiori. Proponiamo i sei discorsi più emozionanti in odine sparso: a voi la scelta sul migliore! Danilo Princiotto

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Partiamo dalle dichiarazioni di Roger Federer nella conferenza stampa dopo la finale australiana nel 2009: “Ero sotto choc, eppure non potevo andarmene sotto la doccia. Ero bloccato là fuori in un momento così difficile”. Momenti ardui dunque, quelli che sopraggiungono a conclusione di una finale, specie se combattuta, per il finalista di turno. Tutti i migliori hanno avuto modo di provare cosa significhi stare sul campo e vedere l’avversario gioire inevitabilmente per la vittoria, ma tutti, o gran parte di loro, sono sempre stati in grado di dimostrare classe ed eleganza anche in queste situazioni. Con tutta probabilità John McEnroe è stato l’unico a perdere la lucidità necessaria dopo la finale del Roland Garros 1984 persa contro Ivan Lendl e ad abbandonare il campo durante il discorso del vincitore; il pubblico parigino (storicamente un pubblico esigente) non la prese bene ma quella ,per Big Mac, fu la sconfitta più dura, contro l’avversario più odiato: il carattere focoso ed estremamente onesto di John è sempre stato noto anche ai meno saccenti, e anche per questa sua peculiarità molti lo hanno amato.
Al di là di questa breve parentesi, molte sono state le cerimonie che hanno colpito l’emotività degli spettatori poiché, oltre alle solite frasi fatte, alle congratulazioni, ai meriti riconosciuti all’avversario e ai vari ringraziamenti, viene fuori il lato umano dei giocatori che troppo spesso rimangono lontani dalla gente “dimenticandosi che i fans sono il vero motore del tennis” (citazione, ndr).
Proponiamo di seguito le premiazioni di finali slam più interessanti per pathos ma anche simpatia e sportività in ordine sparso di classifica. A voi l’ardua scelta di decidere il discorso più sincero ed intrigante.

Federer vs Nadal  Australian Open 2009

“Ehy ragazzi! Di certo sono stato meglio. Grazie per il vostro supporto siete davvero incredibili. Forse proverò dopo non so….Dio tutto questo mi sta uccidendo!”
Certamente non poteva mancare il famoso pianto in diretta di Roger Federer che ha commosso diversi spettatori, tifosi e non, dello svizzero. Molti in quelle lacrime hanno individuato la fine del dominio svizzero anche se in realtà tutti sappiamo come finì quell’anno. D’altro canto, dopo un match di una qualità e tensione altissima come fu quello australiano, l’emozione di Federer (scoppiata dopo aver pronunciato quello stridente “God It’s killing me”) e la meritata ovazione che la Rod Laver Arena gli tributò durante la cerimonia provocarono delle forti emozioni in tutti noi e quei momenti, in particolar modo per chi lo ama, non potranno essere facilmente dimenticati. Eppure Roger, dopo una breve pausa, è stato in grado di riprendere in mano il microfono e dimostrare l’eleganza che da anni lo contraddistingue, singhiozzando delle sincere congratulazioni all’avversario di sempre. L’abbraccio altrettanto onesto e l’espressione di Rafa testimoniano l’enfasi del momento.

Federer vs Nadal  Wimbledon 2008
Riecco lo svizzero. Altra sconfitta immensamente difficile da accettare e altra dimostrazione di classe e sense of humor: “Ho provato di tutto, anche se un po’ troppo tardi. Comunque Rafa merita il titolo, è stato semplicemente fantastico….
Ho giocato contro l’avversario peggiore sul campo migliore. E’ sempre un divertimento giocare con lui, ma tornerò l’anno prossimo e…”
Indicando quella coppa che Federer aveva appena perso ma che ha sempre sentito come sua, lo svizzero dimostrava quel sano orgoglio che è sempre stato imprescindibilmente legato al suo carattere senza mai mancare di rispetto allo spagnolo. Chapeau.

Roddick vs Federer  Wimbledon 2009
Se quella cerimonia dovesse essere definita con un solo aggettivo, il più adatto sarebbe “toccante” ancor più del pianto di Roger; lo svizzero, nonostante la dura sconfitta, tornava a casa con 13 Slam e la targhetta di giocatore più forte della storia (datagli dal suo avversario). La tristezza del buon Andy Roddick nella consueta intervista post-finale parla da sé. Anche l’americano probabilmente sapeva che in quel giorno di Luglio si sarebbe giocato il match più importante della sua vita tennistica, quello che sarebbe valso un’intera carriera e probabilmente anche l’ultima chance per coronare il suo sogno: vincere sui prati verdi dell’All England Tennis and Crocket Club. La sorte però non l’ha assistito e la partita, sfuggitagli di mano con il passare dei minuti, ha assunto sempre più le sembianze di una beffa, conclusasi indegnamente con un drittaccio lungo e il punteggio di 16-14 nel set decisivo. Un amaro premio di consolazione fu quello di quindicimila persone che al suo nome si alzarono in piedi ad applaudire, tra cui Pete Sampras, Bjorn Borg, Rod Laver e lo stesso Roger Federer.
“Sono stato più che fortunato ad essere incoraggiato da voi, l’ho apprezzato molto. Devo fare le mie congratulazioni a Roger perché merita ogni cosa. Ci ho provato Pete...(riferendosi a Sampras e al suo record di Slam appena infranto) ma io non dispero e proverò un giorno a inserire il mio nome affianco a quello di Rod, Bjorn e Pete”.

Andy Murray vs Roger Federer  Australian Open 2010
“Posso piangere come Roger ma di certo non posso giocare come lui”.
La frase più maggiormente esplicativa di un altro pianto, quello di Andy Murray sempre in Australia. Altro momento emozionante di una partita che, soprattutto nel terzo set, è decollata sul livello emozionale e tecnico, con il britannico che ha sprecato qualche chance di troppo per provare a rientrare in partita. Un Andy certamente deluso ma non meno educato e rispettoso verso tutto il pubblico e l’avversario. Le lacrime poi non sono sempre sintomo di debolezza bensì di amore spassionato per questo sport


Patrick Rafter vs Goran Ivanisevic  Wimbledon 2001
Una delle partite più belle di sempre, una finale con tutte le potenzialità necessarie per essere portata in scena da un regista e che, se diventasse un film, interpreterebbe il ruolo di Pat Rafter come l’unico ostacolo tra il “Sogno” e il croato, come l’unico intermezzo in grado di poter separare Ivanisevic dal suo destino. Eppure l’australiano, dal brillante gioco di volo, fu parte quel giorno di un match straordinario, inseguendo ciò che anche per lui sarebbe stato il sogno di una vita. Rafter dopo la sconfitta non si è però scomposto, regalando ai paganti un ottimo discorso che per molti ha assunto i connotati di una lezione di umiltà e sportività.
“Sto bene, mi sono divertito. E’ normale essere un po’ depresso ma alla fine dei conti è stato un match di tennis ed entrambi ci siamo molto divertiti. Aspettavo da tempo quest’atmosfera, non so se a Wimbledon ci sia mai stato un match del genere e non credo che mai ci risarà (qui probabilmente si è sbagliato, ndr) e sono molto contento per questo. E’ il motivo per cui giochiamo; ritengo di essere veramente felice”.


Henri Leconte vs Mats Wilander  Roland Garros 1988
Pubblico splendido quanto esigente, dicevamo prima, quello francese in grado di accompagnarti su in paradiso in caso di vittoria, ma ,con la stessa velocita, capace di farti sprofondare negli inferi più bui se vittima di un risultato negativo. Ne sa qualcosa a proposito il talentuosissimo Henri Leconte, simile a Gasquet per la volontà quasi aberrante di gettare al vento partite già vinte e, se possibile, ancor più talentuoso. “Spero che abbiate capito il mio gioco”. Lo stesso, sommerso dai fischi del Philippe Chatrier, ha provato anche a giustificarsi per la tattica di gioco adottata che, alla lunga non ha prodotto risultati contro quel mostro di costanza qual’era Wilander. “Sapevo di rischiare molto, soprattutto su questa superficie ma oggi era veramente difficile” ha proseguito il povero Henri colpevole forse di non essere riuscito a bissare la straordinaria impresa di Yannick Noah, sullo stesso campo e contro lo stesso avversario; di certo non una piacevole sensazione essere fischiato dalla propria gente che non perdonò quella sconfitta al francese.
 

Danilo Princiotto

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