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28/04/2011 19:53 CEST - L'analisi

Argentina, Que pasa?

TENNIS - Nel 2003 il tennis argentino portava quattro giocatori in semifinale ad Amburgo, e contava otto rappresentanti tra i primi 50 del mondo. Pochi anni dopo, Del Potro a parte, la situazione appare molto meno rosea. Una generazione di ottimi giocatori è svanita, e mancano i ricambi. Che sta succedendo? Alessio Gradogna

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Anno 2003: al torneo Master Series di Amburgo si verifica un fatto più unico che raro. Quattro argentini, Calleri, Nalbandian, Coria e Gaudio, si qualificano per le semifinali, spazzando via la concorrenza e dando vita a un vero e proprio trionfo nazionale. In quel momento, il ranking vede otto argentini tra i primi cinquanta del mondo.

Anno 2004: Gaudio e Coria giocano uno contro l'altro la finale del Roland Garros. Una partita incredibile, che gli appassionati ben ricordano. In quelle settimane, in classifica, ci sono quattro argentini tra i primi venti.

Anno 2011, torneo Master 1000 di Montecarlo: l'Argentina schiera soltanto tre giocatori in tabellone, e il bilancio fa registrare una vittoria (quella di Gonzalez su Hanescu) e due sconfitte al primo turno. Il leader nella classifica Atp è Nalbandian, numero 23. Dietro a lui Monaco (38), Chela (41), Del Potro (46), Berlocq (72) e Maximo Gonzalez (82).

Confronti tra il (recente) passato e il presente, dai quali emerge spontanea una domanda: il tennis argentino è in crisi? Sì, probabilmente sì. Con le dovute distinzioni.

Il caso di Juan Martin Del Potro è ovviamente unico e non rapportabile a un discorso generale. Il campione di Tandil, dopo il trionfo agli Us Open 2009, è stato fermo ai box, nella sostanza, per quasi un anno. Dopo un breve e non convincente ritorno, ha rincominciato a frequentare con regolarità il circuito da pochi mesi. I risultati già si vedono: ancora non è al 100%, ma sta riassemblando i pezzi del suo tennis devastante. Le tessere del mosaico si stanno riunendo con discreta velocità, e appare chiaro a tutti, avversari in primis, che il giustiziere di Nadal e Federer a New York ha tutte le possibilità per tornare a primeggiare e a breve concorrere alla vittoria di altri Slam.

Dietro, però, la situazione si sta facendo preoccupante. Una generazione di alto livello sta scomparendo, e i ricambi appaiono assai deficitari. Nalbandian, a giudizio di chi scrive uno dei più forti (se non il più forte) giocatori di sempre a non aver mai vinto uno Slam (soprattutto per colpa sua), gioca a corrente alternata, frenato dagli infortuni, ed è davvero arduo credere che possa ancora tornare su in cima, tranne magari per qualche exploit isolato.

Mettendo da parte anche la Nalba, il panorama è abbastanza desolante. Coria non si è mai ripreso dallo shock di quella finale gettata alle ortiche, e alla fine ha deciso di lasciar perdere. Gaudio gigioneggia ancora in qualche challenger, soprattutto per lieti motivi che però esulano dal tennis, come lui stesso ha ammesso. Canas ha appeso la racchetta al chiodo. Calleri idem. Acasuso, cavallo (anzi “asino”) pazzo capace di tutto e anche del suo esatto contrario, è appena riapparso sulle scene, non si sa con quanta reale convinzione. Schwank, giustiziere di Moya in uno degli ultimi Slam del campione spagnolo, si dedica ormai soprattutto al doppio. Monaco è ancora qui, ma è assai improbabile che possa migliorare il suo già inatteso best ranking di numero 14, toccato nel 2008. Chela corre e sbuffa perseguendo le abitudini di una vita, ma ad agosto compirà 32 anni. Leonardo Mayer sembrava destinato a una carriera migliore. I vari Zeballos, Berlocq e Gonzalez stanno ottenendo forse già più di quanto ci si potesse aspettare, ma è improbabile pensare a un loro presente o futuro coinvolgimento tra le prime linee.

E i giovani? Dove sono i giovani? Federico Del Bonis, classe 1990, catalogato come futuro campione, fatica a rispettare i proclami, e attualmente naviga intorno alla duecentesima posizione. Bagnis, stesso anno di nascita, è ancora acerbo. Facundo Arguello, nato nel 1992, sta provando a emergere, ma ci vorrà tempo.

La situazione, dunque, non è propriamente rosea. L'Argentina è al sesto posto del Nation Ranking (ottenuto sommando le posizioni dei primi tre giocatori in classifica), e uno come Del Potro a fare da guida tante altre nazioni (Italia compresa) se lo sognano. Il futuro, però, a livello di movimento complessivo, appare incerto.

L'esplosione nei primi anni del nuovo millennio, capace di raggiungere e sopravanzare i ricordi sfocati dei vari Mancini e Perez-Roldan, era dovuta principalmente alla fame di vittorie dei suoi atleti, che scappavano dalla miseria di un paese allo sbando per cercare una possibilità di vita grazie allo sport. Una voglia di vincere capace di annullare i limiti tecnici, fornendo un importante insegnamento ad altri tennisti molto più ricchi e molto meno disposti al sacrificio (vero Gulbis?). Gli argentini arrivavano nel circuito con il sangue agli occhi, disposti a tutto pur di conquistare l'emancipazione da una patria distrutta, e talvolta, purtroppo, superavano anche i limiti dell'etica sportiva (tutti ben ricordiamo gli annessi casi di doping). Oggi, in Argentina, sono state aperte molte Accademie, e tennisti di tutto il mondo vi si recano per allenarsi, e imparare il rigore di una seria vita da atleta. Un obiettivo che va ben oltre rispetto alla semplice memorizzazione dei segreti della terra battuta. Accogliendo i giovani tennisti esteri, però, gli argentini stanno al contempo perdendo la forza propulsiva e autoctona che ne aveva fatto un movimento di primissimo livello, e accusano il peso di una flessione piuttosto evidente. I Calleri, i Coria, i Gaudio e i Canas non ci sono più, e nei prossimi anni Del Potro rischia di predicare solo.

Le geografie del tennis, si sa, cambiano e si modificano, si mescolano e si autorigenerano. Una volta dominavano l'Australia e gli Stati Uniti, poi ci sono stati gli anni d'oro di Svezia e Germania, adesso c'è la Spagna a fare incetta di gloria e vittorie, i talenti dell'Est Europa già affermati o in rampa di lancio, nazioni a cui manca il campionissimo ma comunque dotate di un solido e intoccabile serbatoio di buoni giocatori, ad esempio la Francia, e altri Stati in condizioni pessime (la Gran Bretagna, Murray a parte, la stessa Australia, l'Italia maschile). E l'Argentina dove sta? Per il momento in una terra di mezzo, il cui destino è di difficile previsione.

Alessio Gradogna

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