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07/09/2011 21:30 CEST - bilanci

Del Potro up and down

TENNIS - La sconfitta dell’argentino nel terzo turno dello Us Open è stata una sorpresa: oppure no? La stagione di Del Potro rimane fin qui positiva, con 2 titoli Atp e una pregevole rimonta nel ranking. Ma lo sforzo compiuto per tornare ad alti livelli alla fine si è fatto sentire, risultando in uno scivolone nella parte dell'anno che in passato gli aveva portato i risultati migliori. Teo Gallo

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Siamo a metà della seconda settimana dello Us Open, e Del Potro non è piú in tabellone. Delusion. La sconfitta con Simon, che sembra un tennista senza sangue né gloria ma quest’anno ha vinto 2 tornei e in carriera ha battuto sia Federer che Nadal, rimane in parte una sorpresa. Soprattutto perché Delpo ha sempre giocato benissimo negli Stati Uniti (5 dei suoi nove titoli Atp li ha conquistati negli Usa) e sul cemento sembrava favorito rispetto al francese. Del Potro è stato un top 5 e la sua vittoria a New York nel 2009 è stato un capolavoro tennistico; tremenda vittoria su Nadal in semifinale, seguita da un’epica rimonta sul Re di New York il giorno dopo. Ma sono passati due anni, di cui uno speso per recuperarsi da un infortunio grave. Il polso è tutto per un tennista e l’argentino ha dovuto praticamente ricominciare da zero.


Sembra sia passato molto tempo dal suo rientro, in realtà sono meno di 9 mesi, durante i quali Delpo ha vinto 2 tornei (Delray Beach e Estoril) e ha scalato la classifica fino al n.18. Si tratta di risultati che qualunque tennista nelle sue condizioni avrebbe firmato a gennaio. Tanto per fare un esempio, Tsonga, uno dei tennisti più caldi del circuito, non vince un torneo dal 2009. Tipsarevic, in forma e in ascesa, non ha mai vinto un Atp. Questo per dire che il rientro di Del Potro nel circuito è stato ottimo dal punto di vista dei risultati e ha confermato che non ci troviamo di fronte ad un buon giocatore, ma ad un tennista vincente. Uno che è capace di arrivare fino in fondo, uno che riesce a fare il suo gioco su qualunque superficie (certo l’erba rimane ancora un terreno minato). Insomma il tennista di Tandil merita applausi.


Tuttavia ci si aspettava che avanzasse almeno fino agli ottavi a New York:
eravamo pronti a vederlo affrontare un Nadal, un Djokovic, un Federer. Invece Simon, con la sua regolarità e senza far troppo rumore, lo ha eliminato.
In effetti qualche segnale di stanchezza era giá arrivato nelle settimane precedenti: la sconfitta con Mannarino al Queen’s va considerata al netto della superficie erbosa e del talento che il francesino possiede. Un incidente di percorso ci può stare. Dopo un torneo di Wimbledon corretto in cui Delpo ha battuto proprio Simon prima di arrendersi a Nadal, è iniziato il Tour de Usa, il suo terreno favorito. Caldo e cemento lo hanno portato ad essere quello che è. Negli Stati Uniti è nato il Del Potro che fa tremare il suolo al suo passaggio, con quel dritto terrificante e il grugnito da rinoceronte. In Nord America ha costruito la fiducia nei suoi mezzi, vincendo in California e a Washington nel 2008 (un solo set ceduto in 9 incontri) per poi bissare nella città del congresso l’anno successivo, raggiungere la finale a Montreal e disegnare la sua miglior opera d’arte a Flushing Meadows.


Quest’anno invece sono arrivate due batoste inattese: a Los Angeles contro Gulbis e in Canada contro Cilic, Del Potro ha perso nettamente (0 set a 4). Nessuno di questi due tennisti arriverà mai al livello dell’argentino, eppure questi match non hanno avuto storia.
In un altro contesto queste sconfitte sarebbero ingiustificabili, ma nel caso di Del Potro la spiegazione potrebbe essere la piú semplice. Il ragazzo è stanco. Dopo mesi passati a rincorrere, atteso da tutti ma solo con il ricordo di quell’estate in cui sbancò la città di New York, dopo mesi durante i quali ha compiuto la missione di rimettersi in pista e tornare testa di serie, dopo la fatica mentale che presuppone una rimonta dal posto n. 485 al 18, Del Potro è crollato. Non dimentichiamo che nelle giornate umide il polso si fa ancora sentire, come le ossa di chi ormai a tennis non gioca più da tempo. L’operazione è un ricordo lontano, ma fino a un certo punto. Non si poteva chiedergli di più. Da grande giocatore qual è, ha comunque spazzato via i moscerini Volandri e Junqueira, ma al primo match di un certo livello è andato giù, pur lottando come un leone. Simon non sarà così fortunato la prossima volta.

Se fossi un tifoso di Del Potro, non mi preoccuperei. Non ci sono state ricadute rispetto all’operazione, il suo stato mentale e fisico è sembrato più che buono nella maggior parte dei tornei, la sua stagione è piena di luci: tra febbraio e marzo ha raccolto 3 semifinali (tra cui Indian Wells) e la vittoria a Delray Beach. In Portogallo è stato solidissimo, ha battuto Soderling e un pugno di specialisti. Ha sbriciolato Verdasco in finale (6-2 6-2). Il calo di rendimento nell’ultimo mese era preventivabile e non è detto che gli impedisca di salire ancora nel ranking da qui a fine anno. Il ritorno in campo, dopo la semifinale di Coppa Davis la settimana prossima a Belgrado contro la Serbia di Djokovic, è previsto per il 9 di ottobre al Master di Shanghai: non risulta che l’argentino abbia in programma di iscriversi ad altri tornei oltre al Master asiatico e a quello parigino. Misurare le forze, sapersi accontentare, giocarsi bene le ultime carte e fare punti prima di affrontare un 2012 decisivo, che il suo staff considera l’anno della vera, completa resurrezione. Del Potro non è solo un grande giocatore: coltiva l’umiltà, una delle virtù degli uomini saggi. Il suo futuro, se la salute lo assiste, è un cielo sgombro di nuvole.

Teo Gallo

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