06/07/2013 11:42 CEST - WIMBLEDON 2013

Quando sull’aereo privato viaggia solo il barboncino

TENNIS - Due anni fa Novak Djokovic (vinse Wimbledon), rimase bloccato all’aeroporto di Londra per 6 ore. Pierre, il cagnolino adorato da lui e Jelena Ristic, non aveva i documenti d’espatrio. Tennisti da hotel a cinque stelle e da…ostello. Cosa potrebbero fare ITF e ATP. Da Wimbledon, Ubaldo Scanagatta

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Novak Djokovic, Jelena Ristic e il cane
Novak Djokovic, Jelena Ristic e il cane

WIMBLEDON _ Nababbi e poveracci. Circa seimila calciatori che giocano nelle prime 2/3 serie del loro Paese guadagnano bene. Anche molto bene. Un migliaio di loro vive proprio alla grande, inseguendo il pallone con il portafogli gonfio. Auto lussuose, donne bellissime, viaggi da mille e una notte. Come i migliori tennisti del mondo. Dieci, venti. O quelli che restano fra i primi 50 per dieci anni. Dal n.80 al n.110 sopravvivono grazie alle partecipazioni agli Slam.  Ma dal 150mo posto  in giù fanno la fame, se non ci pensa papà. Le spese sono tante e per arrivare fra i primi 100 ci vogliono anni e anni. Nessun teenager riesce più ad entrarci. Non sono più i tempi dei Chang, dei Becker. Il fenomeno Djokovic, oggi n.1 del mondo, era l’unico teenager fra i top 100 quando aveva 19 anni. Insomma per arrivare a 22/23 anni disputando 25 tornei l’anno ci vogliono investimenti colossali che non tanti possono permettersi. Questo è il primo vero grande  problema che l’Atp, e prima ancora l’ITF, dovrebbero mettersi in testa di risolvere quando nomineranno il loro CEO, in sostituzione dello scomparso Brad Drewett. Ci vuole uno che capisca questo problema e che si ingegni per risolverlo. Oggi la torta la mangiano tutta i primi della classe. Anni fa Etienne de Villiers credeva che si dovessero aumentare i premi del circuito Atp, ma non aveva capito che prima bisognava far aumentare considerevolmente i premi degli Slam per arrivare a quel risultato. Oggi si sono fatti passi avanti in quella direzione. Ma il primo problema è dare continui ricambi a coloro che oggi sono top 110.

Una volta era più facile salire fra i primi 100, c’era maggiore ricambio. Oggi è diventato durissimo. I giocatori sono quasi sempre gli stessi, anche se proprio in questo Wimbledon _ forse perché i tennisti meno forti arrivano determinatissimi a giocarsi il tutto per tutto per fare il grande balzo nella sopravvivenza e nell’illusoria notorietà _ un Darcis n.135 o uno Stakovski n. 116 hanno vissuto il loro giorno di gloria. Effimera, ritengo. E’ difficile trovare una soluzione? Forse.

Certo è che se ATP e ITF non ritengono di affrontare insieme il problema _ e l’ATP avrebbe bisogno di un CEO con le contropalle _ non lo risolveranno mai. Un’idea potrebbe essere quella di valorizzare i challengers, di farli crescere. Oggi stanno sparendo quelli da 100.000 e 50.000. Chi organizza non riesce a recuperare i soldi del montepremi e del resto. Ma senza quei tornei lì, che possono finanziare i giocatori del domani, il ricambio non ci sarà mai.

Tutti gli Slam hanno finalmente deciso _ pressati dai top-players e dai loro agenti _  di aumentare i loro montepremi di parecchi milioni di dollari, per distribuire ai giocatori un po’ più di quel misero 15% che avevano versato finora in rapporto ai loor guadagni. Da qui al 2016 ci saranno Slam con 35 milioni di montepremi: Australian Open ($31 million, più 15 per cento), French Open ($28.7 million, più 16 per cento), Wimbledon ($34.4 million, più 40 per cento) e US Open ($33.6 million, più 31 per cento).

Ma questi soldi vanno e rischiano di andare sempre agli stessi, se le cose non cambiano. Il problema è fare guadagnare gli altri, quelli che sono classificati dal n.100 al n.300. E un domani quelli dal 300 al 500. Altrimenti il tennis resterà uno sport d’elite, per coloro che se lo possono permettere o per quelli che hanno federazioni ricche alle spalle (come la Fit, ad esempio, che però li investe a modo suo e da 35 anni non è stata capace né di tirar su un top-ten, né di moltiplicare i challenger di primo livello, ma ha perso i tornei ATP che negli anni Novanta in Italia sono stati anche sei o sette).

Come si potrebbe fare? Beh, una prima mossa potrebbe essere questa:  ITF e ATP (c’è maggior ricambio nel tennis femminile, è relativamente più facile trovare posto fra le prime 100 donne) mettono insieme un bel pool di un milione e mezzo di dollari (una sciocchezza in rapporto agli investimenti che hanno fatto per arricchire gli Slam venendo incontro alle richieste dei giocatori che sembravano pronti a scioperare…anche se non lo avrebbero mai fatto) premiando secondo criteri ben studiati ed oggettivi i migliori challenger esistenti che investono da anni 25.000 dollari con un contributo “supplementare” di 75.000 dollari.

Con 20 challenger da 100.000 dollari di montepremi se si “investono nel pool 1,5 milione di dollari _  ma potrebbero esserci 40 nuovi challenger da 100.000 dollari se i milioni messi a disposizione del progetto fossero tre inv ece di uno e mezzo _  si avrebbe un notevole incremento di soldi per i giocatori di seconda fascia. Oggi i challenger “ricchi” non sono che una ventina. Fossero una sessantina le cose cambierebbero radicalmente.

Tutto questo m’è venuto in mente quando l’amico e vecchio collega del Daily Mail Malcolm Folley mi ha raccontato della sua intervista fatta con Djokovic e alla sua fidanzata Jelena Ristic sulla Maserati color crema che lo portava a Londra da Heathrow.

Il suo primo discorso da campione Novak l’aveva fatto con un inglese elementare alla sua prima maestra sul cmapo da tennis quand’era ancora un bambino, Jelena Gencic: “My name is Novak and I am the winner of Wimbledon”, gli aveva detto ridendo Nole ricordando i tempi dei primi campi da tennis vicini alla pizzeria di montagna gestita dai genitori.

Jelena Gencic,76 anni, è morta un mese fa nei giorni in cui Novak si trovava al Roland Garros. “Era una seconda madre per me: mi incoraggiava a sentire la musica classica, e ogni tanto lo faccio, mi faceva leggere le poesie di Pushkin, imparare le varie culture…”

Ora nella vita di Novak c’è un’altra Jelena, la ragazza che si è laureata alla Bocconi, e c’è anche un certo Pierre. “Non siamo sposati e non abbiamo figli io e Jelena…e Pierre (un barboncino bianco) è come nostro figlio. Viene dovunque andiamo noi. Quando ho perso la semifinale maratona con Rafa a Parigi ero abbattutissimo, davvero a terra. Ma arrivato nella casa dove stavamo Pierre arrivò di corsa a darmi il benvenuto, saltandomi in collo, facendomi le feste. Era felice di rivedermi, non sapeva che avevo perso e non gli interessava. Riuscì a farmi sorridere. E ora, quando sono a Wimbledon, fare una passeggiata con Jelena e  lui nei parchi mi distende i nervi in modo incredibile…La gente che ci incontra prima vede una bella ragazza con lui e solo dopo vedono uno che normalmente ha una racchetta in pugno. Pierre è la superstar”.

E viene fuori a questo punto, racconta Malcolm, la storia incredibile: “Due estati fa, quando poi vinsi il mio unico Wimbledon, fummo costretti a restare seduti 6 ore sull’aereo perché Pierre aveva il suo passaporto ma la società di charter che avevo noleggiato aveva dimenticato di avvertire che trasportavo un cane. Alla fine Pierre dovette tornare a casa (aeroporto di Nizza, e poi via alla residenza di Montecarlo).

Nel sentire questa storia, beh ho pensato a quanti tennisti di seconda fascia, avrebbero voluto essere …il barboncino di Djokovic, che per carità fa benissimo a provare questi sentimenti per un cagnolino. Non interpretatemi male, per favore. Ho grande simpatia per Nole, è un ragazzo intelligente che merita di essere n.1 del mondo _ e i numeri uno hanno sempre molte più possibilità di chi è n.150 in ogni professione _ estroverso, generoso e…insomma non pensate che il fatto che io abbia tirato fuori questa storia voglia metterlo in cattiva luce. (Sennò non mi regalerà mai la giacchetta Uniqlo da 35 dollari che mi ha promesso un anno fa per mia moglie: lo sapete che sono corruttibilissimo!). Però sapere di ragazzi che viaggiano in Ryan Air o in treno per cercare di galleggiare nei circuiti minori stride nel contrasto. Che è poi uno dei tanti contrasti di life-style che si vivono quotidianamente nella nostra vita. Solo che secondo me il mondo del tennis potrebbe mitigare questi contrasti se avesse una dirigenza all’altezza. Non ce l’ha in Italia, ma temo non l’abbia troppo illuminata nemmeno fuori dai nostri confini.

Da Wimbledon, Ubaldo Scanagatta

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