27/07/2013 14:27 CEST - Approfondimento

Perché i giudici non hanno creduto a Troicki?

TENNIS - Seconda e ultima parte della nostra analisi sulla sentenza per il caso Troicki. I giudici accreditano la versione della dottoressa che ha eseguito i controlli. Ma non al giocatore, che dice: lei mi ha detto che potevo non fare il test perché stavo male. Perché? Ecco tutti i punti oscuri. Alessandro Mastroluca

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Viktor Troicki
Viktor Troicki
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Al centro del caso Troicki, sospeso per 18 mesi per non aver fornito un campione di sangue durante un test al torneo di Montecarlo del 15 aprile 2013, c'è la figura della dottoressa Gorovilova, la doping control officer del Masters 1000 monegasco. Era lei che svolgeva i controlli antidoping. È stata lei, secondo la versione di Troicki, a dirgli che poteva rifiutarsi di fornire un campione di sangue perché quel giorno stava male, come descritto nella prima parte di questa ricostruzione  basata sulla sentenza del tribunale indipendente che ha squalificato il tennista serbo. È stata lei, secondo quanto Troicki e il suo coach Jack Reader dicono subito dopo al manager dell'ATP Bratoev, a dirgli di scrivere la lettera all'ITF e a suggerirgli, se non addirittura a dettargli, cosa scrivere nella lettera.

La dottoressa nega e i giudici le credono, con una motivazione che qualche dubbio lo lascia. È troppo esperta, scrivono, per aver fatto una cosa del genere; e in più, se davvero l'avesse fatto, se avesse fornito rassicurazioni di qualunque tipo a Troicki, l'avrebbe scritto nel suo rapporto. La nostra ricostruzione non può che partire da qui. Dalle due domande centrali che ruotano intorno alla figura della dottoressa Gorovilova. Quali sono i compiti, i doveri di un doping control officer? E soprattutto cosa c'è scritto nel rapporto che la dottoressa compila la sera del 15 aprile 2013?

I COMPITI DI UN DCO
Le linee guida per i medici che hanno la responsabilità di svolgere i controlli antidoping sono fornite dalla International Doping Tests and Management Limited (IDTM). La dottoressa Gorovilova ha allegato i materiali della IDTM alla sua dichiarazione giurata. Nella sezione rilevante per il caso, riportata nella sentenza, si legge:

“Non c'è alcuna valida scusa per un DCO per non procedere a raccogliere un campione dall'atleta una volta che all'atleta sia stato notificato il controllo. Se un atleta rifiuta di fornire un campione in accordo con le procedure, è compito della sua federazione internazionale aprire un'indagine e trattare il fatto come una possibile violazione... Se vi trovate in una situazione che possa essere interpretata come una mancata ottemperanza (failure to comply), dovreste seguire i sei passi indicati qui di seguito:
1. Mantenete un comportamento educato. Siate molto chiari sulle responsabilità dell'atleta...
2. Informate l'atleta... delle possibili conseguenze di una mancata ottemperanza alla procedura antidoping...
3. Assicuratevi sempre che non sussistano incomprensioni (come... problemi di lingua ecc.)
4. Incoraggiate sempre l'atleta a procedere con il test...
5. Le informazioni rilevanti sulla mancata ottemperanza dovrebbero essere sempre allegate al modulo sul controllo antidoping... Il DCO dovrebbe sempre incoraggiare l'atleta a firmare il modulo
6. Cercate di ottenere le firme di testimoni...
In caso di mancata ottemperanza ai controlli, è molto importante che inviate un rapporto al quartier  generale dell'IDTM il più presto possibile. Prendete nota di tutto quello che succede e compilate un rapporto esaustivo e dettagliato...
”.


IL RAPPORTO
Subito dopo il test, la dottoressa Gorovilova invia un'email al suo superiore, Neal Soderstrom, spiegandogli l'accaduto. “Ci ha informato che non poteva fornirci un campione di sangue oggi a causa delle sue condizioni di salute. Abbiamo detto che doveva sottoporsi al controllo sul sangue. Ha detto che si sentiva davvero molto male e non poteva fornire il campione di sangue, gli abbiamo consigliato di contattare il dottor Stuart Miller. Abbiamo solo un numero di fax, ha provato diverse volte a chiamarlo, ma non funzionava. Gli abbiamo chiesto di scrivere e spiegare perché non potesse fornire il campione di sangue. Ha firmato il modulo e ha scritto su un foglio a parte perché non poteva sottoporsi al test”. Più tardi, Gorovilova chiede al dottor Kuentz, uno dei tre medici del torneo, se Troicki si fosse rivolto a uno di loro quel giorno. Kuentz risponde di no. Stando a quanto risulta dalla sentenza, Troicki è tornato direttamente in albergo dalla sala dei controlli e si è messo a dormire; Reader non gli suggerisce, non lo incoraggia a rivolgersi ai dottori dopo quanto successo.

La sera, Gorovilova scrive il rapporto per Soderstrom, che invierà la mattina successiva, in cui fornisce ulteriori dettagli:
“Ho spiegato a Troicki che il suo rifiuto di sottoporsi al test avrebbe potuto portare delle sanzioni. Lui ha detto che non si stava rifiutando di fornire il campione, solo che non poteva fornirlo in quanto si sentiva male e eccezionalmente debole. Ha detto che si è sottoposto ad altri test in passato e non ha mai chiesto di cancellarli. Ha detto che darà un campione in futuro, ma oggi è un'eccezione dovuta alla sua salute”.

IL DAY-AFTER
La mattina dopo, Gorovilova va a parlare con Bratoev, che le chiede cosa sia successo con Troicki e cosa potrebbe succedere al giocatore. La dottoressa spiega che l'ITF avrebbe verificato se il serbo avesse o meno ragioni valide per non fornire un campione di sangue. Aggiunge anche che Troicki non si è rivolto ai medici del torneo il giorno prima. Secondo quanto testimoniato da Bratoev, Gorovilova gli dice anche che sarebbe andata da Troicki per chiedergli se avesse un qualche certificato medico per il giorno prima, perché per lui sarebbe stato meglio. Bratoev capisce che il rifiuto di fornire il campione di sangue potrebbe creare problemi a Troicki e gli va a parlare. Il giocatore insiste: crede di aver fatto abbastanza scrivendo all'ITF includendo nella lettera quello che la dottoressa gli ha suggerito e non pensa di dover fare altro. Bratoev però gli fa capire che le cose potrebbero non stare così e gli suggerisce di tornare nella stanza dei controlli antidoping e di riparlare con la dottoressa Gorovilova.

Troicki, si legge nella sentenza, le dice di non avere alcun tipo di certificato medico e le spiega che le sue condizioni di salute sono migliorate. “Avrebbe senso fare il controllo adesso, visto che sto meglio?” le chiede. “Sì sarebbe grandioso” risponde Gorovilova con entusiasmo. “Potrebbe essere d'aiuto mostrare la tua volontà di fare il test”. Gorovilova aggiunge una nota nel rapporto a Soderstrom in cui spiega come Troicki abbia svolto i test il 16 aprile. Test che, secondo quanto riferisce il giocatore nella dichiarazione pubblicata sul suo sito ufficiale, risulta negativo.

Tuttavia, un test negativo a 24 ore di distanza non può essere considerata una prova conclusiva dell'innocenza di nessun atleta, in quanto esistono sostanze illecite che, anche attraverso microdosaggi, possono essere smaltite anche nel giro di sei-otto ore. In linea di principio, un atleta potrebbe risultare positivo oggi e negativo domani.


PERCHE' I GIUDICI CREDONO A GOROVILOVA
Benché la dottoressa Gorovilova non si fosse mai trovata in una situazione simile prima, scrivono i giudici, “non abbiamo dubbi che nella circostanza avrebbe avuto in mente quelle linee guida e che avrebbe cercato di seguirle scrupolosamente”.

I giudici concludono che la dottoressa non ha rassicurato Troicki, ma gli ha detto che sarebbe stato compito dell'ITF valutare se la sua condizione fosse una valida ragione per non sottoporsi al test, che non ha in alcun modo fatto capire che scrivendo la lettera all'ITF sarebbe andato tutto bene. Come arrivano a questa conclusione? “Questo comportamento è in accordo con le linee guida e con quello che ci aspetteremmo da un DCO esperto come la Gorovilova, considerato lo scopo delle sue responsabilità e i limiti della sua autorità. Lo affermiamo perché abbiamo trovato in lei una testimone cauta, riflessiva, sincera che ha usato le parole con molta attenzione”. Che le sue parole potessero essere caute, riflessive ma non sincere, scelte con attenzione per evitare di peggiorare la sua posizione ai giudici evidentemente non appare credibile. Basta la sua condotta in udienza per avvalorare la tesi della sua condotta nella stanza dei controlli il 15 aprile 2013? Per i giudici sì. Per noi non del tutto.

Non solo. Questi comportamenti, scrivono i giudici, “sono in accordo anche con l'email e il rapporto inviato a Soderstrom. Se Gorovilova avesse dato una qualche rassicurazione a Troicki l'avrebbe scritto nell'email e nel rapporto in cui ha descritto tutti gli eventi che si sono verificati (come richiesto dalle linee guida IDTM).

I giudici, dunque, non prendono in considerazione una seconda possibilità. Scelgono di non credere alla versione di Troicki. Scelgono di non credere che la dottoressa possa aver davvero rassicurato il giocatore che il suo malessere di quel giorno poteva costituire una giustificazione sufficiente a fargli saltare il test senza incorrere in sanzioni. Ma se davvero fosse questa la verità (e nessuna delle due parti, né la dottoressa né Troicki possono portare prove a sostegno delle proprie parole), la dottoressa sarebbe andata oltre il proprio ruolo. Avrebbe commesso una leggerezza, un errore. E magari, se fosse questa la verità, avrebbe potuto omettere questi dettagli nel rapporto per salvare la propria reputazione, o addirittura il proprio lavoro.

PERCHE' I GIUDICI NON CREDONO A TROICKI
Troicki è un uomo fiducioso e determinato” si legge nella sentenza, “desideroso di convincere la corte di non aver fatto nulla di male. Noi accettiamo l'idea che avesse una genuina convinzione nell'accuratezza del suo racconto. Ma questo non vuol dire che il suo racconto fosse nei fatti accurato”. Perché, si domandano i giudici, Troicki dice a Bratoev, appena uscito dalla stanza per i controlli, che la dottoressa gli ha dato totali rassicurazioni mentre nella dichiarazione scritta e firmata quattro giorni dopo scrive solo che Gorovilova gli ha detto: “Dovrebbe essere tutto ok”?

Secondo i giudici, Troicki avrebbe ingigantito con il manager dell'ATP le rassicurazioni ricevute e sarebbe stato accurato nella sua ricostruzione successiva. “Perché sarebbe stato così categorico con Bratoev” se le cose non stavano così, si chiedono i giudici? “Perché stava male, gli girava la testa, era nel panico all'idea di farsi prelevare il sangue per la sua paura degli aghi e il timore di stare peggio. Allo stesso tempo, era consapevole delle regole antidoping e doveva assicurarsi di non incorrere in sanzioni per non aver fornito il campione di sangue. In quella situazione stressante (…) Troicki ha sentito quello che credeva di aver bisogno di sentire dalla dottoressa Gorovilova cancellando tutto il resto. Perciò:
a. Troicki non ha interpretato bene l'affermazione di Gorovilova che non poteva rispondere se le sue ragioni per non fornire il campione di sangue fossero valide o meno e ha visto il suo consiglio di inviare una spiegazione per iscritto come qualcosa che non era, come la potenziale offerta di una soluzione al problema quando invece era semplicemente una proposta che rientra nel processo da seguire in queste circostanze
b. Troicki ha sentito nelle parole della dottoressa Gorovilova, mentre stava scrivendo la lettera all'ITF e firmando il modulo, rassicurazioni che suggerivano un esito positivo come risultato delle sue azioni, mentre in realtà quello che lei stava facendo era semplicemente incoraggiarlo educatamente a completare quelle pratica, sempre in accordo con le linee guida dell'IDTM
”.

Non accettiamo” concludono i giudici, “che Troicki abbia mal interpretato le sue affermazioni al punto da giustificare quello che ha detto subito dopo a Bratoev. Il suo tentativo di parlare con il dottor Miller, il contenuto della lettera a Miller” in cui manca ogni riferimento alle rassicurazioni da parte di Gorovilova, “il fatto che non si sia lamentato con la dottoressa il giorno dopo, quando gli era ormai chiaro che il suo rifiuto gli avrebbe potuto creare dei problemi” e quello che Troicki ha scritto nella dichiarazione per la corte quattro giorni dopo “indicano che non fosse così fiducioso sull'esito come voleva far credere a Bratoev. Si può provare a capire perché abbia ingigantito la posizione con Bratoev; Troicki ci è apparso come una persona che tende a esagerare per difendere la propria posizione, ma è anche possibile che si sia espresso così per evitare che Bratoev gli dicesse di tornare indietro e sottoporsi al test”.

Conclusioni coerenti con il quadro accusatorio. Ancora una volta, però, esiste una versione diversa dei fatti, in cui tutti gli elementi possano comunque trovare una collocazione coerente.

Nella versione di Troicki, la dottoressa lo rassicura e gli suggerisce cosa scrivere nella lettera: in questo quadro, è plausibile che non gli dica di mettere nero su bianco dettagli che potrebbero mettere lei in cattiva luce. Nella sua versione, Troicki esce e dice a Bratoev come sono andate le cose, senza ingigantirle. Torna in albergo e dorme, in quanto ha fiducia di essere nel giusto. E quando torna dalla dottoressa il giorno dopo, ha la piena convinzione che facendo il test un giorno dopo le cose si sistemeranno. Perché dovrebbe lamentarsi? I giudici, però, non danno credito a questa versione dei fatti. Si limitano ad accettare la verità della dottoressa e interpretare gli elementi indiziari in modo da farli aderire a questa verità.

CONCLUSIONI
Troicki ha già annunciato che farà appello, ed è pronto ad arrivare fino al TAS. Spazi per una revisione della decisione sembrano esserci. È possibile che i giudici d'appello considerino maggiormente credibili rispetto al tribunale indipendente che l'ha squalificato 18 mesi, la versione di Troicki e si possa arrivare a una riduzione della pena.

Crediamo difficile, tuttavia, se non impossibile, che si arrivi a ribaltare la sentenza e considerare il giocatore innocente. La regola che impedisce di differire il momento del test sul sangue in assenza di “compelling justification” come detto è fondamentale: i test sui campioni di sangue consentono di individuare sostanze o pratiche proibite che i test sulle urine non possono rivelare. Sostanze e pratiche che, in molti casi, possono essere smaltite anche nel giro di poche ore. Per questo bisognerebbe impedire quanto più possibile le chance di un atleta di differire il test. Allargare le maglie della “compelling justification”, della giustificazione persuasiva, della valida ragione, fino a comprendere difese come “sto molto male” o “ho paura degli aghi” potrebbe voler dire aprire una breccia per chi in futuro volesse cercare una strada per barare e farla franca.

Alessandro Mastroluca

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