Tennis in Translation, John McEnroe: "Mia madre veniva a vedermi quando pensava che avrei perso"

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Tennis in Translation, John McEnroe: “Mia madre veniva a vedermi quando pensava che avrei perso”

Il tennista americano racconta la sua infanzia al The Guardian, in un’intervista che sembra tanto un flusso di coscienza

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Se devo essere onesto,durante la crescita sono stato un ragazzino molto timido. Ed ero anche molto gentile. Questo non lo avreste detto, vero? Ero il più grande di tre fratelli. Mark è più giovane di tre anni e mezzo, mentre Patrick di sette. Mark e io ci azzuffavamo – mia mamma ha detto che io gli saltavo addosso senza pietà, cose che fanno i fratelli più grandi. Ma quando avevo 15 anni e lui improvvisamente divenne più alto di me, ho deciso che era giunto il momento di smetterla di fare a botte e di essere cattivo con lui. Da quel momento in poi ho sempre cercato di piantarla. Tra me e Patrick c’è una differenza così ampia che quando sono andato a Wimbledon per la prima volta nel 1977, lui aveva 10 anni. Poi ho lasciato il College e sono diventato professionista, quindi non lo vedevo così spesso, ma successivamente ci siamo riavvicinati quando è cresciuto, e ha seguito i miei passi iniziando a giocare a tennis a livello professionistico.

La mamma era quella che teneva la famiglia unita, ma in maniera molto rigida. Essendo io il primogenito, penso che lei sia stata più dura con me rispetto ai miei fratelli. Ci raccontò che quando nostro padre andò a scuola di legge erano in 500, e lui finì come secondo nella sua classe. Lei gli disse: “Perché non hai fatto primo?” L’anno dopo lui uscì davanti a tutti. La morale è che ha sempre voluto che noi facessimo del nostro meglio e mettessimo il massimo sforzo nel fare le cose perché sapeva di cosa eravamo capaci. Io mi sono spinto verso la perfezione. Di solito piangevo quando non riuscivo a prendere il voto più alto ai compiti della scuola media. Mia mamma è sempre stata al mio fianco in ogni situazione. Lei veniva ai miei match di tennis solo se pensava che avrei perso. Voleva essere lì per me nel caso mi sarei arrabbiato, ma la cosa mi ha fatto riflettere, “Un oh!” Stava attenta a me – a lei davvero non piaceva l’idea che qualcuno si sarebbe preso vantaggio di me e, nella sua testa, questo sarebbe stato la fine di un’amicizia.

Mio padre mi ha aiutato a credere in me stesso. Lui aveva due lavori per sostenere la famiglia prima che diventasse un avvocato. La cosa che gli piaceva di più era passare tempo con noi nei fine settimana o guardarci fare sport agli allenamenti. Purtroppo crescendo non ho conosciuto bene i miei nonni. Mia nonna paterna morì di Alzheimer quando ero molto giovane e mio nonno paterno morì poco dopo. I genitori di mia madre si trasferirono in Florida quando avevo poco più di 10 anni. Stranamente li vidi più spesso quando giocavo a tennis e giravo per il tour; mia madre mi spingeva sempre a vederli il più spesso possibile prima che morissero.

Sono stato capocannoniere della squadra di calcio della mia scuola superiore per quattro anni e ho giocato come guardia a basket per due anni. Capitò poi che noi abitavamo distanti solamente una via dal circolo tennis. L’intera famiglia si iscrisse e io bighellonavo lì in giro. Quando la mia dote naturale fu notata, mio padre mi ha incoraggiato a portarla al livello successivo. Mi disse che avrei potuto farcela, sarei potuto essere il migliore. L’ironia è che i miei genitori non avevano ancora giocato a tennis, finché io non iniziai a prendere la cosa più seriamente. Fui fortunato che i miei genitori non erano troppo intraprendenti. Di questi tempi, è molto più dura per i giocatori in erba, i quali sviluppano il proprio talento in giovane età. I miei genitori probabilmente si preoccupavano più che io continuassi la mia educazione e andassi in una buona Università. Non volevano riporre tutte le mie chance in un’unica cosa perché sapevano i rischi che corre un atleta e di come gli infortuni possano spezzare la tua carriera.

Ora ho sei figli, cinque miei e una acquisita. Ho voluto essere qualcuno che gli facesse capire come loro erano amati. Ho voluto essere qualcuno che, qualsiasi cosa sarebbe capitato nelle loro vite, loro sarebbero potuti tornare a casa in un posto sicuro, dove sono stati cresciuti. Gli guarderò sempre le spalle.

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