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Libreria

La Piccola Biblioteca di Ubitennis. Filosofia del tennis

Il tie-break come “spirito del tempo”, il gioco di Panatta come “libero arbitrio”, il tennis come condizione dell’uomo moderno. Per i nostri venerdì letterari recensiamo un libro serio e leggerissimo. Un divertissement che spiega la filosofia con il tennis ma soprattutto il tennis con la filosofia

Last updated: 01/02/2017 10:04
By Redazione Published 13/01/2017
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12 Min Read

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Magnani C., Filosofia del tennis. Profilo ideologico del tennis moderno, Mimemis Edizioni, 2011, pagg.128

Il titolo di questo bellissimo libro di Carlo Magnani (ricercatore di Istituzioni di Diritto Pubblico all’università di Urbino e appassionato di tennis) è di quelli che inducono il potenziale lettore a riporre il testo nello scaffale della libreria subito dopo averlo preso in mano, attirato dalla copertina dove campeggiano quattro palline da tennis su uno sfondo verde che richiama l’erba di Wimbledon. Tuttavia il titolo non deve spaventare. In questo libro si parla soprattutto di tennis. E di tennisti. I pregi di “Filosofia del Tennis” sono più d’uno. È un libro scritto bene e in un linguaggio non specialistico (aspetto tutt’altro che scontato), i passaggi più spiccatamente filosofici sono presentati in modo divulgativo, ovvero in maniera comprensibile a chiunque ma non banale, è un libro scritto da un autore che di tennis ne ha visto e (presumibilmente) praticato molto, è un libro che sa essere anche divertente, è un libro che tratta il tennis da una prospettiva inedita e accattivante.

Magnani suddivide la narrazione in due parti. La prima, dal titolo emblematico: “I Fondamentali”, ci fa entrare nella dimensione metafisica del tennis. L’autore rilegge in chiave storico-filosofica gli aspetti centrali del gioco: servizio, diritto, rovescio, gioco di volo e ne tratteggia la nascita stigmatizzando il ruolo del tennis ante litteram (il gioco della pallacorda) nelle corti europee del XVI secolo come simbolo della nascita dello stato e dell’uomo moderno: l’uomo del Rinascimento. La comparsa del tennis corrisponde alla fine del medioevo e all’avvento della storia moderna, che porta con sé una concezione nuova e rivoluzionaria dell’uomo, in quanto essere pensante, consapevole di sé. Se il medioevo è affine agli sport di squadra, dove “la squadra, il gruppo, esprimono la rassicurazione della tradizione, sono qualcosa che c’era prima del soggetto che vi partecipa e che dopo di lui ci sarà ancora”, con l’avvento della modernità le cose cambiano radicalmente e il tennis, sport individuale per eccellenza, ne incarna lo spirito profondo: “La modernità rompe con questo schema e si apre così alla speculazione libera e al dubbio. Il soggetto (il tennista, nel nostro contesto n.d.r.) è il nuovo protagonista di questa stagione, nel pensiero come nelle arti e nella politica”. (Pag. 17)

Ed ecco la condizione del tennista sul campo:

“La solitudine dell’uomo moderno (rinascimentale n.d.r) che scopre di essere ‘solo’ il minuscolo centro di un universo immenso che lo sovrasta ma da cui può apprendere le leggi cosmiche, è pari alla impressione che si ha sul campo con la racchetta in mano. (…) La solitudine del singolarista è metafisica e filosofica, perché produce subito interrogativi sul contesto e sulle modalità, sulle regole e leggi dello ‘stare nel mondo’”. (pag. 17)

In questa prima parte ci sono innumerevoli spunti di riflessione, dall’invenzione del tie-break riconsiderato sotto la prospettiva filosofica di “essere e tempo” di Martin Heidegger, all’importanza del concetto di “inizio” in filosofia. Magnani accosta “l’inizio” filosofico al servizio nel tennis, contrapponendo gli “assolutisti” come Boris Becker, che vedevano in questo fondamentale un’arma con cui chiudere il punto prima possibile, ai “relativisti” come Panatta, che concepivano il servizio come un modo per iniziare un dialogo con l’avversario, perché solo così avrebbero potuto sviluppare pienamente tutte le potenzialità e la creatività del proprio gioco.

La seconda parte del libro, la più consistente, attira la curiosità e invoglia alla lettura fin dal titolo: “I Filosofi della racchetta” L’idea è semplice, brillante e originale a un tempo. Magnani sceglie alcuni campioni, dal passato tennistico più o meno recente fino ad arrivare ai giorni nostri, e a ognuno di essi associa un filosofo di epoca moderna o contemporanea. Filosofi e tennisti sono accoppiati in base alle caratteristiche di pensiero dei primi e di gioco dei secondi, partendo dell’assunto che un determinato tennista incarni, con il proprio gioco e la visione del mondo che ne consegue, la versione “sportiva” del pensiero di un dato filosofo. Ecco, allora, che Rod Laver si trova in compagnia di Cartesio, Jimmy Connors di Hobbes, Borg di Spinoza, a fare compagnia a Panatta c’è addirittura Giordano Bruno e così via passando per McEnroe, Lendl e altri fino ad arrivare a Federer e Nadal, i cui compagni di strada sono Heidegger e Bergson. I profili sportivo-filosofici dei tennisti presi in considerazione da Carlo Magnani sono tutti molto originali ma appaiono particolarmente pregnanti i capitoli su Borg/Spinoza e su Panatta/Bruno.

Nella pagina successiva, la rivoluzione di Borg e lo spirito libero di Panatta

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