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Editoriali del Direttore

Caffè con Moya (parte 1): “Se Nadal è più forte, vince anche da n.4″

Nel “salotto Lavazza” del Roland Garros. l’ex n.1 ATP parla di Djokovic e Agassi, di McEnroe e Raonic e del seeding

Last updated: 25/06/2017 8:45
By Ubaldo Scanagatta Published 22/06/2017
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4 Min Read
Carlos Moya - Australian Open 2017 (foto Roberto Dell'Olivo)

Rafa Nadal non aveva ancora dominato il suo decimo Roland Garros quando Giuseppe Lavazza ha invitato vari network televisivi e alcuni giornalisti della carta stampata e del web a prendere un caffè con Carlos Moya e Toni Nadal, con il solito Benito Perez Barbadillo a far da anfitrione e organizzatore della kermesse. Era anzi ancora in corso la prima settimana del torneo e l’attesa per qualche intervista, mentre erano in corso tanti match, è stata anche lunghetta. Gli intervistati, esauriti gli impegni televisivi, si spostavano da tavolo a tavolo sottoponendosi al fuoco di fila delle domande. La presenza di Moya in particolare era stimolante, a pochi giorni dall’annuncio filo-Agassi di Djokovic – che non aveva ancora perso da Thiem come capirete da una battuta di Carlos sul finire di questo prima parte di video-intervista (il cameraman è stato Roberto Dell’Olivo che ringrazio per la pazienza)  – perché il fatto che Nole avesse detto di conoscere assai poco Andre e di aver allacciato il rapporto soltanto via telefono, suggeriva qualche domanda al coach di Rafa riguardo alla “moda” dei giocatori di prendersi come coach, o come co-coach, degli ex campioni.

I casi di Edberg-Federer, Becker-Djokovic, McEnroe e lo stesso Moya con Raonic, Ivanisevic-Cilic, Lendl-Murray, Norman-Wawrinka, Davin-del Potro… Scelte di marketing? Scelte tecniche? Scelte psicologiche? Gliel’ho chiesto dopo essermi dilungato, forse troppo, sulla questione delle teste di serie e sul fatto che sebbene Rafa Nadal fosse considerato il superfavorito del torneo – e come si è visto… non senza qualche ragione – nel seeding del Roland Garros fosse soltanto n.4. Contro la logica che aveva ispirato Lewis Carroll, l’autore di Alice nel Paese delle meraviglie, ad introdurre le teste di serie: che è quella di evitare i duelli fra i più forti prima del tempo, del giusto. Il problema, afferrato dagli organizzatori di Wimbledon che si concedono di non rispettare completamente il ranking ATP, sulla base dei risultati ottenuti sull’erba negli ultimi anni, non riguardava soltanto il Nadal della situazione che invece d’essere n.1 sulla terra rossa era n.4, ma anche chi gli poteva capitare nel suo stesso settore, subendone gli svantaggi. Gli altri cioè.

Carlos non poteva non ricordarsi di quei tempi in cui – proprio a Wimbledon – comitati di cosiddetti saggi decidevano abbastanza arbitrariamente di promuovere qualche “erbivoro” e al contempo di retrocedere qualche “terraiolo”, con ciò dando adito spesso a feroci discussioni. Gli spagnoli erano regolarmente penalizzati dai “saggi” di Wimbledon che finivano per ignorare clamorosamente il ranking ATP e all’epoca erano furibondi. Anche se un po’ se l’andavano cercando rilasciando dichiarazioni del tipo: “L’erba è per i pascoli delle vacche” ancora dopo che Manolo Santana aveva trionfato a Church Road (1966).

Oggi le cose sono cambiate: Wimbledon si permette ancora una sua diversità rispetto agli altri Slam e tornei, ma i criteri con cui promuove o retrocede questo o quel giocatore sono criteri obiettivi, predefiniti, e non decisi in base al potenziale di un tennista… da erba. Ma Carlos Moya, a differenza del direttore che lo intervista, conserva sul problema teste di serie, la stessa visione di allora.

Domani la seconda parte su cosa può fare Andre Agassi in poco tempo per Novak Djokovic, sull’apporto che Carlos crede di poter dare sotto i vari profili a Rafa Nadal, sugli eventuali progressi di Nadal quest’anno rispetto a un anno e due anni fa. E l’opinione di Carlos Moya sul k.o. di Zverev al primo turno del Roland Garros per mano di Fernando Verdasco dopo che il giovane russo aveva trionfato al Foro Italico.


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TAGGED:Carlos MoyaRafael Nadal
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