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Roddick: “Tutti mi chiedono ancora della finale di Wimbledon 2009”

Alla vigilia della sua introduzione nella Hall of Fame, l’ex tennista statunitense ha parlato della sua vita da papà, del suo grande rivale Roger Federer e della storia riguardo ai trofei buttati nella spazzatura

Last updated: 22/07/2017 12:17
By Valerio Vignoli Published 22/07/2017
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6 Min Read


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Omaha, città più popolosa del Nebraska, e Newport, graziosa cittadina del Rhode Island, distano poco più di 2mila chilometri, non moltissimi per gli standard statunitensi. Ma ad Andy Roddick per percorrere questa strada ed entrare nella Hall of Fame del tennis sono serviti 12 anni di carriera, 32 titoli in singolare di cui uno US Open, 3 finali a Wimbledon, la posizione n.1 al mondo e una Coppa Davis. Alla fine però Andy, tanto abile a scagliare battute potenti in campo quanto divertenti fuori, domenica 22 luglio otterrà il posto che merita nell’olimpo di questo sport. Nonostante tutte le vittorie ottenute sul campo, il 34enne ex tennista americano non riesce però ancora a capacitarsi del fatto che il suo nome verrà per sempre accostato a quelli di leggende del calibro di Bjorn Borg, John McEnroe, Rod Laver, Pete Sampras. “Non so se me ne renderò mai davvero conto”, afferma Andy camminando per lo splendido circolo di Newport, “Ti fa sentire umile vedere i nomi di tutti questi grandi campioni. Sono contento di essere qua e di essere accostato a queste leggende”.

Il prestigioso riconoscimento arriva a soli cinque anni dal suo ultimo match giocato da professionista, l’ottavo di finale perso agli US Open contro l’argentino Juan Martin del Potro. Considerati i recenti successi degli Over 30 sul circuito, il ritiro di Roddick potrebbe sembrare prematuro visto a posteriori. Ma lui rimane convinto di aver preso la decisione giusta e si gode senza rimpianti la sua vita fuori dal mondo del tennis insieme al figlio Hank, di quasi due anni. “Quando mi sono ritirato non ero preoccupato di quello che avrei fatto a casa”, sostiene  Andy, “Ho sempre avuto una vita separata dal tour. Molte persone, quando si ritirano, si allontanano dalla loro vita sociale sul tour ma per me in un certo senso non è mai esistita. Certo sarei pazzo se dicessi che guardando Gilles Muller (di solo un anno più giovane di lui ndr) andare avanti a Wimbledon mi torna tutto in mente. Ma questi pensieri mi sfiorano solo raramente. La mia vita ora è diversa. Passo il mio tempo a cambiare pannolini e guardare cartoni animati”.

Il tennis giocato è dunque il passato per Andy. Talmente passato che qualche settimana fa sua moglie Brooklyn Decker ha raccontato in un’intervista di come lui un giorno di nascosto si sia sbarazzato di tutti i trofei che avevano in casa, fatta eccezione per quello più importante, alzato al cielo sull’Arthur Ashe Stadium nel 2003. Roddick sfrutta l’occasione per fare chiarezza sull’accaduto e smentire parte della storia. “Non so se sia stato drammatico come la gente lo immagina”, sottolinea con ironia, “Stavamo semplicemente traslocando. La storia ha preso una sua piega e all’improvviso sono rimasto con solo un trofeo. In realtà ne ho più di uno. Semplicemente non volevo che qualcuno entrasse nel nostro soggiorno e gli sembrasse un santuario di una carriera che non c’è più. Ero lì. Ho giocato le partite. Ho ancora i miei ricordi e quelli non vanno da nessuna parte”. Inoltre Roddick, con la sua solita franchezza, afferma come in fondo molta gente quando entra in casa sua sappia chi sia e quindi non abbia bisogno di trofei luccicanti per ricordare i propri successi da tennista.

Ad ulteriore testimonianza della sua popolarità, lo statunitense parla di come tanta gente lo fermi ancora per chiedergli di parlare di un match in particolare. Purtroppo per lui non si tratta di una vittoria ma della clamorosa sconfitta per 16-14 al quinto set contro Roger Federer nella finale dei Championships del 2009. “È il match del quale di solito tutti vogliono parlare con me, anche al bar”, rivela A-Rod “La gente mi dice dov’erano e cosa stavano facendo mentre la guardavano. E io sono orgoglioso di quella partita. Anche se alla fine non ne sono uscito da vincitore non penso avrei potuto eseguire meglio un piano di gioco di come ho fatto per quattro ore e mezza”. In quell’occasione, il campione elvetico firmò il suo sesto trionfo a Wimbledon. In molti pensavano che fosse l’ultimo. Tuttavia, pochi giorni fa, dopo aver vinto l’Australian Open a gennaio, Federer si è superato nuovamente, conquistando il suo ottavo titolo sui prati londinesi. Come tutti gli appassionati di tennis, anche Roddick ha finito le parole per descrivere la grandezza del maestro di Basilea, contro il quale ha perso 21 incontri su 24 in carriera. “Sono molto stupito da quello che sta facendo”, dice in poposito, “Tutti sappiamo, e io in primis, quello che è capace di fare su un campo da tennis. Ero convinto che avrebbe avuto un’altra possibilità di vincere un titolo dello Slam, probabilmente a Wimbledon o agli US Open. Ma tornare ed essere così vincente a 35 anni è tutta un’altra storia”.

Tuttavia Roddick non crede che il fatto di essersi dovuto misurare con un tennista di tale classe e talento conferisca alla sua carriera un valore maggiore. Perché forse a lui va bene che sia andata così, va bene essere quello che è, ovvero un “hall of famer”.

 


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