Federer prova tutto, Djokovic riesce. La semi di Bercy è sua

ATP

Federer prova tutto, Djokovic riesce. La semi di Bercy è sua

PARIGI – Tre ore di spettacolo ed emozioni all’AccorHotels Arena: lo svizzero gioca un incontro di splendida tenacia, annullando tutte le palle break, ma Nole ne ha di più e vince al tie-break decisivo. “È stata una delle nostre sfide migliori”

Pubblicato

il

 

da Parigi

La capacità di meravigliare e meravigliarsi ancora, a trentasette anni e quasi cinquanta sfide con lo stesso avversario, ce l’hanno soltanto i campioni. Che Roger Federer lo fosse non era in dubbio forse da mai, ma che potesse riuscire a stupire tutti di nuovo, al termine di una stagione lunga e piena, non era facile da immaginare. Soprattutto non così, non a questo livello. E soprattutto non era facile da immaginare che potesse non bastargli: Novak Djokovic vince la semifinale del Rolex Paris Masters battendolo ancora, stavolta per 7-6 5-7 7-6 in tre ore e tre minuti, la più lunga sfida in due set su tre della loro ultradecennale rivalità. Una delle migliori, per loro stessa ammissione, decisa su una manciata di punti.

Difficile riassumere un incontro del genere in un numero limitato di parole, perché il tennis in esso contenuto sembrava non finire mai. Per una volta si può partire dai numeri: non dicono tutto ma possono aiutare a capire, ad esempio, come sia stato diverso da tanti, e allo stesso tempo simile a tutti. In una inversione di ruoli quasi clamorosa, Federer ha annullato tutte e dodici le palle break concesse e ha strappato a Djokovic il servizio (e il secondo set) nell’unico game di risposta su diciotto in cui ne ha avuto occasione, con un passante in controbalzo prodigioso. Nella fedele riproduzione del gioco di entrambi, invece, Federer ha chiuso con un saldo positivo tra vincenti, 54, ed errori gratuiti, 52, mentre per Djokovic sono stati rispettivamente 31 e 32. Minuscole differenze che dimostrano come tutto sia stato in gioco dall’inizio alla fine, e quanto sia legittima l’amarezza dello sconfitto e dei suoi tifosi. Lunedì Djokovic sarà di nuovo numero uno del mondo, posizione alla quale per quest’anno Federer non può più ambire. Già domani invece avrà la possibilità di sollevare per la quinta volta il trofeo di un torneo che non lo ha mai visto perdere in finale.

Karen Khachanov dovrà sperare che i quasi centoventi minuti in meno nelle gambe lo aiutino perché altrimenti, nonostante una settimana di ottimo tennis, rischia il massacro. Oggi ha perso il Federer migliore, che da rimproverarsi ha davvero poco. Giusto i tre punti pavidi con cui ha concluso il tie-break del primo parziale, due scambi giocati con la paura di sbagliare e una risposta frettolosa a una seconda di servizio, che dal set point in suo favore hanno portato Djokovic per la prima volta in vantaggio. Il resto lo hanno fatto la stanchezza e l’età, peraltro molto più tardi del previsto. A dispetto dello scoreline, infatti, l’incontro non è stato dominato dal servizio, ma dal tennis a tutto tondo. Le fasi di studio, con così tanti precedenti, sono state saltate del tutto. Lo svizzero, anche per questioni anagrafiche, si è lanciato subito all’attacco: ogni volta che Nole ha provato a spingerlo lontano dal campo lui ha risposto d’anticipo, indifferentemente col dritto e col rovescio, rimanendo ben attaccato alla riga di fondo e provando contemporaneamente a togliergli tempo. A rete, poi, è stato semplicemente superbo, parandosi anche volto e break point con una volée vincente (che ha toccato due volte la racchetta, ma in modo regolare).

Djokovic ha avuto subito la palla per schiodare il match dall’equilibrio; Federer ce lo ha tenuto fino alla fine. La superficie non è più quella “razzo” di qualche anno fa, che l’ex direttore del Masters 1000 parigino Jean-François Caujolle ha ammesso a L’Equipe di aver preparato appositamente per aiutare Federer a vincere, ma continua a esaltare le palle tagliate e un gioco completo. Si è visto: gli scambi da fondo hanno tenuto un ritmo altissimo e si sono alternati a servizi vincenti, magie di volo, difese di qualità (un paio di ottimi lob di Djokovic sono stati fermati dal maxischermo) infiammando un pubblico ai limiti del calcistico. Se non oltre, dato che l’ultimo scambio dell’incontro è stato disturbato per ben due volte da un grido “out” proveniente dalle tribune. Ma del resto la perfezione non esiste, almeno non nel tennis. entrambi avranno ancora modo di aggiustare qualcosa sulla base dei pochi errori isolabili da due prestazioni nel complesso magistrali. Quella di Federer è stata superiore, magari, soprattutto dal punto di vista dello spettacolo, ma è stato soltanto Djokovic a dare ripetutamente l’impressione che qualcosa stesse per sbloccarsi in suo favore.

Alla fine è successo quando non sembrava dovesse succedere più: nel tie-break finale, allo scoccare della terza ora, Federer ha sbagliato un dritto, ha commesso un doppio fallo e non è riuscito a rimettersi in piedi, annullando i due match point sul suo servizio ma non il terzo. Non è la prima volta in stagione in cui esce sconfitto da un braccio di ferro: basta pensare alla finale di Indian Wells contro Del Potro, o all’incontro a Wimbledon con Anderson. Ma la questione stavolta sembra più legata al fisico che alla testa. Fosse stato il contrario, ceduto il primo set Federer avrebbe magari accusato il colpo, rinunciando all’idea di rimonta. Il resoconto parlerebbe di una partita meno tirata, ma con lo stesso vincitore: Novak Djokovic. Quel Novak Djokovic che dopo la stretta di mano ha ruggito e agitato i pugni. Che è di nuovo il robot, il muro di gomma, la nemesi. Negli ultimi due anni di assenza lo svizzero ha imparato a gestire, se non addirittura a dominare Rafael Nadal. Col serbo non ci è ancora riuscito e la battaglia di Bercy, per forza di cose, apre un grosso interrogativo: se non ci è riuscito oggi, nonostante un tennis che avrebbe annientato qualsiasi altro avversario (e viceversa), quando e come potrebbe?

La domanda rimarrà senza risposta, almeno fino a quando i due non si incroceranno per la quarantottesima volta. Potrebbe accadere già tra una settimana, alla O2 Arena di Londra, per le ATP Finals. “Penso che la gente apprezzi la nostra rivalità” ha detto Federer. “Noi lo facciamo. È onesta, leale, come dovrebbe essere. Giocare insieme il doppio alla Laver Cup è stato divertente perché ci ha permessi di leggere un po’ l’uno nella mente dell’altro, nella vita dell’altro. Ma le cose non sono cambiate. L’ha sintetizzata così, lo svizzero: “vogliamo vincere, e non vogliamo perdere”. Al di là della retorica sul trionfo dello sport, inteso come unione di tecnica ed emozioni, a meritare è sempre il vincitore. Se Nadal si fosse ritirato con qualche giorno di anticipo, però, quella di oggi avrebbe potuto essere la finale. Non avrebbe comunque assegnato due coppe, ma forse sarebbe stato più giusto lo stesso.

Risultato:

[2] N. Djokovic b. [3] R. Federer 7-6(6) 5-7 7-6(3)

Il tabellone completo
La Race to London aggiornata

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement