L'ex direttore di Bercy ha ammesso di aver aiutato Federer a vincere

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L’ex direttore di Bercy ha ammesso di aver aiutato Federer a vincere

Jean-François Caujolle lo ha rivelato a L’Equipe. “Federer è il mio giocatore preferito, mi sono detto: prima che io me ne vada, deve vincere”. Lo svizzero trionfò a Bercy nel 2011, ultimo anno da direttore di Caujolle

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L’indirizzo dei tornei, da un paio di decenni a questa parte, è stato prevalentemente quello di rallentare le superfici. Lo scopo più o meno taciuto era quello di uniformare le condizioni di gioco nel corso della stagione, così che sarebbe stato più semplice per i giocatori migliori esprimersi al massimo in tutti i tornei principali. Dal tennis degli specialisti si è passati a uno sport che privilegia gli atleti in grado di mettere a punto una strategia di gioco buona ‘per tutte le stagioni’, con i dovuti adattamenti ma senza gli stravolgimenti che sarebbero stati necessari trent’anni fa per passare, ad esempio, dalla terra all’erba. Tanta è l’abitudine a un cemento ormai medio-lento, con giusto un paio di eccezioni (Cincinnati in testa), che quando nel 2017 Federer ha sbaragliato la concorrenza sui campi di Melbourne – apparsi più veloci rispetto alla precedenti edizioni – ci si è guardati in faccia con un certo stupore.

Sembra però che non tutti i tornei abbiano sempre seguito la strategia del rallentamento. In un’intervista rilasciata a L’Equipe, l’ex direttore del Masters 1000 di Parigi-Bercy Jean-François Caujolle ha ammesso di aver invece velocizzato i campi dell’AccorHotels Arena per favorire… Roger Federer, uno dei più penalizzati, tra i top player delle ultime due decadi, dall’uniformarsi delle superfici. “Federer è il mio giocatore preferito e sebbene gli organizzatori debbano essere al di sopra delle parti, io avevo la mia preferenza. Mi sono detto: prima che io lasci questo incarico, lui dovrebbe vincere qui a Parigi. Per la storia del tennis è stato un bene che Federer abbia vinto“. Prima del trofeo sollevato nel 2011, a quanto pare con la ‘complicità’ di Caujolle, lo svizzero aveva giocato soltanto una semifinale a Bercy.

L’ex tennista francese, al comando di Bercy dal 2007 al 2011, adesso dirige il torneo di Marsiglia ma si è concesso senza remore al racconto dell’intera vicenda che ha poi portato alla decisione di cambiare le condizioni di gioco. “Era il 2007 e lui non giocava il torneo dal 2003. Così abbiamo contattato il suo team per chiederne le motivazioni: ci risposero che la superficie di quegli anni non era di suo gradimento, e ci consigliarono di contattare una società austriaca che produceva un tipo di resina simile a quella del torneo di Vienna. L’abbiamo accontentato, contattando l’azienda e cambiando la superficie. Quando è tornato a Parigi ci ha detto che non c’era troppa differenza con le altre superfici del circuito, e che addirittura gli sembrava simile a quelle di Indian Wells e Miami dove aveva perso due volte contro Guillermo Cañas“.

Caujolle non si è dato per vinto, e ha continuato sulla sua strada per rendere le condizioni di gioco ancora più adatte a Federer. “Ho iniziato a cercare materiali che avrebbero reso il gioco più veloce possibile e il rimbalzo della palla più basso. Nel 2010, siamo riusciti a costruire il campo più veloce del mondo: una superficie molto più adatta al gioco di Federer che a quello di Nadal“, e secondo il cronista de L’Equipe nel pronunciare questa frase avrebbe abbozzato un sorriso. “La cosa divertente“, prosegue Caujolle, “è che quell’anno giocatori come Ljubicic e Isner persero al primo turno: i campi non favorivano i ‘big server’, ma i migliori giocatori di volo. Finalmente, nel 2011, è riuscito a vincere il torneo e da allora credo che i campi siano stati un po’ rallentati, ma rimangono tra i più veloci del circuito”. 

Tra i vari lasciti della superficie costruita ‘ad hoc’ nel 2010, sembra esserci la particolare efficacia che assumono i colpi tagliati sui campi indoor di Bercy: Federer li ha utilizzati in modo mirabile nel corso delle tre ore di gioco della semifinale contro Djokovic, ma purtroppo per lui non è stato sufficiente.

 

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