Federer a SportWeek: "Il match perfetto? Wimbledon 2007 contro Nadal"

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Federer a SportWeek: “Il match perfetto? Wimbledon 2007 contro Nadal”

Stralci dell’intervista rilasciata da Roger al settimanale sportivo allegato a La Gazzetta dello Sport. “Spero che almeno uno dei miei figli si appassioni al tennis”. Le lacrime di Wimbledon, il coach da Rafa e il ritiro: “Non ho ancora deciso”

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Nella lunga e interessante intervista uscita questa mattina su SportWeek, Roger Federer (che la prossima settimana andrà a caccia del decimo titolo nella sua Basilea) ha toccato tanti temi, dal tennis alla famiglia, passando per il peso della notorietà e il futuro dopo il ritiro. Ecco 10 delle 25 risposte di Roger alle domande del giornalista Pier Bergonzi.

Qual è stato il momento magico, il suo match perfetto?
Ehm… Difficile scegliere. Direi la finale di Wimbledon del 2007. Io e Nadal giocammo davvero del buon tennis. Vinsi il mio quinto Wimbledon consecutivo, al quinto set, sotto gli occhi di Björn Borg, che era il mio idolo e alla fine si alzò per applaudirmi. Se esiste una giornata perfetta assomiglia molto a quella domenica di luglio del 2007. Ma ci sarebbe anche la finale di Wimbledon 2009, quella che ho vinto 16-14 al quinto su Andy Roddick e per le emozioni che ha regalato penso alla finale di Wimbledon del 2003, quella vinta con Mark Philippoussis che mi ha consentito di conquistare il primo Slam.

Ha quattro figli, le gemelle Charlene e Myla di 10 anni e gemelli Leo e Lenny di 5. Che sport al immagina per loro?
Quello che vogliono, calcio, sci, nuoto, qualsiasi disciplina purché facciano dell’attività fisica. Spero soltanto che almeno uno di loro si appassioni al tennis. Almeno uno. Tutti i nostri amici hanno figli che giocano a tennis e sarebbe paradossale che proprio i nostri… Sia le grandi sia i piccoli hanno già cominciato, ma per il momento è soltanto un gioco.

Lei ha sempre dichiarato di amare l’Italia…
È così fin da quando ero ragazzino e venivo in vacanza con la mia famiglia a Camogli, a Punta Chiappa. Nel 1990 ero a Genova il giorno della partita tra l’Italia di Baggio e l’Argentina di Maradona, semifinale del Mondiale, con i gol di Schillaci e Caniggia, e ho pianto per la sconfitta degli azzurri ai rigori. Ho vinto il mio primo titolo ATP a Milano e vado sempre volentieri agli Internazionali di Roma. Mi piacciono le vostre montagne e tutte le vostre spiagge. Ho un solo rammarico: ci vengo troppo poco.

Nell’ultimo Wimbledon, perso con Djokovic al termine di un tie-break crudele, sul 12-12 al 5° set dopo aver lasciato per strada 2 match-ball e 5 ore di sublime duello, le sono scappate anche le lacrime…
In campo e durante la premiazione ero riuscito a contenere le emozioni, ma appena sono sceso negli spogliatoi, al primo commento sulla sfortuna, sul fatto che ci ero arrivato vicinissimo…. Mi sono cadute anche le ultime difese e qualche lacrima liberatoria è andata oltre i confini del mio sguardo.

Tre cose che rimpiangerà quando si sarà ritirato?
Mi mancheranno gli altri giocatori e l’atmosfera dei tornei, il clima che c’è tra di noi negli spogliatoi. Mi mancheranno la pressione che sale e i viaggi.

Si è stancato di rispondere alla domanda sul suo ritiro?
Non più… Mi dava fastidio quando me lo chiedevano 10 anni fa. Ora non mi fa né caldo né freddo. Anzi, adesso non me lo chiedono più. Quel momento dovrà pure arrivare, ma quando capirò che è il momento giusto mancheranno pochi match alla fine della mia carriera. Mi dispiace deludervi, ma non ho ancora deciso.

L’Olimpiade di Tokyo è un obiettivo?
Scendere in campo con la maglia della Svizzera per una medaglia olimpica è sempre un progetto che mi stimola. Conto di esserci. Ma al momento ho ben chiaro il percorso di avvicinamento che mi porterà fino a Wimbledon. Il resto è tutto da decidere. E comunque un oro olimpico, quello del doppio con Wawrinka, l’ho già vinto.

Qual è l’aspetto più negativo della notorietà?
Essere trattato per quello che non sei. Neanche io pensavo che ci sarebbe stata così tanta attenzione mediatica e così tanta attenzione in generale per me, per la mia vita e per quello che penso. Nel mio caso è cambiato tutto quando ho vinto il mio primo Australian Open e sono diventato il n. 1 del ranking. Fino a quel momento mi veniva chiesto del mio dritto, dei miei break point… Poi hanno iniziato a chiedermi di tutto. Di economia, di politica… ma io sono un tennista, perché interessa la mia opinione su altri argomenti? Ho delle opinioni perché è importante averne, ma sono un campione di tennis non ho risposte per tutto.

Come si vede fra 10 anni: coach di qualche grande campione? Presidente della Confederazione svizzera o presidente del Cio?
Niente di tutto ciò, mi piacerebbe restare nel mondo del tennis per insegnare ai giovani. Ecco, vorrei trasferire un po’ del tanto che il tennis mi ha dato per aprire la strada ai più promettenti.

In una scuola sua? Una Federer School?
No, potrei insegnare nella scuola di Nadal. Con la Rafa Nadal Foundation, il mio amico ha realizzato un progetto straordinario rivolto ai giovani. Ecco, potrei dargli una mano e insegnare tennis nella sua scuola.

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