Tsitsi... boom (Crivelli). È cominciata l'era di Tsitsipas (Marcotti). Italia d'assalto per la nuova Davis (Scanagatta). Sinner si gode il trionfo in casa (Crivelli). Il rovescio a una mano che non insegnano più (Clerici)

Rassegna stampa

Tsitsi… boom (Crivelli). È cominciata l’era di Tsitsipas (Marcotti). Italia d’assalto per la nuova Davis (Scanagatta). Sinner si gode il trionfo in casa (Crivelli). Il rovescio a una mano che non insegnano più (Clerici)

La rassegna stampa di lunedì 18 novembre 2019

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Tsitsi…boom. Apoteosi Finals (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Il Maestro di Atene. Con una filosofia assimilata fin da bambinetto, quando la racchetta che tieni in mano è più grande di te: «Io non guardo agli altri: io credo in me». Elegante come un dio greco, Tsitsipas batte Thiem e si proclama nuovo signore dell’Olimpo delle Finals, il sesto più giovane di sempre a 21 anni e tre mesi (il record è di McEnroe, 19 anni e 11 mesi nel 1978): ora sarà soltanto la storia a raccontare se si sarà trattato di una meteora oppure solo del primo passo verso l’eternità. In una finale del Masters tra due giocatori che non ci erano mai arrivati prima, il primo set finisce al tie break. Lo vince Thiem, anche se le occasioni più nitide per allungare sono del greco, ma da quel momento Dominator sparisce dal campo, tirando sempre lungo e con un servizio balbettante, e non ci rientra fino al sesto game del terzo set, quando strappa per la prima volta il servizio all’avversario agguantandolo sul 3-3. La conseguenza è un altro tie break, culmine di una partita intensa ma spettacolare a tratti, esaltata solo dai due rovesci a una mano: lì, 5 mini break figli di una tensione palpabile consegnano le chiavi del paradiso a Stefanos. Meritato: è stato più continuo e aggressivo, mentre Dominator rimane scornato da 40 gratuiti. Una prova di maturità per il biondo ateniese, il test di ingresso tra le stelle più luminose: «Non era facile gestire le emozioni di una partita così importante, è stata una battaglia e alla fine sono stato più solido. Penso che con Dominic ci rivedremo in altre finali di questo genere». Tradotto: gli Slam, il vero discrimine che separa ancora gli emergenti dai Big Three. Intanto, l’augurio è che il greco non si perda come Dimitrov e Zverev, i quali dopo il successo alle Finals (2017 e 2018) hanno avuto un’annata orribile. […]

E’ cominciata l’era di Tsitsipas. A 21 anni si è preso il Masters (Gabriele Marcotti, Corriere dello Sport)

Londra consacra il nuovo talento del tennis mondiale. Alla sua prima partecipazione alle ATP Finals, Stefanos Tsitsipas si laurea “maestro”, al termine di una lunga ed emozionante finale, vinta contro Dominic Thiem. Un battaglia epica, conclusa dopo oltre due ore e mezza, e risoltasi con la rimonta dell’astro nascente del tennis mondiale. Un exploit che suggella la sua crescita impressionante, dopo essere entrato nei primi 100 al mondo solo 2 anni fa, e aver vinto, almeno finora, solo tornei di importanza secondaria. «Onestamente non so come sia riuscito a vincere – le parole a caldo di Tsitsipas – è stato molto difficile gestire l’emozione di una partita così importante». Nel primo set dominano i servizi. […] Inevitabilmente, così, la frazione si trascina al tie-break che, al secondo set-point, Thiem si aggiudica in un’ora e sei minuti. Se il primo set era trascorso all’insegna dell’equilibrio, il secondo set si risolve in un monologo ininterrotto del 21enne greco che prende due break di vantaggio e chiude il set. Il terzo set si apre come si era chiuso il precedente, con Thiem costretto in difesa a limitare i danni. Tra break e controbreak si arriva al tiebreak finale. […] Qui Tsitsipas si porta subito avanti 4-1, prima di subire ancora una volta il ritorno dell’austriaco, ma gli ultimi tre punti del match – i più importanti della sua giovane carriera – sono i suoi. «E’ stata una lotta magnifica, mi sono sentito come sulle montagne russe, semplicemente incredibile. Voglio ringraziare i miei genitori che hanno reso possibile il mio sogno», le parole del neo-maestro, il primo campione greco di sempre. […]

Italia d’assalto per la nuova Davis (Ubaldo Scanagatta, La Nazione)

Dopo 118 anni la Coppa Davis cambia vita. La Finale in programma da oggi alla Caja Magica di Madrid non interesserà più solamente le due squadre finaliste, come è stato per più di un secolo, ma sarà un evento che coinvolgerà 18 nazioni tutte ugualmente in corsa per vincere la famosa “Insalatiera” del tennis. Foraggiata dai tre miliardi di dollari della società d’investimenti Kosmos, fondata dal calciatore Gerard Piqué, la Coppa Davis ha adottato questo nuovo formato per riconquistare i grandi nomi del tennis che ormai da anni la stavano disertando. A Madrid ci sarà il padrone di casa Rafael Nadal, che da pochi giorni si è assicurato per la quinta volta in carriera il primo posto della classifica alla fine dell’anno; ci sarà anche Novak Djokovic, che dopo aver inizialmente declinato ha deciso di partecipare.Assente invece Roger Federer, impegnato in un tour di esibizioni in Sud America in compagnia del suo “delfino” Alexander Zverev, con cui condivide il management. La squadra azzurra di capitan Barazzutti si presenta ai nastri di partenza con legittime ambizioni: condotta dal n. 8 Matteo Berrettini e dal n. 12 Fabio Fognini, la compagine italiana può contare anche su Lorenzo Sonego (n. 52), Andreas Seppi (n. 72, ma tanta esperienza) e il “nuovo” specialista del doppio Simone Bolelli. Ha preferito riposarsi invece Jannik Sinner, dopo aver vinto a Ortisei il terzo challenger dell’anno battendo l’austriaco Ofner 62 64. Grazie a questo exploit il tennista altoatesino di San Candido sarà oggi n.78 del mondo (da 96), unico diciottenne al mondo fra i primi 100. Un anno fa non era fra i primi 800. Con questa classifica sarà in tabellone sia all’Australian Open di gennaio, sia ai Masters 1000 di Indian Wells e Miami. Ieri al Masters di Londra Tsitsipas, 21 anni, ha battuto in finale l’austriaco Dominic Thiem, numero 5 del Mondo, con il punteggio di 6-7 (6), 6-2, 7-6 (4). […] Inserita nel girone F con Canada e Stati Uniti, a rigor di classifica l’Italia dovrebbe essere favorita per passare il turno e approdare ai quarti di finale a eliminazione diretta che si disputeranno a partire da giovedì: il Canada ha perso pochi giorni fa il suo giocatore più esperto, Milos Raonic, bloccato dall’ennesimo infortunio, e sarà guidata dai giovanissimi Shapovalov (20 anni, n. 15) ed Auger-Aliassime (19 anni, n. 21), mentre gli Stati Uniti non avranno il neo-papà Isner ma potranno contare sulle nuove leve Fritz (n. 32), Opelka (n. 33) e Tiafoe (n. 47) supportati dai più esperti Querrey (n. 44) e Sock (n. 119 in doppio). Esordio per l’Italia oggi alle 16 contro Canada, mercoledì 20 alle ore 18 la sfida Italia-Stati Uniti.

Sinner si gode il trionfo in casa senza perdere set. Ora è n. 78 (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Promessa a chi? A un ragazzo che in un anno ha guadagnato 684 posizioni in classifica (il 19 novembre 2018 era 762), che non si stanca di vincere nonostante una stagione spossante per il fisico e adesso pure per la testa, perché tutti lo vogliono e tutti lo cercano, che oggi diventerà il sesto miglior italiano nella classifica Atp, al numero 78, anche se ha giocato la prima partita nel circuito maggiore solo ad aprile? Jannik Sinner ormai è tutto questo e molto di più, sublimando ancora una volta la sua qualità migliore, che non è tecnica bensì di personalità: a poco più di 18 anni fa sembrare normale una scalata eccezionale. Dopo il trionfo alle Next Gen Finals di Milano, l’allievo di Riccardo Piatti avrebbe potuto tranquillamente godersi qualche giorno di vacanza, invece ha voluto saldare un debito d’onore con gli organizzatori, giocando il Challenger di Ortisei e dimostrando perché con la stoffa dei predestinati si nasce: una volta in campo, agli altri ha lasciato le briciole. […] Il coronamento di un anno straordinario: il 19 novembre di dodici mesi fa Jannik era 762 in classifica, a inizio 2019 si era migliorato fino a 553. Oggi, nel nuovo ranking, tra gli italiani avrà davanti soltanto Berrettini, Fognini, Sonego, Cecchinato e Seppi, gli ultimi due peraltro (che sono 71 e 72) distanti poco più di cento punti. I: obiettivo dichiarato dopo Milano, cioè di approdare tra i primi sessanta alla fine della prossima stagione – un lodevole tentativo di tenere un basso profilo – di questo passo rischia di essere vanificato in meglio già da gennaio, se Doha (da wild card) e poi gli Australian Open saranno nuovi terreni di caccia. […]

Il rovescio a una mano che non insegnano più (Gianni Clerici, La Repubblica)

Contriamente a quel che accade in ogni scuola di oggi, sono arrivati in finale del Masters due giocatori che usano un rovescio a una mano, invece che bimane. Tsitsipas e Thiem forse non a caso sono nati in due Paesi che non hanno mai avuto grandi campioni, con l’eccezione di Muster l’Austria, e di nessuno la Grecia. Il rovescio monomano del greco mi ha fatto venire in mente ieri, quanto a preparazione, l’apertura di un ombrello, per la semi-rotondità del movimento. Quello dell’austriaco è di semi-rotondità meno accentuata, infatti Thiem è più dirittomane che giocatore di rovescio. Rimane che i due sono tennisti a una mano, e simile partita non si vedeva più da tempo. A cominciare con un rovescio bimane fu per primo John Bromwich, Davis Cup australiano, e non si videro altri per alcuni anni. Seguì una schiera di monomania come Ken Rosewall, che forse ancora avrebbe il record dei tornei Slam, non avesse passato nove anni quando essere Pro non consentiva record. Venne poi, bimane, il grande Jimmy Connors, infine Bjorn Borg non tolse la mano sinistra da quella che era stata una presa insegnata a un bravo bambino svedese per giocare a hockey su ghiaccio. Il più saggio fu Mats Wilander, che a metà carriera da bimane divenne bimane a metà, avendo scoperto che per attaccare va meglio un rovescio tagliato, e per passare uno liftato. Adesso siamo al punto che nelle Scuole si insegna a tutti e sempre il rovescio bimane, perché due mani hanno più forza e controllo di una e perché tutti i campioni più recenti facevano così. Con l’eccezione di Tsitsipas e Thiem. Sarà proprio perché sono nati in Paesi privi di grandi giocatori, nei quali non ci sono tradizioni.

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