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Reading: Medvedev e quella volta che chiese a Bublik: “Come si diventa n. 300? Mi sembra impossibile!”
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Medvedev e quella volta che chiese a Bublik: “Come si diventa n. 300? Mi sembra impossibile!”

Il campione russo spiega a Behind the Racquet il suo percorso difficile, dai Futures fino alla top 5: "In passato non facevo attenzione ai dettagli, poi ho imparato la disciplina"

Last updated: 24/03/2020 9:28
By Laura Guidobaldi Published 22/03/2020
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5 Min Read
Daniil Medvedev - Marsiglia 2020 (foto Cristina Criswald)


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Daniil Mdvedev si è sistemato dietro una racchetta, come tanti altri prima di lui, e ha lasciato scorrere le parole per Behind the Racquet. L’attuale n. 5 del mondo (best ranking al n. 4) ha illustrato il suo percorso, dai tempi dei tornei junior – passando per i Futures – fino alla scalata della classifica mondiale.

La mancanza di denaro, la paura di non farcela e una certa leggerezza nell’autodisciplinarsi hanno scandito alcune tappe della scalata al successo del russo: “C’era sempre un po’ di contrasto tra mio padre e mia madre. Mia madre voleva che mi dedicassi di più agli studi, per questo, fino all’età di 18 anni, mentre giocavo a tennis continuavo ad andare a scuola. In Russia, molti atleti studiano fino a 12 anni. Per questo forse non ero così forte come i miei amici, ma non ho rimpianti. Ci sono stati tempi difficili prima che arrivasse l’aiuto della federazione e degli sponsor, quando non c’erano molti soldi. C’è stato un tempo in cui, quando perdevo le partite, l’unica cosa a cui pensavo erano quei 100 dollari extra che non ero riuscito a guadagnare. Il periodo più difficile per me è stato il passaggio tra la fase junior e quella del professionismo“.

Daniil contestualizza in modo più preciso quel momento della sua carriera. “Alla fine del periodo junior ero n. 13 in classifica e nei tornei Futures ho capito subito quanto sarebbe stato difficile passare dalla posizione 700 alla 300. Era necessario mettere da parte la maggior somma di denaro possibile mentre tentavo di vincere velocemente cinque o sei tornei Futures. A quel tempo, mi sentivo perso, non sapevo come fare perché c’erano tanti altri giocatori che tentavano di fare la stessa cosa. Mi ricordo una conversazione con Bublik, quando stavo disputando un Future a 30 minuti da dove vivevo in Francia. Ero 700 al mondo e gli chiesi: “Ma come si diventa n. 300, mi sembra impossibile!“. Ricordiamo che Alexander Bublik (51 ATP), il giocatore russo naturalizzato kazako, poco tempo fa ha creato scalpore dichiarando di giocare a tennis soltanto per i guadagni.

“Ora, quando ci vediamo, scherziamo. Anche quando ho raggiunto la Top 100 per la prima volta, sapevo bene di non essere un vero professionista. In campo avrei dato il 100% ma fuori dal campo non facevo le cose giuste: andavo a letto tardi, giocavo ore alla Play Station e non facevo attenzione alle piccole cose. Quando sono passato dal n. 70 al n. 5 ATP, è stato il momento in cui ho deciso di dedicarmi totalmente al tennis, e in cui mi sono fissato dei limiti. Quando ero junior, ero uno degli atleti con la forma fisica peggiore; a volte avevo i crampi dopo soltanto trenta minuti di gioco. La costanza dell’allenamento fisico e saper recuperare ogni giorno hanno cambiato il mio gioco. Io, da solo, non sono sempre sicuro sul da farsi ma il mio team mi aiuta a prendere le giuste decisioni”.

Ma qual è l’idolo di Daniil Medvedev? “Tutti me lo chiedono, ma la mia risposta è sempre la stessa, voglio essere me stesso, semplicemente me stesso. Al di fuori del mio entourage, molti mi dicevano che dovevo vincere, ma se vinco lo faccio per me, non per loro. Se sei felice dove sei, non permettere agli altri di dirti che devi essere migliore. Questo mi ha fatto da stimolo, ho voluto sempre essere indipendente dagli altri. È più facile a dirsi che a farsi. Quando non gioco cerco di preservare la mia privacy, ma non è facile in un mondo in cui si possono “conoscere” tutte le opinioni”. Qualcuno si è affrettato a definire noioso il tennis di Medvedev, ma sembra davvero complicato fare lo stesso con le sue dichiarazioni fuori dal campo.


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