Sinner va veloce. Faccia a faccia con McEnroe (Cocchi). Djokovic-Dimitrov, volano gli stracci (Semeraro)

Rassegna stampa

Sinner va veloce. Faccia a faccia con McEnroe (Cocchi). Djokovic-Dimitrov, volano gli stracci (Semeraro)

La rassegna stampa di giovedì 25 giugno 2020

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Sinner va veloce. Faccia a faccia con McEnroe (Federica Cocchi, Gazzetta dello Sport)

Che fine ha fatto Jannik Sinner? Il rosso del tennis italiano, 18 anni e poco più, non fa rumore. Lavora, lavora, lavora. Macina colpi e chilometri in campo, tra Montecarlo e Bordighera sotto lo sguardo attento e paterno di Riccardo Piatti. A luglio due esibizioni sul cemento di Berlino e sull’erba di Stoccarda, poi in volo per gli Stati Uniti per la ripresa del circuito. Non si stanca mai, Jannik. Il suo allenatore ne parla come di un ragazzo preso dal fuoco sacro del tennis: «Lui vive per il suo sport, non gli pesa nulla. Anche durante il lockdown, in casa, si è sempre allenato. Questa abnegazione è una caratteristica fondamentale se vorrà diventare un campione. Però attenzione, di strada da fare ce n’è ancora tanta. Tantissima». Ci tiene Piatti a che il suo pupillo («probabilmente il più forte giovane che abbia mai allenato») non si monti la testa, eppure è proprio dalla testa che si vede chi ha la stoffa. Il progetto Sinner parte proprio dal cervello. Che il ragazzo abbia dei buoni colpi si sa: ha già dimostrato il suo valore salendo al numero 73 del ranking, più giovane top 80 da Nadal 2003. È la mentalità però che fa la differenza. Per questo Piatti ha una vera e propria ossessione nel farlo allenare con i big: Federer, Nadal e il sublime John McEnroe. Con Federer, il teenager altoatesino ha lavorato anche lo scorso anno a Roma, durante gli Internazionali. […] «Non sono i complimenti quelli che cerchiamo per Jannik– spiega Piatti -. Certo, fanno piacere ma io ho interesse che lui si confronti spesso con i grandi perché ne capisca i meccanismi mentali. I fuoriclasse come Federer sono benedetti dal talento, ma hanno un modo di ragionare completamente diverso dagli altri. È questo che voglio che Sinner assorba da loro». Prima della ripartenza, il coach lo ha portato a giocare con Tsitsipas e Popyrin, due giovani che Sinner incrocerà spesso in futu ro: «Poi si è allenato anche con Zverev e Wawrinka a Montecarlo. Siccome non ci sono tornei, cerco di simulare partite di allenamento. Jannik impara sempre qualcosa e migliora costantemente». Rubare i segreti significa entrare nella mente di questi fuoriclasse: «Fino a tre anni fa il ragazzo giocava a tennis tre volte alla settimana, ha imparato tanto ma c’è ancora molto da fare. Per questo voglio che lui osservi, capisca come i big gestiscono i momenti importanti dei match. Spesso la partita gira su cinque o sei punti decisivi, e i campioni sanno sempre come giocarli. Più Sinner li vedrà all’opera da vicino più in fretta crescerà». I maestri d’eccezione hanno nomi altisonanti. Piatti aveva già fatto allenare l’allievo con Nadal durante l’Australian Open a gennaio, ma solo qualche scambio non basta: «Ho parlato con Carlos Moya e appena potremo faremo altri incontri con Rafa. La sua tenacia, il suo modo di affrontare le difficoltà in campo, la forza mentale sono rare forse più del suo gancio mancino. Voglio che Jannik lo veda, ci parli, vada a mangiare con lui, chieda e si confronti». Ma l’asso nella manica Piatti se lo giocherà una volta arrivati negli Stati Uniti, dove Sinner giocherà il trittico Washington, Cincinnati e Us Open: «Sono in contatto con John McEnroe, quando saremo negli Stati Uniti lo incontreremo perché la sua personalità può essere molto utile al ragazzo». […] Dunque, qualche goccia della pazzia di Mac non potrà che rendere la miscela ancora più esplosiva: «Altro che pazzo, John è un uomo di straordinaria intelligenza: frequentarlo non potrà che far bene alla personalità di Jannik. Ma non devono parlare solo di tennis, quelle che potrà dargli saranno lezioni utili per la vita». Per una vita da campione.

Djokovic-Dimitrov, volano gli stracci (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Djokovic&Contagio, arto secondo. O terzo, o quarto (comunque difficilmente sarà l’ultimo). Dopo il virus, a volare stavolta sono gli stracci: se li stanno tirando Novak Djolovic e Grigor Dimitrov – o meglio, il clan Djokovic e lo staff di Dimitrov – dopo il fattaccio brutto dell’Adria Tour; l’esibizione nella quale entrambi hanno rimediato la positività al Coronavirus. Il primo a renderla nota, dopo aver partecipato al focolaio, pardon alla tappa, di Zara è stato proprio Griga. […] «Dimitrov è arrivato qui dopo essersi fatto contagiare chissà dove», ha digrignato Snijan Djokovic, il padre di Nole, gaffeur seriale e incattivito che di recente se l’era presa con anche Federer; invitandolo a pensionarsi senza indugio. «Ha creato un danno enorme alla Croazia, alla Serbia e alla nostra famiglia. Non si è fatto testare qui, è stato testato altrove, non penso sia corretto». Una versione diversa dei fatti la fornisce Georgi Stoimenov, il manager di Dimitrov, anche lui positivo dopo il rientro a Montecarlo. «Grigor è atterrato direttamente a Belgrado dopo tre mesi di completo isolamento – ha dichiarato il manager a TennisKafe -. Nessuno, né a Belgrado né a Zara, gli ha chiesto o offerto di sottoporsi ad un test per il Coronavirus. Gli organizzatori sono gli unici responsabili della gestione in sicurezza dell’evento e delle regole che dovevano essere seguite. Grigor ha rispettato scrupolosamente tutte le norme imposte dagli organizzatori e le leggi che regolano il passaggio fra Bulgaria, Serbia e Croazia». Neanche Djokovic, fra l’altro, si era fatto testare in Croazia, ma solo dopo essere rientrato a Belgrado. […] La verità su chi ha infettato chi, quando e dove, non la sapremo probabilmente mai. Il problema però è un altro: la leggerezza con cui l’Adria Tour – con tutti i suoi annessi e connessi festaioli – è stato gestito. Un errore che rischia di costare caro a Djokovic per il resto della carriera. Lo stesso Djokovic martedì con un comunicato ha chiesto a tutti gli spettatori presenti all’Adria Tour di sottoporsi al test per il Coronavirus: riconoscendo implicitamente che qualcosa era andato storto. Ma nel clan del numero uno del mondo prevale la sindrome di accerchiamento, la ricerca del nemico. Sia Zverev sia Dimitrov via social hanno chiesto scusa per aver partecipato all’esibizione, mentre Dijana, la madre di Djokovic, pensa, come ha dichiarato a Blic, che «Nole è un uomo giovane e forte, e per lui sarà facile affrontare il problema. Dopo tutto il virus sta finendo, queste sono solo ‘code’ non pericolose come all’inizio. Piuttosto fa paura quello che la gente sta scrivendo, ma ci siamo abituati. Qualcuno sperava che tutto questo accadesse, ed è tutta gente che ovviamente ce l’ha con Novak». Eccolo, il ‘gomblotto’. Con tanto di untore, Dimitrov, già individuato dal marito […]

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