“Non più avuto alcun contrattempo dopo Doha”. Sono parole senz’altro molto rassicuranti quelle di Roger Federer prima dell’attesissimo rientro previsto per martedì al torneo di Ginevra contro, ora lo sappiamo, Pablo Andujar (terzo incontro sul centrale con programma che inizia alle 12). Un ritorno ben diverso da quello del 2017 in termini di ‘lontananza’, sia per il tempo trascorso senza giocare, sia per il doppio intervento al ginocchio e il difficile recupero della condizione. “A Doha volevo sapere dove fossi” spiega il venti volte campione Slam, “mentre Ginevra è più un piccolo test e si tratta di vedere se posso giocare più partite di seguito”.
Quello che importa, ça va sans dire, non è solo la quantità bensì la qualità. Roger sa bene che “i ragazzi del Tour hanno ormai tutti ritrovato un buon ritmo e il livello che tutti stanno offrendo è fantastico. Ovviamente, voglio raggiungere anch’io quel livello. Devo giocare una decina di incontri prima di capire a che punto sono. Domani [martedì] scopriremo qualcosa di più, ma in allenamento le cose vanno bene. Recuperando da un infortunio, non sei allo stesso punto di tutti gli altri, ma sono eccitato dal rientro e voglio concentrarmi su questo piuttosto che sul livello attuale di Rafa e Novak”.
ROAD TO CHURCH… ROAD – Sono passati quasi due anni dalla sua ultima apparizione sul rosso – la semifinale del Roland Garros persa da Nadal. È giusto giocare su questa superficie ormai a un passo dalla stagione erbosa che richiederà un nuovo adeguamento? “Sono stato felice di non constatare alcuna differenza dal passaggio dal duro alla terra battuta, quindi mi aspetto lo stesso quando inizierò a giocare sull’erba” minimizza Federer. “D’altronde, da quando l’erba è nel mio programma, dal 1998, non ho mai avuto particolari problemi cambiando superficie. I giocatori sono abituati a questi cambi, anche se, chiaramente, dopo un infortunio c’è qualche preoccupazione al riguardo. L’importante, allora, è capire, se percepisci qualche problema, ‘sarà a causa del ginocchio o perché non giochi da un anno? O magari perché sei più vecchio’. Ogni tennista ha giorni in cui c’è qualcosa che fa male, ma per adesso la terra va bene per me e spero anche che mi aiuti in vista dell’erba, soprattutto perché devi abituarti a spingere la palla altrimenti non va”.
Il Roland Garros spostato in avanti di una settimana si mangerà uno slot destinato ai prati, riducendo i tempi di preparazione per Wimbledon. Roger si rifà a quanto già evidenziato poc’anzi: “Sono più abituato a questo calendario rispetto a quello più recente con una settimana in più sull’erba. Di sicuro mi aiuterà giocare qua a Ginevra, ma dipenderà dal Roland Garros. Sarebbe duro giocare due tornei consecutivi e poi andare a Wimbledon, l’obiettivo della mia stagione. Credo che Parigi, Halle e Wimbledon sia un buon programma per me”.
NUMERO 8 OPPURE 800? – Tornando sul livello degli avversari che lo aspettano al varco, il fenomeno di Basilea dice di non aver guardato troppo tennis, ma ogni volta che lo ha fatto è rimasto impressionato. Tuttavia si dice fiducioso, forte dell’esperienza di Doha quando, in allenamento, ha subito vinto un set con Dan Evans (“Sono già a questo livello?” si era detto), quindi ora si concentra più sulla terra battuta che sugli avversari. “Se rimango in salute e riesco a giocare diversi incontri, recuperare e ripetermi, aumenterò la mia fiducia e credo di poter arrivarea far parte del gruppo dei migliori. Certo, per essere lassù devi giocare cinquanta buoni match a stagione e con l’età è sempre più difficile giocare cinquanta, ottanta, cento incontri come facevo una volta. Poi, c’è la generazione di Tsitsipas, Zverev, Rublev che con l’esperienza continua a migliorare, Dominic nel frattempo ha vinto uno Slam, Rafa e Novak sono sempre al loro posto e questa è un’ulteriore sfida per me”.
Attualmente ottavo del mondo in virtù (se così si può dire) delle regole eccezionali pensate per la classifica ‘pandemica’, Roger riconosce che “in linea di principio dovrei essere il numero 800 del mondo perché non ho giocato affatto in questi mesi. In ogni caso, se il ginocchio e il mio stato di forma non sono al 100%, non ci rimarrò a lungo. Però, se torno al 100% e gioco di conseguenza, saprò di valere più del n. 800”.
DISAGIO – Viene anche toccato l’argomento Sascha Zverev, dall’inizio dell’anno non più rappresentato dalla Team8 di Tony Godsick, manager storico dello stesso Federer: c’entrano qualcosa le accuse di abusi lanciate sui social dalla ex fidanzata del tedesco? E l’ATP non dovrebbe fare qualcosa?
“Sono ovviamente molto vicino a Tony e alla Team8, ma allo stesso tempo queste decisioni spettano a lui, io non vengo coinvolto. Sascha è un ragazzo fantastico, sono felice per lui quando ottiene dei bei risultati e probabilmente sentiva il bisogno di un nuovo inizio, ma quelle accuse sono un argomento estremamente privato e non voglio commentarle. Riguardo all’ATP, siamo liberi professionisti, quindi è forse più complicato. È diverso quando sei dipendente di una Lega o di un club da cui ricevi uno stipendio“.
“Ovviamente c’è bisogno di un codice di comportamento”, continua Roger, “come quello che dobbiamo rispettare sul campo e che è diventato più rigido nel corso degli anni. Ora si vuole entrare anche nella sfera privata. Credo che per quello esistano altre regole, le leggi dei vari Stati, per dire. Onestamente non ne voglio parlare perché preferisco che Sascha si concentri sul suo tennis e chi sono io per commentare mesi dopo. Capisco, Ben [Rothenberg, che ha fatto la domanda], che tu voglia scriverne, ma capisci anche il mio punto di vista, non mi sento molto a mio agio a parlarne”.
UNA PUNTURA E PASSA LA… – Tra una sessione di allenamento e l’altra, Roger è stato vaccinato contro il coronavirus con il Pfizer/Biontech. “Sono contento di esserci riuscito visti i tanti viaggi richiesti dal mio lavoro richiede. Ci sono dei vantaggi per questo, ma l’ho fatto soprattutto per gli altri perché non voglio contagiare nessuno, anche se io e la mia famiglia stiamo ancora molto attenti”.