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Vita da Challenger: la scommessa abruzzese

Cronache dell’altro tennis dalle tribune di Roseto degli Abruzzi

Last updated: 22/03/2022 17:15
By Redazione Published 22/03/2022
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9 Min Read
Tennis Club Roseto (foto via Instagram tennisclubroseto)

📣 Dal 7 al 18 maggio non perderti neanche un match degli Internazionali BNL d’Italia in diretta streaming solo su NOW

Dal nostro inviato Andrea Negro

E poi succede che ci troviamo a Silvi Marina durante il challenger di Roseto, anzi i challenger, perché sono due, uno in fila all’altro. Siamo qui per scrivere, non solo di racchette: il mare d’inverno è come un film in bianco e nero visto alla tivvù – cantava Ruggeri – e il sottofondo ideale per recuperare l’ispirazione, aggiungiamo noi.

Appena sappiamo che a meno di mezz’ora di 500 si gioca il tennis che conta, poggiamo la penna e imbocchiamo la SS16. Nel risalire l’Abruzzo verso nord, l’Adriatica – questo il nome romantico della statale – esibisce uno dei tratti più suggestivi: finite le case di Silvi s’incrocia la Torre di Cerrano a guardia di una spiaggia immensa che pare di stare in Normandia, poi si attraversano Pineto e la sua profumata distesa di pini marittimi, infine ci si immerge in un lungo canneto con l’acqua a destra, le colline a sinistra e, dietro, il Gran Sasso, una gigantesca meringata di neve.

Roseto ci accoglie viva, i suoi 25.000 abitanti ne fanno il centro più popoloso delle cosiddette “sette sorelle”, i comuni costieri che scorrono dal confine con le Marche fino ai bordi di Pescara. Il tempo di un paio di rotonde ed entriamo nel parcheggio condiviso dal Tennis Club Roseto e dal palazzetto del basket – la squadra locale gioca in B. Il circolo è sorprendentemente grande per le dimensioni del paese, 200 soci e 10 campi, quattro in terra outdoor, quattro coperti, due di padel. E ottimamente organizzato: come spendiamo il nome di Ubitennis, gli addetti all’ingresso ci consegnano a Elisabetta Di Berardino, figlia del fondatore e ambasciatrice del club. In un attimo ci stampano il pass e veniamo presentati prima al presidente Luigi Bianchini, poi al direttore del torneo, Luca Del Federico. L’accoglienza è quella calda, confidenziale e vagamente accorta degli abruzzesi, di cui chi scrive conosce bene la consistenza, avendo avuto mamma e nonna aquilane.

Del Federico ci racconta la genesi dei challenger Roseto 1 e Roseto 2, al loro primo anno di vita. La scintilla è scoccata con il tennis tour “I love Abruzzo” dell’estate scorsa, una kermesse di tornei di seconda categoria culminata in quattro ITF internazionali, giocati tutti sul territorio abruzzese. Un format concepito da Del Federico e sviluppato grazie al supporto della Regione, attenta a rilanciare economia e turismo locali anche attraverso lo sport. Da quell’esperienza, che nell’arco di quattro mesi ha coinvolto nove città e portato in Abruzzo 2.300 tennisti, e dalla sospensione del challenger di Francavilla, ormai fermo da tre anni, è nata l’idea di sfruttare la struttura del Tennis Club Roseto per un nuovo challenger sull’Adriatico. Risultato: due main draw di prestigio – tra i 32 al nastro di partenza anche Vesely, Mager, Cobolli, Taberner, Rosol, Trungelliti, Haase – un montepremi di 45.000 € e un bel successo di pubblico.

Uno degli aspetti più gratificanti di un challenger è la possibilità di mescolarsi a tennisti e addetti ai lavori senza le barriere del circuito maggiore: rispetto ai tornei ATP infatti mancano infrastrutture e bodyguard a protezione dei giocatori, capita perciò di incontrarli facilmente. Ci succede con Luciano Darderi, passaporto italo-argentino, col quale chiacchieriamo amabilmente dei margini, dei sacrifici, delle ambizioni di un ventenne n. 210 del ranking mondiale (lo vedremo anche allenarsi, gran servizio, buone prospettive). Ci succederà più tardi con Federico Gaio.

Poco prima delle 11 ci uniamo ai già numerosi spettatori sugli spalti, ci sono due semifinali di livello, la seconda con Cobolli. Non stupisce la presenza di tanti appassionati, da queste parti c’è antica tradizione tennistica, si gioca e si guarda giocare, perfino nei 9° di un marzo anomalo che costringe al giaccone quando a fine inverno qui di solito si gira in pullover. Taberner e Sanchez Izquierdo iniziano puntuali, altra prova della buona organizzazione del torneo, che all’arbitro affianca cinque giudici di linea in divisa, medici di supporto, tabelloni digitali con nome, nazionalità, punteggio e misuratore del servizio.

Ai primi scambi subentra lo straniamento di quando si assiste dal vivo alla performance di un vero tennista. Non è come vedere un match su Challenger TV, dove il filtro dello schermo appiattisce e rallenta i colpi; dalle tribune si colgono la velocità di palla e di gamba, la coordinazione, le rotazioni, si chiarisce il significato di una prima a 190 all’ora. E sfuma in un attimo quella sorta di illusoria condivisione che, a causa della vicinanza, ci piazza in campo coi campioni, come se insieme giocassimo la partitella della domenica. La verità è che, a guardare chi sa come usare una racchetta, viene voglia di darsi agli scacchi.

Mentre i due spagnoli randellano, un uomo si accorge che prendiamo appunti e ci scambia per un coach. Lo informiamo del nostro umile lavoro di scribacchini, il che determina una serie di rivelazioni da parte di colui che, essendone socio, si fa testimone dall’interno delle dinamiche del circolo. La prima riguarda la carenza di talenti tra i tennisti di Roseto, pare che chi vuole emergere emigri a Mosciano S. Angelo, lontana 18 km e pronta ad investire sui giovani più promettenti. Poi si passa all’invadenza della Scuola Tennis che intasa i campi, soprattutto d’inverno, obbligando gli iscritti a litigarsi le poche ore libere. La nostra gola profonda chiude con un accenno polemico al propagarsi del padel. Ci segniamo tutto, non è propriamente cronaca sportiva, tuttavia la deposizione del socio merita attenzione, gli umori della piazza spesso nascondono verità inconfessabili da parte degli organi ufficiali.

Intanto Taberner ha tamponato in due set l’esuberanza di Sanchez. In attesa che attacchino Cobolli e Borges, ci concediamo una delle svariate eccellenze gastronomiche locali: insieme agli arrosticini, il panino con la porchetta rende totalmente inutile la presenza di McDonald sul territorio abruzzese. Con la squisitezza tra le mani, vediamo Cobolli gestire malissimo il primo set, riprendersi nel secondo ma poi smarrirsi definitivamente nel terzo, lasciando al portoghese una vittoria ampiamente alla sua portata. Forse al romano servirebbe un pellegrinaggio a Mosciano S. Angelo.

Aspettiamo che Flavio smaltisca la sconfitta avvicinando e conoscendo Federico Gaio, infagottato a studiare l’allenamento di Giustino, lunedì parte Roseto 2 e sono entrambi iscritti in tabellone. Gaio ha buone parole per l’organizzazione, l’unico appunto è sul freddo, davvero molesto, nei primi turni si è giocato sotto la neve: forse sarebbe stato opportuno spostare la coppia di challenger ad aprile o maggio. Annuisce anche Fabio Colangelo, coach di Gaio dalle chiare origini abruzzesi. Fatti i doverosi auguri a Federico, intercettiamo Cobolli per una piacevole intervista, già riassunta in calce alla cronaca su Ubitennis della partita con Borges.

Il programma delle semifinali ora è terminato e con lui il nostro compito di umili scribacchini. Rimane soltanto da ringraziare Elisabetta, Del Federico e Bianchini per la cordialissima ospitalità; e rifiutare l’invito al ricevimento nel giardino del circolo da parte dell’altrettanto cordiale direttore sportivo, Emiliano Aloisi: non è il caso di farci la reputazione di chi sfrutta il pass giornalisti per imbucarsi ai party, e pazienza se ciò comporta la rinuncia alla sicura grigliata di arrosticini e porchetta.


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