Musetti sogni di gloria (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Una volta, il Gran Galà del torneo di Montecarlo regalava lustrini e paillettes il venerdì sera. Poi, per esigenze di programmazione, si è spostato al sabato: ma Lorenzo Musetti, protagonista di una di quelle giornate in cui il suo talento abbagliava più del cielo azzurro sopra il Country Club, ha voluto omaggiare la tradizione. […] Tsitsipas non avrà più l’allure del Dio greco capace di issarsi al n.3 del mondo e di giocare due finali Slam (al Roland Garros nel 2021 e in Australia nel 2023), ma nel Principato ha alzato la coppa tre volte ed era il campione in carica. Soprattutto, nei cinque precedenti con il Muso, aveva sempre vinto: perciò la semifinale raggiunta da Lollo (il nono italiano a riuscirci in un 1000 dal 1990 e il settimo a Montecarlo nell’Era Open) è un’impresa da squilli di tromba, cui però bisognerà dare seguito oggi (verso le 15) contro il Demone australiano De Minaur (1-1 i precedenti). Personalità Come da consuetudine in questa settimana monegasca, Musetti parte ad handicap, ma stavolta pure per merito del rivale: Tsitsi è iper-aggressivo, segue addirittura a rete le seconde di servizio (anche perché l’azzurro sceglie di rispondere dai teIoni) e in generale cerca subito l’accelerazione appena gli arrivano palle da attaccare. Lollo soffre anche per un dolorino a un piede già dal primo game, ma neppure un set lasciato nella tempesta greca che infuria può abbattere il nuovo Musetti, sempre dentro la partita e presente a se stesso, lucido e mai in apnea, attendista e poi scatenato quando Stefanos cala di intensità e ritmo. Il vecchio Muso avrebbe mollato gli ormeggi, quello di adesso sveste il frac e indossa l’armatura del cavaliere senza macchia e senza paura, fino ad annullare quattro delicatissime palle break nel quarto game del terzo set, la spinta decisiva per azzannare al collo uno Tsitsipas ormai stremato. Alla fine, urlo liberatorio e lacrime di fidanzata, genitori e allenatore ai box: “Battere Stefanos qui ha un sapore diverso qui, perché è una settimana molto particolare. Ho riscoperto una parte di me che forse sono stato troppo abituato a non vedere, o meglio a non riconoscere, quella del guerriero, del lottatore. Di un ragazzo maturo che vuole andare a prendersi la partita come è successo stavolta, ma come è stato anche negli altri match. Anche Wimbledon e le Olimpiadi sono state belle, ma sono tre storie diverse». E la prima semifinale raggiunta in un Masters 1000 val bene un piccolo trattato di filosofia tennistica: «Il tema di questa partita è stato il fatto di crederci. Anche perché all’inizio ho fatto un po’ di confusione dal punto di vista tattico. Poi ho ingranato un’altra marcia, a livello di energie anche fisiche. E più andava avanti e più conquistavo fiducia e convinzione di poterlo battere. E questa è una bella motivazione anche per le prossime partite. Le quattro palle break in quel game al terzo? Nel tennis è così. Alcaraz ha fatto lo stesso, lui ha annullato tre palle break in un momento delicato ed era sotto nel terzo set. Uscire da quei momenti è da giocatori veri. Il fatto di esserne uscito senza aver cercato cose folli, ma provando sempre a giocare, è stata l’arma che mi ha portato a vincere. Ma non è finita, voglio aggiungere altre partite al mio torneo». Convinzione. Sarà la prima volta sulla terra contro De Minaur, e la superficie potrebbe av volgere Musetti in un caldo abbraccio: «Alex ha acquistato una solidità importante, dimostrando di essere molto costante. Probabilmente è la definizione di top ten per eccellenza. Possiamo darci fastidio a vicenda: se lui gioca d’anticipo, mi toglie il tempo; se io uso le mie traiettorie e variazioni, posso metterlo in grande difficoltà. La terra non è la sua superficie favorita, e invece è il mio habitat naturale. Se dovessi scegliere dove sfidarlo, lo farei su questo campo». Ma ciò che conta è che il Musetti farfallone che falliva gli appuntamenti dopo una grande vittoria sembra davvero un ricordo del passato: dopo due rimonte e il successo su Berrettini, ha spremuto il meglio anche da un match complicato. […]
Musetti mai così bello (Daniele Azzolini, Tuttosport)
L’Italia che vince è questa, ha negli occhi la sofferenza di chi sa soffrire e sul volto il sorriso di chi, da sempre, sa sorridere alla vita. Non lo avevo dimenticato, ma finisce sempre per sorprendermi, dopo tanti anni che scrivo di tennis, sentirmi rappresentato da ragazzi così giovani, che mostrano con orgoglio la parte migliore del nostro dna e a colpi di racchetta compongono un affresco nel quale ci siamo tutti, indistintamente, come in una foto di gruppo di quelle che si facevano alle scuole elementari, per una volta colti dal lato in cui sembriamo più belli, e concreti, e sicuri, e tutte quelle altre cose che troppe volte ci dimentichiamo, ma che fanno parte di noi. Musetti batte Tsitsipas, tre volte vincitore sulla terra di Montecarlo, e prende la strada della semifinale. Lo fa aggrappandosi alle qualità da artigiano e alla fierezza che trabocca. […]. “Crediamoci” scrive sulla telecamera a specchio dove i vincitori appongono la propria firma. E che ti posso dire, Lorenzo… Se ci credi tu, anch’io ci credo, ci crediamo tutti. Dite, c’è vittoria senza sofferenza? Non la cercate, non la trovereste. Non da noi. Non sarebbe italiana… Non ci sarebbero lacrime. Né la commozione di tutta una famiglia che attende Lorenzo fremendo nel box di lato al campo, dove la giovane Veronica, compagna e mamma del piccolo Ludovico, non vedeva l’ora di piangere per un successo così. «Alla fine», dice Muse, «la cosa più bella è proprio questa, vincere insieme e piangere insieme». Lorenzo, Lollo, Lore, Muso,Muse… Nel suo destino c’era un match “chiarificatore” con Stefanos Tsitsipas, che lo aveva battuto troppo spesso, ben cinque volte addirittura «e senza mai farmi sentire la possibilità di rovesciare il risultato», e sui campi del Principauté ha vinto tre tornei negli ultimi cinque anni, 2021, 2022 e anche l’anno scorso, che fu quasi un anno sabbatico per il greco col volto da pirata. Poche soddisfazioni, troppe liti con papà Apostolos, con mamma Julia a far da paciere nella convinzione che il figlio alla fine avrebbe seguito – come sempre – i suoi dettami. Ma forse non è andata proprio così… Papà Apostolos è sparito per un po’, e ha smesso di dargli i consigli a voce alta (la cosa che faceva incavolare più di tutte Fognini), quando la moglie, ex giocatrice professionista di valore, gliele dettava all’orecchio. Poi giunse Philippoussis, che è come mettere un ventilatore a tutta potenza in una stanza con centinaia di fogli poggiati distrattamente sulle scrivanie. Ora è la volta di Ivanisevic, ex di Djokovic, ma solo dopo il Roland Garros, dunque in missione erbivora. Stefanos non conferma, «non ho nulla da dire in proposito», dice schierandosi in difesa. «Vincere su questo campo, contro di lui, mi offre uno scatto mentale non da poco, che mi dà modo di crederci per i prossimi match», racconta Lollo, lucido nel cogliere gli aspetti più particolari e significativi del suo match. «L’ho anche scritto sulla telecamera. Crediamoci! Io, il pubblico, il team, tutta la famiglia. Ho voglia di andarmi a prendere questa finale». Altra riflessione… «Ho battuto Stefanos quando ho sentito l’adrenalina entrare in circolo, all’inizio del secondo set. Nel primo non mi sembrava funzionasse niente. Però ho avuto una fortuna… Nel game iniziale del match ho avvertito un problemino al tallone, ho chiamato lo staff medico, mi hanno detto che era roba da poco, ma quella picco la preoccupazione mi ha tenuto lontano dai cattivi pensieri, altrimenti, avrei corso il rischio di sprofondare. Perché lui stava giocando al meglio, e a me non mi entrava niente. Ma sono rimasto tranquillo e alla fine sono riuscito ad alzare il livello della mia partita». A conti fatti, il match si è giocato su due break. Fondamentale il primo, nella seconda frazione, quando da 0-15, nel quarto game, Musetti ha preso d’infilata Tsitsipas con quattro punti di perfetta fattura. Non è cambiato granché nel punteggio, perché subito dopo il greco quel break se l’è ripreso, ma di sicuro il procedere a mascella spianata di Muse ha finito per scombinare qualcosa nelle certezze di Tsitsi, che da capo ha mollato il servizio nel gioco successivo concedendo al nostro di portarsi sul 42 e correre in solitaria verso il traguardo. L’altro, quanto mai decisivo, ha preso forma nel terzo set, dopo un game da 9 minuti e 40 secondi che ha visto Musetti disinnescare ben quattro palle break a Favore di Tsitsipas, una prova di resistenza, cocciuta, orgogliosa, che il greco ha certo preso come un segnale. Sul 3 pari, 30-0 per Tsitsipas, Musetti ha ripetuto il filotto del secondo set, con quattro punti scintillanti che sono valsi il break e la vittoria, perché da quel momento Tsitsipas ha continuato a mostrare un’espressione da pirata, ma era un pirata in agonia. C’è De Minaur oggi (14.30/15), che ha lasciato a zero Dimitrov acciaccato. «Ha lavorato tanto e bene l’anno scorso, l’australiano», gli fa la pagella Musetti, «ha imparato a cavarsela su qualsiasi superficie. Del resto, è più spagnolo che australiano… Credo sia uno dei giocatori più rapidi del circuito». Ma non è finita… «Credo anche però, che il mio gioco possa dargli fastidio, e che non si trovi sempre a proprio agio sulle mie traiettorie. Se lo lascio fare, diventa un problema. Cercherò di mettergli pressione». E prendersi la finale. Poi, magari, anche il titolo. Da vincere con la spinta di tutti. Per poi piangere tra le braccia di Veronica.
Musetti fa fuori Tsitsipas (Marco Di Nardo, Il Corriere dello Sport)
“Sono riuscito a mostrare il gioco che rappresenta maggiormente il tennis su questa superficie. Piangere e vincere insieme è stato bellissimo». C’è tutta l’emozione di aver ottenuto uno dei risultati più importanti della carriera nelle parole di Lorenzo Musetti. Il carrarino continua a sognare in una settimana di Montecarlo che nonostante le tante difficoltà incontrate, gli regala la sua prima semifinale in un Masters 1000. Superato in rimonta (1-6 6-3 6-4) Stefanos Tsitsipas, già tre volte campione in terra monegasca e arrivato alla sfida con l’azzurro dopo aver vinto 20 delle ultime 21 partite giocate nel Principato. IMPRESA. «Era forse la missione più difficile da portare a termine, una sfida complicatissima. Contro Stefanos, su questo campo, e dopo averci perso in tutti i cinque incontri precedenti». Un’impresa epica quella realizzata dal carrarino, perché i numeri del greco a Montecarlo erano (e restano) impressionanti. Ma è anche il modo in cui Lorenzo è riuscito a venire fuori dalle difficoltà, confermando una tendenza che lo vede sempre più spesso riuscire a esaltarsi nella lotta, a rappresentare un ulteriore tassello nella crescita dell’azzurro. […]. Una sfida iniziata in salita per Musetti, subito in affanno e costretto a inseguire sin dai primi game, anche a causa di un fastidio al piede: «Nel primo punto della partita ho sentito un piccolo dolore al piede e ho chiesto l’intervento del medico per verificare la situazione– ha raccontato Lorenzo nell’intervista sul campo -. Questo mi ha un po’ destabilizzato rispetto al piano di gioco che avevamo studiato con Simone Tartarini e il mio team prima della partita». Il primo parziale è finito rapidamente nelle mani del giocatore greco, ma a partire dal secondo set l’azzurro è diventato più aggressivo, impedendo al rivale di spostarsi costantemente sulla sua mattonella preferita (quella del diritto giocato dal lato sinistro del campo) e iniziando a metterlo sotto pressione. Per Musetti è stato fondamentale restare aggrappato al punteggio nel terzo gioco del secondo set (recuperando da 0-40) e nel quarto game della frazione decisiva (in cui ha annullato quattro palle-break), per poi trovare il break decisivo a metà di entrambi i set e chiudere dopo due ore e 21 minuti di partita. ORA DE MINAUR. Le vittorie di Musetti nel Principato diventano 11, quasi il doppio rispetto a quelle di Miami (6), che al momento rappresenta il suo secondo Masters 1000 per numero di partite vinte. Montecarlo si conferma dunque come il torneo preferito dall’azzurro, che ha sottolineato anche il grande sostegno ricevuto dal pubblico: »Sono contento di avere così tanta gente che fa il tifo per me. Oggi ho avuto tanto supporto dal mio box, ma anche dal pubblico che mi segue non solo quando le cose vanno bene, ma specialmente quando vanno male”. Tra Lorenzo e il sogno della prima finale Masters 1000 in carriera resta l’ostacolo rappresentato da Alex de Minaur (si gioca oggi non prima delle 14.30). L’australiano, numero 10 delle classifiche mondiali, arriverà alla sfida contro l’azzurro dopo aver passeggiato negli ultimi due incontri (6-2 6-2 a Medvedev e 6-0 6-0 a Dimitrov) e la sua maggiore freschezza fisica potrebbe essere un fattore. Dall’altra parte, Musetti avrà il vantaggio della superficie e della tanta fiducia acquisita soprattutto grazie al successo di ieri. I precedenti tra i due sono in parità (1-1), ma sarà il primo confronto diretto sulla terra.
Musetti strepitoso, anche Tsitsipas ko (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)
Forse Lorenzo Musetti s’ispira ad Adriano Panatta che lo guarda sul Centrale del Country Club dopo aver confezionato col suo braccio d’oro tante partite sulle montagne russe di troppe emozioni. […] Forse deve ringraziare il convalescente Stefanos Tsitsipas che si distrae sul 6-1 e grazia Lorenzo il Magnifico di 6 palle break, favorendo il 6-3 del carrarino, e si blocca sul 3-3 del terzo set con due doppi disgraziati falli quasi ad auto-punirsi, con una caterva di errori gratuiti che toccano quota 45 e segnano il 6-4 definitivo per il numero 2 azzurro. Di certo, quando parliamo dell’allievo di Simone Tartarini parliamo di uno dei fuoriclasse più puri del tennis mondiale che, con la prima semifinale 1000 – quarto italiano dopo Sinner 2023-24, Fognini 2013 e 2019 e Gaudenzi 1995 -, oggi, contro Alex de Minaur, è sicuro del nuovo record di 13 del mondo e se domani vincesse il titolo coronerebbe il sogno primi 10. Dopo aver imparato a giocare sporco, a tener duro e a cercare soluzioni sempre nuove. TABÙ INFRANTO Musetti aveva perso 5 volte su 5 contro Stefanos Tsitsipas, tre volte re del Principato, l’ultima 12 mesi fa: «Sicuramente batterlo su questo campo era una sfida complicatissima. Sono davvero felice e orgoglioso di questa vittoria». La solita partenza lenta, stavolta ha un perché: «Ho sentito qualcosa sotto la pianta del piede quando sono andato sul primo punto, sulla smorzata, e mi ha un po’ confuso. Ho chiamato il medico per fermarmi, fare un controllo e capire se fosse qualcosa di serio. Quindi probabilmente non ho giocato secondo il piano di gioco di cui avevamo parlato prima della partita con Simone (coach Tartarini ndc) e il team». La posizione sul campo è rimasta di retroguardia, ma l’attitudine è diventata sempre più aggressiva: «Alla fine ho trovato un modo e ho alzato il mio livello nel corso dei game, quindi penso di aver mostrato la mia tenacia e un tennis perfetto per la terra battuta”. INSIEME La soddisfazione è doppia: «C’è stato tanto supporto dal mio box e dai tifosi che mi seguono comunque, non solo quando le cose vanno bene ma anche quando vanno male. Sono contento di tanta gente che fa il tifo per me ed è bello vincere e piangere insieme al mio team». Oggi alle 14.30 Musetti partirà dall’1-1 nei precedenti contro l’australiano Alex de Minaur, il clone di Hewitt che si esalta sul duro ma brilla anche sul rosso, tanto da firmare la telecamera in campo “Cagnaccio da terra” dopo aver scritto il primo 6-0 6-0 nei quarti Masters 1000 (dal 1990) a spese nientepopodimeno che Grigor Dimitrov e in 45 minuti appena. «Ho le idee chiare e la voglia di andarmi a prendere questa finale», taglia corto Lorenzo. Mentre il torneo si interroga sui problemi di Carlos Alcaraz che salva 3 palle break sul 4-6 5-5 0-40 contro la speranza di Francia, Fils, e poi la spunta per 4-6 7-5 6-3. Oggi che derby farà contro il redivivo Davidovich Fokina?
Musetti rimonta show, semifinale a Montecarlo (Massimo Calandri, La Repubblica)
Quel bacio. Lorenzo che fa cadere la racchetta e stringe a sé Veronica, la compagna. E scrive sulla telecamera un «Crediamoci!» che vale molto più di uno smash. Poi, una partita a burraco. Gioco, set, incontro: “Muso” ha vinto, e lo ha fatto a modo suo. «Ringiovanendomi l’anima», dice. Come? «Con la mia famiglia: Veronica, nostro figlio Ludovico. E la mia squadra. Mi sono affidato a loro, ho fatto la cosa giusta». Basta con le montagne russe, gli alti e bassi. Musetti, 23 anni, talento purissimo: un braccio d’oro. Però troppo incostante, dicevano. Invece. «Ho riscoperto una parte di me: il guerriero, il lottatore. Sono sceso in campo con la voglia quella vera – di andare a prendermi la partita. Questa settimana ha avuto qualcosa di particolare: anche rispetto alla semifinale delle Olimpiadi, e a quella di Wimbledon. Ed è una storia cui posso ancora aggiungere dei capitoli». Bene, cosa aspettiamo? Oggi pomeriggio, non prima delle due e mezza, sul campo centrale del Principato di Monaco lo aspetta un’altra semifinale. Con Alex de Minaur, l’australiano che tre mesi fa a Melbourne era stato polverizzato da Sinner, ma che se non c’è Jannik diventa un demonio. «La terra è il mio, non il suo habitat naturale. Se avessi potuto scegliere dove affrontarlo, sarebbe stato qui. Possiamo darci fastidio a vicenda, dipenderà da chi oserà di più». Ieri ha demolito il greco Stefanos Tsitsipas, che aveva vinto l’edizione precedente di Montecarlo grazie anche al beau geste del campione azzurro (ricordate? Una seconda di servizio fuori – decisiva non chiamata dal giudice di linea, Sinner cavallerescamente non fa una piega e l’altro ne approfitta): lo ha battuto 1-6, 6-3, 6-4 ribaltando ancora una volta una partita che si era messa malissimo, un set sotto e il secondo quasi dritto all’inferno. […] Racconta il capolavoro cesellato col greco: «L’inizio è stato difficile, tatticamente sono andato in confusione: col mio allenatore, Simone Tartarini, avevamo un piano di gioco preciso. Invece gli ho permesso di fare quello che voleva». Sei a uno, che botta. Poi 0-40 sul servizio: è finita? Macché. «Ho dato urta scossa alla partita, ho acquistato fiducia e ho iniziato a crederci: è stata la chiave dell’incontro». Tsitsipas è stato presuntuoso e sportivamente sciocco. «Gli ho annullato quattro palle break: ci sono riuscito senza fare follie. La svolta mi ha dato energia, consapevolezza: avevo ben chiaro cosa fare». La sicurezza del guerriero, appunto. «Persino se avessi perso quel gioco, sapevo che avrei avuto le armi per riprendermi l’incontro». A “Muso” duro, appunto. Il greco si è incartato sul suo servizio, mentre il pubblico era naturalmente tutto per Lorenzo: «In tribuna praticamente c’erano solo italiani, che potevo fare?», si è quasi giustificato. Musetti ha vinto meritatamente. Ha scritto «Crediamoci!» sulla telecamera che lo inquadrava. Il ragazzo di Carrara, figlio di un operaio marmista, quest’anno ha un obiettivo: entrare nella Top10. Col successo di ieri è già virtualmente 13°. «Ora voglio solo concentrarmi sul prossimo appuntamento. Un match per volta. Anzi, no», dice, lasciando il Country Club. Come sarebbe: anzi, no? «Stasera voglio stare con Veronica e Ludovico, che ha appena un anno. Una bella cena, una partita a burraco. Sereni, insieme. La felicità. Il tennis è una conseguenza».
Ora Musetti non si ferma più, batte Tsitsipas e va in semifinale (Stefano Semeraro, La Stampa)
Solidìtà chiama felicità, nel tennis è una rima scontata. A Monte-Carlo diventa anche un piano sequenza da Palma d’oro quando Lorenzo Musetti confonde le lacrime con quelle della compagna Veronica, di coach Tartarini, dei genitori, di tutto il centrale che lo ha tirato su nei tre momenti in cui ha rischiato di naufragare contro il campione uscente Stefanos Tsitsipas: durante un primo set disastroso, sullo 0-40 a inizio del secondo, infine sul 2 pari del terzo set, quando il Muso ha salvato quattro palle break. E che gli ha dato la spinta per chiudere in tre set tormentati ed esaltanti (1-6 6-3 6-4) nel momento in cui il greco, perso il favore di Poseidone, dio mutevole, ha smarrito anche diritto e servizio e si è taciuto davanti al monologo – principesco – di Lorenzo. Tsitsipas, anche negli anni meno luminosi aveva sempre preso forza dal Mediterraneo che si agita azzurrissimo dietro il «Ranieri III»: tre titoli, cinque quarti di finale consecutivi. Contro Lorenzo aveva vinto cinque volte su cinque, ma il nuovo Musetti è Magnifico anche nel non mollare mai, nel non scoraggiarsi per qualche rovescio uscito di poco o per un paio di smorzate dissennate. Ha recuperato, ha sofferto sulla diagonale del rovescio, ha tenuto. E oggi giocherà contro Alex De Minaur (che ha annientato Dimitrov in 44 minuti) la sua prima semifinale in un Masters 1000. Come ha scritto sul vetro della telecamera: «Crediamoci». È l’undicesimo italiano ad arrivare così avanti nel Principato – negli ultimi due anni era toccato a Sinner -, dove hanno vinto solo Pietrangeli (tre volte) e Fognini (una, nel 2019). Un traguardo che lo issa al 13° posto Atp. Se arriverà in finale sarà n. 11, se vincerà il torneo entrerà nella top 10. «Sono orgoglioso di questa vittoria, perché sono riuscito ad alzare il livello durante il match», racconta. «Nel primo game ho sentito qualcosa al piede e ho chiamato il fisioterapista, ero un po’ confuso e non sono riuscito subito a seguire il piano di gioco che avevo studiato. Poi però ho mostrato tenacia e messo in campo il tennis che serve sulla terra battuta. È stato bellissimo alla fine gioire e piangere insieme al mio team». E la terza semifinale nobile del Muso dopo quelle dell’anno scorso ai Giochi e a Wimbledon. […] «Ho riscoperto una parte di me che non sono stato abituato a vedere, quella del guerriero, del lottatore. Di un ragazzo maturo che voleva prendersi la partita e ci è riuscito senza fare cose folli». La paternità lo ha insieme sciolto e responsabilizzato, ha aggiunto spessore umano alla superficie incantevole del suo gioco. Contro Alex «il Demone» il bilancio è in parità, una vittoria a testa, per Lorenzo sull’erba del Queen’s l’anno scorso, per Alex sul duro di Melbourne tre anni fa. «Possiamo farci male a vicenda, lui con l’anticipo, io con le variazioni. Alex è un vero top 10, solidissimo, ma la terra è il mio habitat naturale. Se devo sfidarlo, questo è il campo giusto». E anche il momento.