La carriera di Ajla Tomljanovic è il racconto non tanto di un talento travolgente, quanto di una costanza silenziosa, di un mestiere vissuto con pazienza e serietà. Di quelle giocatrici che raramente rubano la scena, ma che quando ritornano, dopo un lungo stop o una sconfitta pesante, lo fanno con un’espressione sempre composta e un gioco che – quando le gambe reggono – riesce ancora a dire la sua.
Il match d’esordio in questa edizione del Roland Garros ne è stato l’ennesimo esempio. Una vittoria netta, perentoria, quasi senza sbavature: 6-1 6-3 contro la giovane connazionale Maya Joint, classe 2006. Un match mai in discussione, dominato con lucidità e colpi profondi, in cui Ajla ha fatto valere tutta la differenza di esperienza e presenza scenica. Al secondo turno la attende Jasmine Paolini, testa di serie numero 4 nonché finalista uscente, campionessa di Roma e tanto altro.
Per capire però il peso reale di questo secondo turno, bisogna tornare indietro. Non al primo turno, ma a un lungo periodo che ha tenuto Ajla lontana dal tennis giocato e che ha rischiato, per l’ennesima volta, di chiudere il suo capitolo nel circuito anzitempo, come troppo spesso accade ultimamente.
Le origini e la scelta australiana
Nata a Zagabria nel 1993, da padre croato (campione d’Europa di pallamano) e madre bosniaca, Tomljanović si è trasferita da giovanissima negli Stati Uniti per allenarsi e crescere in un contesto più strutturato. Il suo passaggio all’Australia avviene nel 2018, quando comincia a rappresentare ufficialmente i colori verdi e oro, prima in Fed Cup e poi nel circuito maggiore. Una scelta non solo sportiva, ma anche legata alla possibilità di usufruire di un sistema federale più solido e di risorse maggiori per la propria carriera.
Il gioco di Ajla, per un periodo allenata da Francesca Schiavone, è sempre stato pulito, ordinato, classico: colpi piatti, buona gestione da fondo, un servizio affidabile, anche se mai travolgente. Non ha mai brillato per esplosività, ma neanche per lacune evidenti. Una giocatrice “media” nel senso più tecnico del termine, ma che ha saputo costruirsi una carriera dignitosa, arrivando nel 2022 a toccare il numero 32 del ranking WTA e centrando i quarti di finale a Melbourne, il suo miglior risultato Slam.
La visibilità fuori dal campo
C’è però un lato della sua carriera che è stato spesso più visibile, almeno al di fuori della bolla tennistica: la vita privata. La sua relazione con Matteo Berrettini, durata dal 2019 al 2022, è stata sotto i riflettori per molto tempo. Non solo per la loro presenza comune nei tornei, ma anche per le immagini mostrate nella serie Break Point di Netflix, dove Ajla è comparsa in diversi episodi, quasi sempre accanto al tennista romano, in una narrazione che ha mischiato sport e sentimenti.
La fine della loro storia, mai realmente commentata dai due protagonisti, ha segnato un momento di passaggio nella carriera di Tomljanovic. Da quel punto in poi, complici anche i problemi fisici, il suo nome è tornato a circolare più per motivi mediatici che sportivi. Eppure, chi l’ha sempre seguita nel tour sa bene che Ajla non ha mai voluto fare della sua vita privata un elemento centrale della propria identità pubblica. Discreta, riservata, mai sopra le righe, ha continuato a lavorare nel silenzio.
Il lungo stop e la difficile risalita
A inizio 2023, l’ennesima doccia fredda: un problema al ginocchio la costringe a fermarsi. Operazione, riabilitazione, mesi di stop. Per una giocatrice che ha già superato i trent’anni, ogni stop può essere l’ultimo. Il ranking, inevitabilmente, precipita. Quando rientra in campo, a fine 2023, è costretta a partire dai tornei minori, a cercare ritmo, punti, fiducia. Le prime partite sono difficili, il corpo non risponde come dovrebbe, e anche mentalmente non è semplice ritrovare quella condizione che permette di competere ai massimi livelli.
Il 2024 inizia senza squilli: qualche vittoria qua e là, ma nulla che lasci intendere una vera inversione di tendenza. Fino all’estate, quando a Birmingham si cominciano a vedere sprazzi della vecchia Ajla: perde in finale da Yulia Putintseva, ma gioca una settimana quasi perfetta, per intenderci una di quelle che – pur senza l’acuto finale – ti lascia la voglia e la speranza per ricomincioare, dopo il buio. A Parigi, arriva da outsider, con pochi punti da difendere ma anche poche aspettative. E proprio lì, forse, trova la libertà giusta per esprimersi senza pressioni.
Il primo turno e la sfida che arriva
Con Maya Joint, Tomljanović gioca una partita impeccabile. La giovane australiana, al primo Slam in carriera, prova a metterla sul ritmo, ma Ajla è più lucida, più sicura, più esperta. Lavora ai fianchi, attacca nei momenti giusti, serve bene. Non concede palle break, chiude in poco più di un’ora. Una prestazione che non fa rumore ma che dice molto: non solo è tornata, ma ha anche voglia di restare.
Al secondo turno trova Jasmine Paolini. Il confronto tra le due non è inedito (si sono affrontate solo una volta, nel 2021, con vittoria di Tomljanovic in tre set), ma oggi i rapporti di forza sono diversi. Jasmine arriva da una stagione in crescendo difendendo la finale dello scorso anno, ma Ajla ha l’aria di chi non ha più molto da dimostrare, se non a se stessa. E se riesce a mantenere la qualità del primo turno, può mettere in difficoltà anche l’azzurra.
Il valore dell’esperienza
Ajla Tomljanovic oggi non gioca più per diventare top 10. Non è lì per scalare il ranking o per stupire i fan. Il suo tennis è diventato quasi esistenziale: un modo per restare connessa a qualcosa che ha sempre fatto parte della sua vita. L’amore per il gioco, il lavoro quotidiano, la voglia di rimettersi in discussione ogni giorno. In un’epoca in cui tutto è filtrato da social, numeri e visibilità, lei resta una figura sobria, quasi d’altri tempi.
Difficile dire quanto durerà ancora la carriera di Tomljanović. Il fisico resta una variabile incerta, e ogni stagione in più nel circuito comporta sacrifici sempre maggiori, ma se è tornata, è perché sente di avere ancora qualcosa da dire. Magari non sarà un titolo, magari non sarà una semifinale Slam, ma anche solo una bella vittoria, un giorno in cui tutto funziona, un palcoscenico su cui sentire ancora l’adrenalina della competizione. A volte basta quello per giustificare anni di fatica.
Il match contro Paolini sarà un banco di prova importante. Non solo per misurare la sua attuale tenuta fisica, ma anche per capire se questa nuova versione di Ajla – più matura, più libera, forse più serena – può ancora incidere in un tabellone importante. Di certo, Jasmine parte favorita: ha più ritmo, più classifica, più ambizione: l’australiana ha il vantaggio di chi ha già visto tutto, ha già perso tanto, e non teme più nulla. E quando una giocatrice scende in campo senza paura, tutto può succedere.
