Non sarà la Davis di un tempo, con le partite interminabili al meglio dei 5 set in palazzetti addobbati a festa. Non avrà lo stesso valore, sia mediatico che emotivo, per chi la segue. Ma il weekend finale di Coppa Davis, che ha definito le sette Nazioni che insieme all’Italia giocheranno la Final Eight di Bologna dal 18 al 23 novembre, ha regalato storie non banali. Di quelle che hanno reso mitica questa competizione. Sorprese, match point annullati, clamorose rimonte, con tre storie al centro.
Rune insufficiente, la Spagna senza Alcaraz ringrazia
La Spagna dopo il primo giorno di gare sembrava ormai destinata a salutare, sotto 2-0 e priva sia di Alcaraz che di Davidovich Fokina, i due migliori giocatori. E dall’altra parte la Danimarca schierava Holger Rune che è stato l’unico capace di battere l’attuale n.1 al mondo sulla terra nel 2025. E ha addirittura avuto un match point, nel singolare contro Pedro Martinez, per mandare a casa la Spagna e regalare alla Danimarca il biglietto per Bologna. Come troppo spesso gli capita, però, ha smarrito il meglio del suo gioco e sé stesso proprio sul momento decisivo.
E così, dopo che la Spagna aveva vinto il doppio, Martinez ha impattato il tie sul 2-2 concedendo a Carreno Busta l’onore e l’onere di chiudere la pratica contro Moeller. Quindi Alcaraz, dovesse decidere di giocare, sarà a Torino. Ciò vuol dire che potrebbe rinnovare anche in Coppa Davis la rivalità con Jannik Sinner. “Grazie” a Rune.
Il miracolo di Sydney
Non è un’esagerazione, ma quasi nessuno avrebbe scommesso sulla vittoria del Belgio in Australia. Eppure i ragazzi di Steve Darcis, lui per primo eroe Davis (in campo in due delle tre finali giocate dalla sua Nazione, 2015 e 2017), hanno fatto spallucce e messo a segno un colpaccio. Guidati non tanto da Bergs, che ha comunque fatto il suo dovere battendo Thompson, quanto da Raphael Collignon. Il giovane gigante che addirittura è stato più forte dei crampi nella clamorosa vittoria sul n.8 al mondo Alex de Minaur. Che ha di fatto dato il via all’epica.
Perché il Belgio, avanti 2-0, si è fatto rimontare fino al 2-2. E addirittura Vukic aveva vinto il primo set del suo singolare decisivo contro Collignon. Sembrava tutto compromesso. Appunto, perché in Davis la speranza muore sempre per ultima insieme ai sogni, sembrava. Il gigante belga ha rimontato l’australiano, di cuore e voglia, riportando il Belgio vicino alla Davis come non gli accadeva dalla finale del 2017.
I ragazzi terribili e il saluto americano
Jiri Lehecka, ma soprattutto Jakub Mensik. I terribili cechi che hanno mandato a casa nientemeno che gli Stati Uniti, privi di Shelton ma comunque con Fritz e Tiafoe. Rivelatosi il vero anello debole della contesa, con due match su due persi. Il capolavoro lo ha fatto Lehecka, rimontando Fritz e quasi assumendo lui l’aura da top 10 rispetto a un top 5. La Repubblica Ceca, con un Mensik solido come visto a Delray Beach, un Lehecka sano e Machac pronto a subentrare, non solo in doppio, potrebbe essere la mina vagante della Final Eight di Bologna.